NO AL CARBONE
Incontro del coordinamento no al carbone con il Ministro Orlando
Il
primo intervento di adattamento ai cambiamenti climatici non può che
essere quello di revisione delle politiche energetiche, dei trasporti,
della gestione dei rifiuti, urbanistiche e della gestione del
territorio. Senza timidezze.
Questo ci
sentiamo di affermare come Coordinamento Nazionale No al Carbone a
margine del convegno organizzato dal Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare per presentare il lavoro di ricerca
SNAC – Elementi per l’elaborazione della Strategia Nazionale di
Adattamento ai Cambiamenti Climatici affidato al Centro
Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici.
Uno
studio sicuramente importante e complesso che, probabilmente, non è
neppure semplice riassumere in qualche ora di relazione, ma che, a
nostro avviso, oltre ad essere incoerente rispetto i vari aspetti
affrontati (alcuni approfonditi con grande professionalità ed altri
affrontati con superficialità disarmante) manca di coraggio: si trattano
gli effetti ma si glissa sia sulle cause che sui possibili e
concretamente efficaci provvedimenti tampone.
Una
sorta di compendio della rassegnazione (adattamento) in cui vengono
individuati provvedimenti palliativi ben attenti a non disturbare i
manovratori, soprattutto quando questi siano individuabili in coloro che
sono parte preponderante nelle cause di origine dei cambiamenti
climatici stessi, ovvero quanti agiscono nel comparto
industriale/energetico.
Se il secchio è bucato portare acqua sarà
inevitabilmente velleitario.
Per questo anche
noi del Coordinamento Nazionale No al Carbone (composto dai comitati
anticarbone di Brindisi, Civitavecchia/Tarquinia, La Spezia, Rossano
Calabro, Saline Ioniche, Porto Tolle e Savona/Vado Ligure), unitamente
ai rappresentanti del Forum Ambientalista, in continuità con quanto
avvenuto alla conferenza del clima di Varsavia nel novembre u.s.,
abbiamo voluto sottolineare tale mancanza di coraggio, abbandonando la
sede del Convegno
Ciononostante valutiamo
positivamente che dopo anni di "eccezionalismo" nella valutazione dei
fenomeni climatici si sia almeno preso atto che sono ormai violentemente
consueti.
L’urgenza della situazione, testimoniata da sempre più gravi catastrofi, non può tollerare tentennamenti e mezze misure, e ci auguriamo, quindi, di essere presto smentiti con un diverso approccio che affronti il problema nella sua interezza, avendo la consapevolezza che non si sta solo ottemperando a delle risoluzioni europee, ma si stanno assumendo decisioni da cui dipende il destino di intere popolazioni.
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