Tratto da Qualenergia
La Danimarca sta pensando di chiudere con il carbone entro il 2025
.........La Danimarca sta pensando di chiudere con il carbone entro il 2025. Il paese scandinavo conta oggi sul carbone per circa il 20% della sua domanda di energia primaria e per il 35% del suo fabbisogno elettrico. Anche il governo tedesco, che rischia di sforare l'obiettivo 2020 sulle emissioni di gas serra per il recente aumento dell’import di questo combustibile fossile, vorrebbe spegnere centrali a carbone per 10 GW di potenza.
In questi giorni invece il presidente di Assocarboni, Andrea Clavarino, si lamentava che l’Italia stia diminuendo la produzione elettrica da carbone, oggi al 13% e che le importazioni di carbone da vapore siano scese dell’11% rispetto al 2013, attestandosi a 16 milioni di tonnellate.
Clavarino ritiene che la minaccia per il carbone sia dovuta a “una politica industriale ed energetica fortemente sbilanciata sul gas" e si appella affinché il governo “consideri prioritario il riequilibrio del mix energetico nazionale, portandolo a livelli più europei, dove il carbone ha un peso di circa il 30%, e valuti oggettivamente la convenienza di questa fonte”. Questo quanto ha affermato il presidente dell’associazione italiana degli operatori del carbone nel corso del Convegno ''Sistema elettrico nazionale: strategie per la competitività e lo sviluppo sostenibile'' del 27 marzo scorso.
Inoltre, per il nostro paese Assocarboni suggerisce di "optare per meno gas, costoso e con significative implicazioni in termini di sicurezza degli approvvigionamenti, e più rinnovabili insieme al carbone anche sulla base dell’esperienza di altri Paesi, come Regno Unito, Germania, Spagna, Giappone e Turchia, che negli ultimi anni hanno tutti aumentato la quota di questa fonte nel loro mix energetico".
Nella battaglia per “un posto al sole” nel mix energetico, farsi troppi nemici non sembrava la tattica migliore, quindi perché non metterci dentro “l’alleato fonti rinnovabili”? D’altra parte una spruzzatina di ecologismo può anche dare una maggiore credibilità sul fronte della battaglia per il “benessere generale”.
Secondo noi, al contrario, è proprio la crescita dell’uso mondiale del carbone per la produzione elettrica, che secondo Assocarboni è pari al 42% del totale, che andrebbe drasticamente tagliata per motivi climatici, viste le emissione di CO2 che genera, e anche per motivi locali a causa dell’elevato inquinamento da particolato, ossido di azoto e di zolfo.
Il carbone emette, “a bocca di centrale”, circa 850 grammi di CO2 per kWh generato contro, ad esempio, i 370 del gas naturale (dati Ispra). La combustione rilascia inoltre un insieme di sostanze dannose, come arsenico, cromo, cadmio, mercurio, su un’area molto ampia intorno alle centrali. I danni economici su agricoltura e salute dei cittadini possono essere molto ingenti, ma questi ‘costi esterni’ non vengono mai contabilizzati.
In Europa sono più di 22.000 le morti premature all’anno, due ogni ora. Oltre 5 milioni di giornate lavorative perse per condizioni di malattia e disabilità indotte dall’inquinamento. Sono alcune delle cifre dell’impatto sanitario delle 300 centrali elettriche a carbone attive in Europa secondo il rapporto di Greenpeace “Silent Killers” realizzato dall’Università di Stoccarda a partire dai dati relativi alle emissioni del 2010.
Questa è la realtà e la decarbonizzazione dell’economia (lo dice la parola stessa) inizia e passa soprattutto da qui. Un piccolo segnale positivo viene dalla Cina, il maggior importatore di carbone: nel 2014, per la prima volta dal 2009, le sue importazioni del prodotto fossile sono calate dell’11% rispetto al 2013.
Quindi noi, nel nostro piccolo proponiamo l’obiettivo di arrivare in tempi rapidi allo 0% di energia da carbone in Italia, con buona pace di Assocarboni.
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