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19 giugno 2015

Da "Il Secolo XIX " :Tirreno Power, sotto accusa cinque sindaci di Vado e Quiliano

Tirreno Power, sotto accusa

cinque sindaci di Vado e Quiliano

 Tratto da Il Secolo XIX
Savona - Erano a conoscenza delle conseguenze sanitarie provocate dall’uso del carbone e nonostante «disponessero di studi sanitari focalizzati sulla situazione locale» avrebbero chiuso gli occhi sull’attività di Tirreno Power ed omesso di disporre controlli specifici dal Duemila fino al 2014 che avrebbero potuto evitare ulteriori danni alla salute pubblica.
Per la procura, i sindaci di Quiliano (Nicola Isetta ed Alberto Ferrando) e Vado (Carlo Giacobbe ed Attilio Caviglia), oltre al funzionario della Provincia Vincenzo Gareri, devono rispondere di disastro colposo. 
Ma se al dirigente di palazzo Nervi viene contestate di non aver effettuato controlli sulle emissioni inquinanti in atmosfera, sugli scarichi delle acque reflue (in particolare selenio e boro) e di un monitoraggio della qualità dell’aria correlata specificamente alla centrale, la “politica” delle due cittadine non avrebbe tenuto conto delle decine di relazioni e consulenze e delle norme che impongono «la prioritaria considerazione dalla tutela dell’ambiente rispetto agli interessi privati».
Nello specifico i sindaci - nella loro veste di autorità sanitaria - avrebbero omesso di ordinare un’idonea rete di monitoraggio della qualità dell’aria correlata a Tirreno Power e da gestirsi a cura dell’autorità pubblica, mentre è stata l’azienda quasi sempre a fornire i dati di inquinamento. L’altro tema di discussione, che ha interessato anche le fasi successive del fascicolo, ha riguardato la copertura del carbonile. Per la procura avrebbero dovuto imporre l’intervento con ordinanza, al pari di imporre, quale prescrizione, il rispetto dei limiti minimi nelle emissioni previsti dalle migliori tecniche disponibili ed indicati dalle norme europee e nei pareri medici ai quali loro stessi avevano fatto riferimento per sottolineare «le serie preoccupazioni dal punto di vista sanitario per la popolazione che vive, lavora e soggiorna nel comprensorio savonese».
Per il procuratore Granero e il vice Paolucci i cinque indagati si sarebbero solo limitati a formulare richieste e rilievi senza però mai mettere in atto i loro poteri concreti. Come era accaduto in fase di commissione Ippc quando diedero mandato di esprimere «riserve e dissensi», ma senza imporre il voto contrario per arrivare alla conferenza dei servizi del 2012 quando per la procura si spogliarono delle loro vesti di autorità sanitaria locale e non si imposero per chiudere i due gruppi a carbone.
Anzi, secondo l’accusa, cooperavano per legittimare «il mantenimento in funzione dei due gruppi economicamente profittevoli ed il cui esercizio era autorizzato solo in virtù della prospettazione della costruzione del nuovo gruppo a metano».
E proprio l’ipotesi della realizzazione del nuovo gruppo a metano è diventato un aspetto attorno al quale la procura si è concentrata per contestare l’abuso d’ufficio alla giunta regionale guidata da Claudio Burlando e in carica prima del sequestro dei due gruppi a carbone. Insomma l’inchiesta arrivata al primo bivio importante ha registrato alcune sorprese, oltre alla lievitazione del numero degli indagati.
Dopo la prima tornata di iscrizioni nel registro degli indagati la procura aveva infatti deciso di passare agli interrogatori dei 46 personaggi (tra cui il governatore Burlando), ma all’improvviso la strategia è cambiata e il procuratore Granero ha deciso di andare alla chiusura del lavoro per poi dedicarsi agli interrogatori di chi vorrà discolparsi all’indomani della notifica dell’avviso. Ma da ieri, a fianco di Granero e Paolucci, lavoreranno i colleghi Pischetola e Carusi che hanno preso il testimone dai due colleghi pronti a lasciare Savona.
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