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16 giugno 2015

LA STAMPA:È on-line l’Atlante italiano dei conflitti ambientali, la “mappapartecipata” del nostro territorio

Tratto  da La Stampa

È on-line l’Atlante italiano dei 
conflitti ambientali, la “mappa 
partecipata” del nostro territorio.
Oltre cento le schede, a cura del Centro 
Documentazione Conflitti Ambientali. 
Un lavoro di indagine e informazione con il 
contributo prezioso di cittadini e comitati di 
territorio


17/06/2015 VALENTINA GENTILE

Puntini colorati sparsi per lo Stivale. C’è l’Ilva di Taranto, la 
centrale di Montalto di Castro, il disastro del Vajont, la centrale 
elettrica Enel a carbone di La Spezia. Puntini per ognuno degli 
scellerati progetti degli ultimi anni: dal ponte sullo Stretto di 
Messina all’inutile autostrada Orte-Mestre,passando per l ’Alta 
Velocità in Val di Susa.
È l’Atlante italiano dei conflitti ambientali,
Documentazione Conflitti Ambientali. Frutto di cinque anni 
di lavoro, l’Atlante fa parte del progetto di ricerca Ejolt, 
Environmental Justice Organisations,Liabilities and Trade, 
finanziato dalla Commissione Europea. 
Ed è una piattaforma web georeferenziata, la 
prima in Italia, che localizza e illustra tutti i 
conflitti ambientali. 
La mappa è stata costruita da ricercatori, dipartimenti universitari, 
attivisti, giornalisti e comitati, ma il lavoro è e resterà in itinere;
 una piattaforma interattiva, aperta alle collaborazioni esterne. 
Le segnalazioni degli utenti verranno analizzate e verificate dagli 
esperti del CDCA prima di essere inserite on line. 

La partecipazione collettiva è fondamentale per il progetto. Oltre 
all’aspetto divulgativo, la mappatura partecipata è un segnale
 importante di consapevolezza. Secondo Marica Di Pierri, 
Presidente del CDCA, «i conflitti ambientali sono la 
prova dell’insostenibilità di questo sistema 
economico,ma con l’Atlante diventano anche un
 patrimonio straordinario di conoscenza e 
cittadinanza attiva». 
L’archivio, che al momento ha oltre cento schede di conflitti, 
si consulta facilmente grazie ad un sistema di filtri che facilitano
 ricerca e comprensione. 
È possibile cercare per regione, categoria, impresa, materia prima, 
ma anche per impatti ed effetti.

Uno strumento per permettere ai vari comitati di difesa del 
territorio di fare rete, di non sentirsi soli nella lotta. Perché, 
come sostiene il Professor Joan Martinez Alier, Economista
 dell’Università Autonoma di Barcellona: «È tempo che la giustizia
 ambientale venga presa in considerazione, così come le battaglie 
di questi movimenti, troppo spesso erroneamente catalogati come
 gruppi di retrogradi che oppongono resistenza a prescindere». 
«Senza i comitati non sarebbe stato possibile costruire l’Atlante – 
aggiunge Marianna Stori, ricercatrice del CDCA – Bisogna dare
 voce a queste mobilitazioni, informare su questioni e vertenze 
non conosciute. Ce ne sono tantissime e noi le abbiamo mappate». 

Già; di casi che meriterebbero molta più attenzione ce ne sono tanti.
 Come quello della centrale Tirreno Power Spa di Vado Ligure. 
«Del carbone in Italia si parla troppo poco – lamenta Daniela 
Patrucco, del Comitato SpeziaViaDalCarbone – Eppure sono ben
 tredici le centrali che lo usano. Oltre al caso di Vado Ligure, ad
 esempio, c’è quello della Enel a Porto Tolle. Si è parlato poco del
 deserto lichenico conseguenza delle emissioni e dei danni sulla 
popolazione». 

Se è vero che la giustizia ambientale nel nostro Paese è ancora
 alle prime armi e il recente ddl 1345 sui reati ambientali da molti 
è ritenuto troppo ambiguo, sono movimenti e comitati che oggi 
sorvegliano e proteggono il territorio. 
E l’Atlante dei conflitti è uno strumento di conoscenza attiva. 
«I politici ci dicono che le risorse rinnovabili non sono sufficienti, 
ma non è vero – sottolinea Mario Cervino, del CNR – Sono 
meccanismi non scientifici che influenzano le nostre strutture, 
comprese quelle accademiche e  scientifiche».

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