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04 settembre 2015

Energia. Un Gruppo di Scienziati lanciano un appello contro lo Sblocca Italia: "Il futuro è nelle rinnovabili".

Riportiamo un articolo del 21 ottobre 2014

Tratto da Sapere scienza.it

Energia. Scienziati lanciano un appello contro lo Sblocca Italia: "Il futuro è nelle rinnovabili"


Il decreto "Sblocca Italia" del Governo Renzi rischia di diventare più famoso come "Affossa Italia", almeno dal punto di vista energetico.
E' questa la sensazione che emerge leggendo la lettera aperta indirizzata al Governo da un gruppo di scienziati di vari centri di ricerca e università che hanno deciso di vagliare attentamente la strategia energetica proposta per il rilancio produttivo del nostro Paese. E quello che hanno scoperto è che questa strategia lascia molto a desiderare, puntando troppo su petrolio e gas e troppo poco su fonti rinnovabili. Il gruppo di ricercatori include scienziati come Vincenzo Balzani, accademico dei Lincei specializzato nello studio della fotosintesi artificiale, Nicola Armaroli, chimico e dirigente di ricerca del Cnr, studioso della conversione dell'energia solare, Alberto Bellini, ingegnere elettromeccanico dell'Università di Bologna e Enrico Bonatti, "senior scientist" della Columbia University, esperto di geologia degli oceani. Scienziati di altissimo livello che hanno lanciato un appello che può essere sottoscritto da tutti quelli che hanno a cuore il futuro energetico italiano e che riconoscono la necessità di affrontare la crisi energetica attuale affidandosi soprattutto alle energie rinnovabili.

"La fine dell’era dei combustibili fossili è inevitabile e ridurne l’uso è urgente per limitare l’inquinamento dell’ambiente e per contenere gli impatti dei cambiamenti climatici che potrebbero avere, in alcuni casi, conseguenze catastrofiche. 
Ridurre il consumo dei combustibili fossili, che importiamo per il 90 per cento, significa anche ridurre la dipendenza energetica del nostro paese da altre nazioni e migliorare la bilancia dei pagamenti" si legge nell'appello. Che continua "E' necessario promuovere, mediante scelte politiche appropriate, l’uso di fonti energetiche alternative che siano, per quanto possibile, abbondanti, inesauribili, distribuite su tutto il pianeta, non pericolose per l’uomo e per l’ambiente, capaci di sostenere il benessere economico, di colmare le disuguaglianze e di favorire la pace". E queste fonti energetiche alternative sono individuate nel punto successivo nell'energia nucleare e in quelle rinnovabili. L'energia nucleare, però, è in declino, per una serie di difficoltà di ordine economico, tecnico, sociale, sanitario e politico (il suo consumo su scala globale è in discesa, da 635 Mtep nel 2006 a 563 Mtep nel 2013 e il trend è in calo).
 "Le energie rinnovabili non sono più una fonte marginale di energia, come molti vorrebbero far credere: oggi producono il 22 per cento dell’energia elettrica su scala mondiale, il 40 per cento in Italia. Per ottenere il restante 60 per cento dell’energia elettrica che serve in Italia, basterebbe coprire con pannelli fotovoltaici lo 0.5 per cento del territorio, molto meno dei 2000 kmq occupati dai tetti dei 700.000 capannoni industriali e dalle loro pertinenze. Su scala mondiale, il fotovoltaico fornisce energia pari a quella prodotta da 23 centrali, nucleari o a carbone, da 1000 MW e l’eolico pari a quella di 85 centrali; in Italia, l’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico è pari a quella prodotta da due centrali da 1000 MW" continua il documento che compare sul sito "Energia per l'Italia".

Mentre la transizione dai combustibili fossili e dal nucleare alle energie rinnovabili sta già avvenendo, sia pure con tempi diversi, in tutti i paesi del mondo, il decreto Sblocca Italia, come recitano gli articoli 36-38, "oltre a promuovere la creazione di grandi infrastrutture per permettere il transito e l’accumulo di gas proveniente dall’estero, facilita e addirittura incoraggia le attività di estrazione di petrolio e gas in tutto il territorio nazionale", in zone culturalmente di inestimabile valore e fragili e preziose come "la laguna veneta e il delta del Po e lungo tutta la costa del mare Adriatico dal Veneto al Gargano, le regioni del centro-sud e gran parte della Sicilia". Contrariamente a quanto sostengono le fonti governative, l'Italia non galleggerebbe su un "mare di petrolio. Dati della BP Statistical Review del giugno 2014 dicono che "le riserve di combustibili fossili sfruttabili nel nostro paese ammontano a 290 Mtep. Poiché il consumo di energia primaria annuale è di 159 Mtep, queste ipotetiche riserve corrispondono al consumo di meno di due anni. Spalmate su un periodo di 20 anni, ammontano a circa il 9% del consumo annuale di energia primaria. Si tratta quindi di una risorsa molto limitata" si legge ancora nel documento.

Allora dunque, in conclusione, "L’unica via percorribile per stimolare una reale innovazione nelle aziende, sostenere l’economia e l’occupazione, diminuire l’inquinamento, evitare futuri aumenti del costo dell’energia, ridurre la dipendenza energetica dell’Italia da altri paesi, ottemperare alle direttive europee concernenti la produzione di gas serra e custodire l’incalcolabile valore paesaggistico delle nostre terre e dei nostri mari consiste nella rinuncia definitiva ad estrarre le nostre esigue riserve di combustibili fossili e in un intenso impegno verso efficienza, risparmio energetico, sviluppo delle energie rinnovabili e della green economy".

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