Tratto da Qualenergia
Fossili e povertà energetica primi responsabili per le morti premature da inquinamento

- Il rapporto della IEA: “Energy and Air Pollution” (pdf)
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[27 giugno 2016]
I contraccolpi politici della Brexit cominciano a farsi sentire, anche per la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), della quale il governo conservatore britannico di David Cameron era uno sfegatato sostenitore. Intervenendo ieri ad una manifestazione del Parti Socialista a Belleville-sur-Mer (Seine-Maritime), il primo ministro francese Manuel Valls ha confermato che «Non ci può essere l’accordo del trattato transatlantico» di libero scambio tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, il TTIP che i francesi chiamano Tafta, che secondo Valls «Non va nel senso giusto». Il premier francese ha detto ai militanti socialisti che «D’ora in avanti, non deve essere concluso nessun accordo di libero scambio se non rispettagli interessi dell’Unione. L’Europa deve essere ferma. La Francia vigilerà».
Almeno in questo campo la lezione del referendum britannico sembra essere stata compresa: Valls è convinto che il TTIP/Tafta «Imporrebbe (…) una visione che farebbe spazio non solo ai populismi, ma semplicemente ad una visione che sarebbe cattiva per la nostra economia». Poi, di passaggio, il premier liberista-socialista francese ha denunciato la «Scelta drammatica» della soppressione delle quote latte, addebitandola all’ex ministro dell’agricoltura Bruno Le Maire, candidato alle primarie della destra per le elezioni presidenziali del 2017.
«Questo progetto liberista è uno spauracchio per gli euroscettici e non solo», commenta Le Monde e la Francia, consapevole di questo aveva già alzato i toni contro il TTIP, negoziato in gran segreto dal 2013 e che punta a sopprimere quelle barriere commerciali tra Usa ed Ue, le stesse barriere commerciali che i conservatori inglesi, entusiasti sostenitori del TTIP, hanno voluto ri-innalzare contro l’Unione europea.
Va dato atto alla Francia di aver denunciato in tempi non sospetti che il TTIP/Nafta avrebbe dopato più l’economia statunitense che quella europea e la mancanza di trasparenza, rendendo note tutte le preoccupazioni per l’impatto che il Trattato potrebbe avere sull’agricoltura e l’ambiente. Già ad aprile Valls aveva detto: «Voglio essere molto chiaro: non potrà avere successo se non fornisce garanzie che il livello di esigenza che abbiamo in Francia per la salute e l’ambiente dei nostri concittadini sarà mantenuto».
E’ evidente che Valls e François Hollande cercano di rispondere anche ad una crescente protesta contro il TTIP/Nafta guidata da movimenti, associazioni di categoria, sindacati e partiti di sinistra che corrisponde in gran parte al grande movimento contro la loro Loi Travail: il 22 giugno è partita una petizione online indirizzata a Hollande che chiede che «La Francia si ritiri dai negoziati sul Tafta e che rifiuti di adottare l’accordo con il Canada (CETA)». Il CETA, che è stato già approvato, dovrà essere sottoposto al voto dei governi dei Paesi membri dell’Ue e ad un Consiglio europeo previsto in autunno, gli anti-TTIP sono convinti che creerebbe un precedente per altri trattati di libero scambio “di nuova generazione.
Nella petizione a Hollade si legge: «L’instaurazione di diritti eccezionali a beneficio delle imprese stranier, o l’intrusione di lobbies industriali nella preparazione delle leggi, minacciano la capacità dei poteri pubblici di decidere sulle politiche al servizio dell’interesse generale. I danni alle normative sociali, ambientali e climatiche, I diritti dei lavoratori e dei consumatori, la salute e I servizi pubblici, la diversità culturale o ancora sulle filiere agricole saranno irreversibili. Milioni di cittadini/e e centinaia di collettività territoriali in tutta Europa li rifiutano. Signor Presidente, le chiediamo di agire, mettendo fine ai negoziati Tafta e rifiutando di approvare il CETA».
Hollande e Valls hanno risposto positivamente, ma probabilmente anche gli altri componenti del triumvirato che si è auto-incaricato di rianimare l’Unione europea dopo il KO della Brexit, Angela Merkel e Matteo Renzi, di fronte all’abbandono francese e al crollo del governo conservatore britannico, vero pilastro transatlantico per l’accordo con le sue ex colonie degli Usa e del Canada, dovranno fare marcia indietro sul TTIP.
Di fronte alla terrificante sberla britannica, Renzi e la Merkel non possono porgere l’altra guancia e, di fronte alla protesta montante in Germania, in Italia e in molti Paesi dell’Ue, con il NON francese, non possono continuare come niente fosse sulla strada del TTIP e della CETA, che li porterebbe verso un altro precipizio certo. E questo ormai solo per andare incontro alle decisioni politiche – rivelatesi disastrose – di un premier che non c’è più, David Cameron, e di un Presidente che ha già le valige in mano, Barack Obama.
IEA: "Senza un cambiamento delle politiche energetiche l'inquinamento dell'aria ucciderà sempre più persone"
È la prima volta che l’Agenzia Internazionale per l'Energia, che normalmente si limita a statistiche sui consumi energetici ed emissioni di gas serra, si rivolge in maniera così esplicita alla politica, ma l'inquinamento atmosferico è ormai crisi globale
"L’inquinamento atmosferico uccide più di sei milioni di persone nel mondo ogni anno, ma i governi finora sono stati troppo lenti nel dare risposte adeguate. Bisogna che affrontino urgentemente la questione senza lasciarla al solo settore privato".
La richiesta arriva da un rapporto speciale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. È la prima volta che l’IEA, che normalmente si limita a statistiche sui consumi energetici e le emissioni di gas serra da essi derivanti, si rivolge in maniera così esplicita alla politica, ma secondo i suoi esponenti l’inquinamento dell’aria non ha ancora ricevuto l’attenzione che merita. A livello sanitario è la quarta più grande minaccia mondiale, dopo l'ipertensione arteriosa, la cattiva alimentazione e il fumo. E l’industria energetica ne è una delle cause principali.
Il rilascio in atmosfera di sostanze nocive come il particolato, gli ossidi di zolfo e gli ossidi di azoto, che causano gravi difficoltà respiratorie, malattie cardiovascolari, ictus e morti premature, è dovuto principalmente alla produzione e all'uso di energia non regolamentata o inefficiente.
Senza risposte adeguate queste cifre sono destinate a salire, dice il rapporto: si stima ed esempio che le morti premature annuali attribuibili all'inquinamento dell'aria arriveranno a 4,5 milioni nel 2040 dai circa 3 milioni attuali. Nonostante il calo delle emissioni globali previsto nei prossimi 24 anni, infatti, l’IEA sostiene che le politiche energetiche esistenti e quelle in programma non riusciranno a migliorare la qualità dell’aria.
Eppure secondo l’agenzia basterebbe uno sforzo tutto sommato contenuto: con un aumento di appena il 7% degli investimenti totali in energia, corrispondente a circa 4,7 miliardi di dollari, entro il 2040 si riuscirebbero a contenere le morti premature dovute all’inquinamento atmosferico entro i 2,8 milioni.
Per usare al meglio queste risorse ogni paese dovrebbe darsi un obiettivo a lungo termine basato sull’uso di energie rinnovabili, sul miglioramento dell’efficienza energetica e sul controllo delle emissioni, come ad esempio nel settore agricolo, dove gli ossidi di azoto e l’ammoniaca, derivanti dai fertilizzanti, sono più potenti della co2 in termini di intrappolare calore nell'atmosfera, e possono combinarsi con altre emissioni per formare gas più nocivi.
"I dati dell’IEA parlano chiaro. I veri imputati sono carbone e petrolio e causano milioni di morti premature ogni anno - ha scritto il Wwf in una nota - Se da un lato la responsabilità del settore dell’energia sulla salute globale è enorme, dall’altro l’Agenzia segnala come il comparto potrebbe ridurre significativamente l’inquinamento applicando le politiche di riduzione delle emissioni, ponendosi degli obiettivi e monitorandone i risultati. A questo il Wwf aggiunge che il segnale più importante emerso dal rapporto è l’assoluta necessità di uscire dall’era fossile al più presto, entro i prossimi 20 anni, per transitare verso un sistema globale di produzione di energia basato sulle rinnovabili. Questo risponderebbe a quanto previsto dall’Accordo di Parigi sul Clima che punta a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi C.
Il carbone e il petrolio non saranno mai puliti. Anche se gli altri inquinanti “mortali” dovessero venir ridotti in modo significativo –e non siamo a questo punto, comunque- i combustibili fossili continuerebbero ad emettere CO2, il gas serra più pericoloso per il clima, quindi per la salute del Pianeta che ci ospita, per la nostra Casa Comune.