Tratto da Informazione indipendente.com
Vincere contro le multinazionali si può. Ci vogliono pazienza, intelligenza e amore dentro
La multinazionale voleva imbottigliare e commercializzare l’acqua di un fiume di Cascade Locks, nell’Oregon. Non aveva fatto i conti con un gruppo di donne, in grado di promuovere una campagna monumentale. E di vincere.
Sono sempre belle le storie di comunità che si organizzano e che combattono battaglie più grandi di loro e della speranza di vincerle. Ed è ancora più bello che qualche volta ci riescano. Questa storia si svolge in Oregon. In una piccola città di mille anime che si chiama Cascade Locks. Un posto tranquillo, un piccolo paradiso terrestre a sessanta chilometri da Portland, la capitale dell’Oregon e convisuali mozzafiato su monti e fiumi. E che fiumi. Non per niente si chiama Cascade Locks. Cascade sta per cascata e Locks sta a indicare una serie di barriere costruite sui fiumi tanti anni fa per migliorarne la navigazione. Il fiume principale si chiama Columbia River, è lungo quasi duemila chilometri e spinge circa sette milioni di litri d’acqua al secondo, dalle Rocky Mountains fino al Pacifico. Il fiume e i suoi tributari sono alimentati dalle nevi sul Mount Hood e dalle abbondanti pioggie della zona.

Cosa poteva dire la Nestlé? Un po’ come i petrolieri: che avrebbero portato lavoro e soldi, che non sarebbe cambiato niente, che avrebbero costruito un impianto da cinquanta milioni di dollari per imbottigliare l’acqua, portando lavoro a cinquanta persone. Avevano anche il sindaco dalla loro parte e tutto il consiglio cittadino, ammaliati dalle promesse acquatiche della Nestlé, e dal fatto che la città non era proprio ricca e che nuovi di posti di lavoro sarebbero stati utili.
Ma né la Nestlé né i politici avevano fatto i conti con i residenti o con gli ambientalisti che in questo caso sono la stessa cosa. La gente, a Cascade Locks, si è arrabbiata e ha agito in modo costruttivo. Un gruppo iniziale di donne (sempre le donne!) ha dato l’allarme, ha studiato i progetti, e ha poi spiegato a tutti quello che sarebbe successo. E cioè che sarebbe aumentata la mole di plastica prodotta, che in città sarebbero passati duecento camion al giorno. Che l’acqua è di tutti e non della Nestlé, e, in questi tempi di cambiamenti climatici, chi può dire se e quando verrà la siccità? Se e quando l’acqua diventerà cosi preziosa che sembrerà un delitto cederla alla Nestlé per profitto? E infatti, nonostante tutta quest’acqua, nel 2015 venne dichiarata una emergenza siccità proprio a Cascade Locks.


La Nestlé ha goffamente cercato di rispondere con i suoi contro-video e la sua contro-propaganda, ma, come per il petrolio in Italia, nessuno gli ha creduto. Gli attivisti hanno promosso ed organizzato un referendum in tutta la contea di Cascade Locks, che si chiama Hood River County. E il giorno 17 maggio 2016 si è votato. Quella che sembrava una battaglia impossibile di questo paesello di mille persone si è trasformata in una enorme vittoria: la Nestlé è stata bocciata con il 69 per cento dei voti. Negli Usa non esiste il quorum, ma qui ha votato il 68 per cento degli aventi diritto. È considerata una vittoria monumentale: numeri così alti raramente si vedono negli Usa, e sopratutto è un messaggio chiaro e forte: l’acqua è della gente e non della Nestlé. Cascade Locks è la prima cittadina, e Hood River County la prima contea statunitense, a vietare l’imbottigliamento di acqua locale a livello industriale. Daranno l’esempio e coraggio a molte altre città.
Questa storia mi ha ricordato la nostra storia d’Abruzzo, dieci anni fa, quando contro ogni speranza ci siamo opposti al Centro Oli dell’Eni ad Ortona. Nessuno di noi era un attivista. Tutti ci siamo sentiti partecipi e abbiamo voluto proteggere qualcosa che in un modo o nell’altro era emotiviamente nostro. E, giorno dopo giorno, alla fine, abbiamo vinto noi. Vincere contro le multinazionali si può ad Ortona come a Cascade Locks. Ci vuole solo pazienza, intelligenza, l’amore dentro.
di Maria Rita D’Orsogna (*)
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