Tratto da Il Manifesto
Smog, l’aria sporca che uccide
Ecologia. Secondo un'indagine epidemiologica condotta dal progetto Med Hiss, e coordinata dall'Arpa Piemonte, in Italia ogni anno più di 33 mila decessi vanno attribuiti all'aria inquinata da emissioni industriali e traffico automobilistico
Sono stati presentati a settembre, dopo tre anni di studi, i risultati del progetto Med Hiss (Mediterranean Health Interview Surveys Studies) coordinato dall’Arpa Piemonte. Si tratta di un’indagine epidemiologica inedita condotta per calcolare gli effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico sulla salute in quattro paesi del Mediterraneo (Italia, Francia, Slovenia e Spagna). Una vasta letteratura scientifica ha già dimostrato la relazione tra l’esposizione a breve termine all’inquinamento dell’aria (polveri da combustioni industriali e traffico automobilistico) e la mortalità per malattie cardiovascolari, respiratorie e per il cancro al polmone. Un recentissimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) del resto conferma che “il 92% della popolazione mondiale vive in luoghi dove i livelli della qualità dell’aria non rispettano i limiti fissati dall’Oms” (in Europa nessuna area geografica è messa peggio della pianura padana).
Poche ricerche epidemiologiche però si sono soffermate sui danni alla salute causati da esposizioni di lungo periodo a livelli elevati di inquinamento, come è il caso della popolazione di Taranto che per anni ha respirato i veleni del complesso industriale dell’Ilva. Il progetto Med Hiss, inoltre, non si è concentrato unicamente sulla popolazione concentrata nelle grandi città, ma ha allargato le sue ricerche in aree molto più vaste coinvolgendo anche gli abitanti delle zone rurali che, in teoria, dovrebbero essere investite meno direttamente dagli inquinanti atmosferici. Sono stati incrociati dati sulla dispersione delle polveri sottili, sulla mortalità, sull’insorgenza di alcune patologie, sui ricoveri ospedalieri e sulla storia clinica degli individui presi in esame dalla ricerca.
I risultati sono sconfortanti su tutto il territorio europeo. Per restare in Italia, come ha sintetizzato Ennio Cadum, responsabile di Epidemiologia ambientale dell’Arpa Piemonte, nel 2010 i decessi attribuiti all’esposizione da Pm 2,5 sono stati 33.533. Un numero molto elevato, circa il 7% sul totale dei morti registrati in Italia (secondo l’Oms, nel mondo circa 3 milioni di decessi all’anno sono riconducibili all’esposizione all’inquinamento da aria esterna e 6,5 milioni all’inquinamento da aria indoor). In Italia sono morte “per inquinamento” 20.221 persone al nord, 6.344 al centro e 6.968 al sud. Nelle aree urbane 18.977 persone, nelle zone rurali 14.556. Da qui si evince anche una riduzione sostanziale della speranza di vita: per la popolazione italiana si parla di una media di 9,2 mesi persi. Un dato che però è disomogeneo per aree geografiche: al nord l’aspettativa di vita si riduce di 11,6 mesi, al centro di 8 mesi e al sud di 5,3. Gli abitanti delle aree urbane perdono un anno e mezzo di esistenza, 9 mesi invece chi abita in campagna o in aree distanti dalle grandi città. L’esposizione agli inquinanti dell’aria sarebbe più dannoso per le donne, la cui aspettativa di vita diminuisce di 10 mesi (8,5 per gli uomini).
Il calo dell’aspettativa di vita su base nazionale però nasconde il dato allarmante sulla popolazione che abita le aree urbane. Esemplare il caso del Piemonte e di Torino: se a livello regionale un piemontese soffocato dagli inquinanti vive 9,6 mesi in meno, l’aspettativa di vtia di un torinese si riduce a 24,7 mesi. Circa due anni e mezzo. Un rimedio ci sarebbe. Sistemi di trasporto più efficienti, migliore gestione dei rifiuti, utilizzo di combustibili “puliti” in tutte le abitazioni, potenziamento delle energie rinnovabili e riduzione delle emissioni industriali. Una grandissima opera che non sembra essere all’ordine del giorno di questo governo.
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