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16 luglio 2018

...Brindisi, il carbone, l’inquinamento e i danni alla salute

Tratto da Qualenergia del 18 ottobre 2017

...Brindisi, il carbone, l’inquinamento e i danni alla salute.


Entro il 2030, al massimo, tutte le centrali a carbone italiane dovrebbero essere chiuse.

A fermarsi soprattutto dovrebbe essere quella Enel di Cerano, a pochi chilometri da Brindisi, la più grande centrale elettrica italiana, con i suoi 2.640 MW, recentemente tornata all’onore delle cronache, non per le solite denunce sull’inquinamento atmosferico che provoca, ma per una inedita varietà, che si potrebbe chiamare “inquinamento cementizio”.......

Insomma, una volta ancora il carbone ci sorprende con la sua capacità di danneggiare l’ambiente in modi sempre nuovi e originali: già un anno prima, per esempio, Enel aveva dovuto risarcire i danni a 59 contadini intorno a Cerano, per il rilascio di povere di carbone sui loro campi.

Ma, naturalmente, i danni peggiori il carbone li fa alla salute delle persone, e in questo Brindisi, uno dei poli industriali più importanti del Meridione, ha fatto suo malgrado da laboratorio a cielo aperto per decenni, come ha dimostrato un recente rapporto epidemiologico che ha suscitato meno interesse sulla stampa nazionale della vicenda delle ceneri.

«La nostra città e provincia sono vittime della politica dei “poli industriali” dei decenni passati, che concentrava impianti altamente inquinanti in aree ristrette, portando sì occupazione, ma al costo di un numero incalcolabile di morti e malattie», dice Stefano Alparone, ex consigliere comunale per il M5S di Brindisi.

«Basti considerare che ospitiamo in un raggio di pochi chilometri non solo la centrale a carbone di Cerano, ma anche il petrolchimico Eni, con le sue emissioni di idrocarburi e altri composti organici, quelle della centrale elettrica Enipower, una ciclo combinato a gas da 1.170 MW, e quelle di una piccola centrale a biomasse ospitata in uno zuccherificio, oltre ad altri impianti impattanti. E fino al 2012 era anche in funzione una quarta centrale elettrica, quella a carbone di Edipower da 1.200 MW, vicina al centro abitato e, per non disturbare gli aerei nel vicino aeroporto, dotata di camini alti meno di 60 metri».

Gli effetti di questo assedio industriale li descrive lo Studio Epidemiologico sugli effetti delle esposizioni ambientali di origine industriale sulla popolazione residente a Brindisi, una collaborazione fra Asl brindisina, Dipartimento di epidemiologia della Asl Roma1 e Arpa Puglia, che per la prima volta ha analizzato in dettaglio l’impatto inquinante delle industrie brindisine sul territorio e le conseguenze sulla salute della popolazione fra 1991 e 2014.

In pratica lo studio ha preso in considerazione 223mila abitanti di Brindisi città e Provincia, e ne ha seguito cause di morte e di ospedalizzazione, incrociando questi dati con la presenza sul terreno di tre tipi di inquinamento: polveri PM 10 e anidride solforosa (SO2), dati portati dai fumi delle centrali a carbone, e i composti organici volatili (COV) delle emissioni del petrolchimico

L’inquinamento, ha dimostrato lo studio, era molto pesante nelle aree intorno alle zone industriali, fra gli anni ’90 e primi anni del 2000, ed è poi progressivamente calato, per l’adozione di filtri e per la chiusura di impianti, in primo luogo quella della famigerata centrale Edipower.

In particolare le emissioni di SO2 hanno raggiunto un picco di 50mila tonnellate/anno nel 1995, e oggi sono a 10mila, i PM 10 sono passati da 2.400 t/anno a 300, i COV da 200 t/anno a 1.200.

Nel periodo peggiore, la metà degli anni ‘90, è evidente un aumento, fra zone meno e più inquinate da PM10 e SO2, del 16% della mortalità per tumori maligni (+115% per le leucemie, + 63% per quelli alla vescica), +62% di infarti cardiaci tra gli uomini e +38% di infiammazione di bronchi e polmoni fra le donne.

Un aumento di mortalità, anche se meno estremo, per le stesse cause si registra anche nelle aree più inquinate dai COV del petrolchimico.

Nel periodo 2001-2013 è stato misurato invece il rischio di ricovero, in rapporto all’inquinamento e si è trovata una relazione per diabete, malattie neurologiche, patologie cardio e cerebrovascolari, con un rapporto molto forte per l’inquinamento da SO2.

L’esposizione ai COV è invece associata a un aumento di malformazioni congenite nel primo anno di vita, ma non più dal 2010 in poi.

Fra periodo 2000-2004 e il 2010-2013, infatti, l’aumento del rischio di ricovero fra zone più inquinate e zone meno inquinante, pur persistendo, è diventato un quarto per la SO2 e la metà per i COV, a dimostrazione che la situazione è migliorata.

«Un calo certo positivo, ma non del tutto rassicurante, perché i fumi che ci siamo respirati dalla nascita in poi, agiranno magari fra decenni, provocando tumori che altrimenti non ci sarebbero stati», ricorda Alparone.

«Uno studio Cnr del 2015 ha stimato che la sola centrale Enel provochi fra i 7 e i 44 morti in più ogni anno, quindi, anche se ormai funziona a ritmo ridotto, grazie alla riduzione dei consumi e alla diffusione di fotovoltaico eolico, prima la si chiude e meglio è».

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