Oms, è l’inquinamento atmosferico il maggior rischio ambientale per la salute
Il principale responsabile, come per i cambiamenti climatici, è il nostro impiego dei combustibili fossili. E l’Italia sotto entrambi i profili subisce record negativi
L’anno appena iniziato vede l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) impegnata nell’avvio del suo nuovo Piano strategico quinquennale – il Thirteenth general programme of work 2019−2023 –, con l’obiettivo di affrontare le molteplici sfide che riguardano la salute globale. Un orizzonte dove i rischi ambientali ricoprono un ruolo di primissimo piano: nel decalogo stilato dall’Oms per mettere a fuoco le principali minacce che occorre affrontare, l’inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici sono al primo posto.
Già oggi nove persone su dieci nel mondo sono esposte a livelli di inquinamento dell’aria pericolosi per la salute, e per questo «nel 2019 l’inquinamento atmosferico è considerato dall’Oms il maggior rischio ambientale per la salute». Sono 7 milioni l’anno le morti premature che si stima dipendano da questo fattore, e per il 90% sono concentrate nei Paesi a medio e basso reddito: una crudele forma di disuguaglianza, che non ci mette comunque al riparo. Anzi. Secondo gli ultimi dati elaborati dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) in Italia l’inquinamento atmosferico causa 84.300 vittime, la performance peggiore d’Europa. Vive infatti nella “Padania” di memoria leghista circa il 95% dei cittadini europei chiamati a sopportare il frequente e contemporaneo sforamento degli standard emissivi per tre componenti principali dell’inquinamento atmosferico (ovvero PM10, NO2 e O3).
E se nel mondo le cause dell’inquinamento atmosferico spaziano fino a ricomprendere l’importante ruolo esercitato da stufe e combustibili inquinanti per la cottura dei cibi, nel nostro Paese la gerarchia dei responsabili è chiara, e accoppia al primo posto il traffico veicolare e un’inadeguata climatizzazione degli edifici.
Più in generale, spiegano dall’Oms, la principale causa dell’inquinamento atmosferico – ovvero i combustibili fossili – offre anche il principale contributo all’avanzata dei cambiamenti climatici, anch’essi fonte di ampia preoccupazione per quanto riguarda non solo la salute del pianeta, ma anche la nostra: «Tra il 2030 e il 2050 si prevede – argomenta l’Oms – che i cambiamenti climatici causeranno 250.000 ulteriori decessi all’anno», aumentando i casi di malnutrizione, malaria, diarrea e stress da calore.
Anche su questo fronte l’Italia si presenta impreparata alla portata della sfida; non a caso l’Istituto superiore di sanità – ovvero l’organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale – ha recentemente organizzato a Roma un simposio dedicato al tema, spiegando come per le caratteristiche italiane rendano il nostro Paese «un vero e proprio laboratorio di ricerca sull’impatto del cambiamento climatico sulla salute». Un esempio? Secondo le stime più recenti in Italia entro il 2100 i giorni di ondata di calore aumenteranno in modo esponenziale, da 75 fino a 250 giorni all’anno, con i rischi per la salute moltiplicati di conseguenza.
E se questi sono orizzonti futuribili, i dati di fatto mostrano un’Italia che già oggi sta subendo l’impatto dei cambiamenti climatici in modo più intenso rispetto alla media globale. I dati messi in fila dal Cnr mostrano come il 2018 sia stato per il nostro Paese l’anno più caldo da oltre due secoli, con un’anomalia di +1.58°C sopra la media del periodo di riferimento (1971-2000), mentre a livello globale – informano i dati Copernicus – la temperatura media degli ultimi 5 anni è stata di 1,1°C superiore alla media preindustriale.
Per affrontare tutto questo è necessario mettere urgentemente in campo le necessarie misure per assorbire l’impatto di quei rischi climatici che ormai non possiamo più sperare di evitare, e quelle indispensabili per frenare l’ulteriore avanzata dei cambiamenti climatici. Purtroppo la proposta di Piano nazionale per l’energia e clima appena elaborata dal Governo nazionale non c’entra quest’obiettivo: la riduzione programmata delle emissioni climalteranti non è adeguata a centrare gli obiettivi imposti dall’Accordo di Parigi sul clima, che pure il nostro Paese si è impegnato ad onorare.
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