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19 novembre 2019

Causa Inquinamento, lo smog aumenta il rischio di cancro al cervello fino al 50%

Inquinamento, lo smog aumenta il rischio di cancro al cervello fino al 50%


Lo studio dell’Università canadese ha considerato città molto inquinate, come quelle italiane
L’impatto del particolato ultrafine sul cervello, può essere devastante. Già nel 2016 si è dimostrato che le nanoparticelle di polveri sottili possono penetrare nel cervello e diventare ponte per sostanze chimiche altamente cancerogene. I ricercatori della canadese Università McGill hanno recentemente revisionato i dati relativi a 2 milioni di pazienti canadesi e concluso che l’aria tossica può procurare enormi riduzioni dell’intelligenza, aumento della demenza e dei problemi di salute mentale sia negli adulti che nei bambini, sino a provare che l’alta concentrazione di polveri sottili può provocare il tumore al cervello.
Nel nuovo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Epidemiology, si legge che l’aumento di un anno all’esposizione di agenti inquinanti pari a 10.000 nanoparticelle per centimetro cubo – ovvero  la differenza approssimativa tra una strada poco trafficata e una molto trafficata – ha innalzato il rischio di cancro al cervello di oltre il 10%. Il particolato ultrafine (UFP) è prodotto dalla combustione di carburante, in particolare nei veicoli diesel. I livelli di inquinamento nelle città studiate – Toronto e Montreal – variano da 6.000/cm3 a 97.000/cm3. Esposizioni più elevate aumentano significativamente le possibilità delle persone di contrarre il cancro, ne emerge che le persone che vivono in città dove l’inquinamento raggiunge i 50.000/cm3 hanno un rischio del 50% più alto di cancro al cervello, rispetto a quelle che vivono con 15.000/cm3.

Italia prima in Europa per morti da inquinamento atmosferico

Un altro studio recente, condotto da 35 istituzioni e 120 ricercatori in tutto il mondo, pubblicato su The Lancet, ha fornito in questi giorni un resoconto puntuale sull’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute. Purtroppo ne emerge che l’Italia gode di un triste primato: è prima in Europa e undicesima nel mondo per morti premature da esposizione alle polveri sottili PM2.5. Infatti nel 2019 sono morte 58.600 persone per le polveri sottili, 14.600 per biossido di azoto (NO2) e per ozono (O3), generando una perdita economica di 20 milioni di euro.
Le minuscole dimensioni del particolato PM2.5 consentono a queste nanoparticelle di penetrare nel nostro corpo sino a giungere agli alveoli polmonari così come al cervello. I più esposti sono bambini e neonati, per via del loro sistema immunitario in via di sviluppo.

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