Dal 2005 al 2016, il periodo analizzato nello studio, 334 centrali 
a carbone sono state chiuse negli USA, mentre 612 nuove 
centrali a gas naturale sono state messe in rete negli Stati Uniti.
Il carbone ha continuato a perdere terreno negli USA anche 

dopo il 2016, a favore sia di gas naturale che di energie 
rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico, nonostante gli sforzi dell’amministrazione Trump per sostenere l’industria carbonifera.
“La dismissione delle centrali a carbone è stata associata alla riduzione delle concentrazioni di inquinamento nelle loro 

vicinanze e alla conseguente riduzione della mortalità,” ha 
indicato lo studio, come mostrato nell’illustrazione, dove la 
barra verticale grigia indica il periodo in cui è stata chiusa una centrale a carbone esemplificativa della Georgia.
Lo studio ha osservato inoltre che nell’area circostante alle 
centrali a carbone dismesse è aumentata anche la resa dei 
raccolti, per complessivi 570 milioni di bushel di mais, soia e 
grano in più rispetto al periodo in cui le centrali erano attive.
Questi cambiamenti, insieme a migliori controlli delle 

emissioni, hanno portato a un calo dell’80% del biossido di zolfo
 e a un calo del 60% degli ossidi di azoto.
Secondo gli studiosi, la diminuzione delle particelle
inquinanti nell’aria ha inoltre migliorato la riflettività atmosferica regionale, intrappolando cioè una minore quantità di calore e contribuendo ad un minore surriscaldamento dell’aria.
Lo studio ha rilevato che i benefici per la salute derivanti dalla diminuzione dell’inquinamento sono stati quasi immediati e sono corrisposti a un calo del tasso di mortalità.
Il gas naturale, tuttavia, non è “del tutto benigno”, ha osservato lo studio, in quanto il combustibile fossile è una delle principali fonti di metano – un gas che intrappola a effetto serra ancora più potente del carbonio.