Coronavirus: cosa è bene sapere per evitare allarmismi
Sul finire del 2019, le autorità sanitarie cinesi hanno segnalato all’OMS di avere identificato a Wuhan, nella Cina centrale, un nuovo ceppo di Coronavirus: il Covid-19 (Betacoronavirus), associato a un focolaio di casi di polmonite registrati in quell’area.
I Coronavirus (CoV), così chiamati per le loro punte a forma di corona, rappresentano un’ampia famiglia di virus respiratori che determinano malattie da lievi a moderate. Si ritiene che possano causare una percentuale significativa di molti dei comuni raffreddori sia negli adulti che nei bambini.
Sintomi e contagio
I sintomi sono quelli classici delle virosi (simil influenzali): febbre, astenia, rinofaringite con secrezione nasale, starnuti, tosse stizzosa.
In un certo numero di casi può sopraggiungere la cosiddetta “fame d’aria” che caratterizza l’evoluzione verso una forma di polmonite. Si deve tuttavia segnalare che anche i quadri evolutivi più gravi come la SARS (Sindrome respiratoria acuta grave) del 2002 e la MERS (Sindrome respiratoria mediorientale) del 2012 potevano presentare un quadro clinico iniziale alle alte vie respiratorie.
Per quanto rari, sono infine possibili anche sintomi a carico dell’apparato gastrointestinale sotto forma di gastroenterite.
La trasmissione avviene per contagio tramite le goccioline di secrezione della saliva provenienti dai colpi di tosse o dagli starnuti che successivamente vengono inalate da un soggetto sano che si trova nelle vicinanze.
Rara, invece, la contaminazione fecale.
Circa l’origine, sappiamo che i Coronavirus sono virus a RNA che spesso mutano, ma per infettare l’uomo occorre una corrispondenza biologica tra il recettore virale e la cellula umana. Nel passaggio da animale a uomo (“salto di specie” o “spillover“) i virus possono mutare assumendo i caratteri per sviluppare l’infezione nell’uomo. Questa modalità, ben studiata, è possibile e dimostrata nei virus influenzali.
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