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26 marzo 2015

Enel si allontana dal carbone: 23 centrali in chiusura.Entro il 20 aprile presenterà il piano per la loro riconversione.


Tratto da Sportello consumatori

Enel si allontana dal carbone: 23 centrali in chiusura

Enel inizia a lasciare il carbone

L’azienda intende dismettere impianti termoelettrici per circa 11 gigawatt. Entro il 20 aprile presenterà il piano per la loro riconversione. Conferme dal Direttore per l’Italia, Carlo Tamburi, a quanto  annunciato l’ A.D., Francesco Starace, il 15 ottobre 2014 alla Commissione Industria del Senato.


L’Amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, ha preannunciato, nell’ottobre del 2014, che «alcuni impianti termoelettrici non risultano più competitivi» per una capacità produttiva di circa 11 gigawatt e che queste centrali, con la loro chiusura, si andranno a sommare ai 2,4 GW di potenza termoelettrica già messa fuori rete.

Cosa è stato già fatto?
“È già stata avviata la chiusura definitiva – ha ricordato Starace – per gli impianti di Trino (Vercelli), Porto Marghera (Venezia), Alessandria, Campomarino (Campobasso), Carpi (Modena), Camerata Picena (Ancona), Bari, Giugliano (Napoli) e Pietrafitta (Perugia), ma le centrali ‘potenzialmente da chiudere’ sono in tutto 23″.

Che fine faranno questi impianti?
Alcuni – ha spiegato Starace – possono avere un futuro nelle rinnovabili, biomassa in particolare, oppure essere soggetti a reindustrializzazione, altri vanno riprogettati come spazi urbani”.

E per quanto riguarda i lavoratori?
Per le circa 700 persone occupate negli impianti  – rassicura Starace –  non abbiamo nessuna criticità occupazionale se non qualche trasferimento qua e là. I lavoratori saranno riallocati in altre parti dell’azienda o andranno in pensione“.
Nuove conferme dal Direttore per l’Italia
Per Tamburi, che è intervenuto sull’argomento durante un Convegno di AssoRinnovabili, quello che è da considerare principalmente è l’eccesso di capacità produttiva installata in Italia: Abbiamo constatato che questi impianti, per circa 12 gigawatt, sono senza speranza. Non pensiamo che possano mai entrare in servizio nei prossimi 5 anni“.
Tamburi ha inoltre ricordato che Enel sta già discutendo con gli «enti locali per quegli impianti presenti nelle aree urbane come Genova e Bari e nel giro di 3 settimane, intorno al 20 aprile, presenteremo un piano»

Conferme anche dai “conti”
Nei giorni scorsi l’azienda ha approvato il bilancio 2014, dove ha spiegato di aver operato svalutazioni per 6,427 miliardi, di cui 2,108 miliardi per quanto riguarda gli «asset relativi alla generazione da fonte convenzionale (in pratica olio combustibile, carbone o gas naturale, ndr) a seguito del perdurare della crisi che ha colpito tale settore».

Da dove viene questa “inversione di rotta”?
Le tecnologie attuali, ha spiegato Starace, hanno ridotto gli errori sulle previsioni della produzione fino a portarli “in linea con gli errori di previsione della domanda elettrica”.
Fotovoltaico, eolico e le altre fonti pulite per il loro contributo nel mix elettrico e per maturità acquisita dalle tecnologie a loro asservite hanno quindi il potenziale e anche la responsabilità di diventare ancora di più protagoniste del sistema elettrico.
Enel sembra (ovviamente conti alla mano) averlo capito e se si prepara a sfruttare il loro potenziale anche nella fornitura di servizi di dispacciamento.
Il cammino vero un mondo più verde è ancora lungo e irto di ostacoli, ma la leva (quella economica) è forte e sembra che stavolta veramente sia stato fatto il primo timido passettino … vedremo!

27 luglio 2013

Peacelink:Ecco le cause economiche della crisi dell'Ilva

Tratto da Peacelink

Peacelink alla Commissione Industria del Senato. Ecco le cause economiche della crisi dell'Ilva

Lettera aperta ai senatori della Commissione Industria
25 luglio 2013 - Alessandro Marescotti
Gentili Senatori, vi ricorderete quando a Taranto, durante l'audizione in Prefettura, abbiamo consegnato al Presidente della vostra Commissione un sacchetto di polveri contaminate dell'Ilva.

Nell'audizione non c'è stato purtroppo il tempo per affrontare gli aspetti economici della crisi del comparto siderurgico e dell'Ilva stessa. Per supplire a questa carenza vi inviamo un'analisi economica del comparto siderurgico (vedere il Dossier riportato di seguito) utilizzando fonti specializzate. Saremmo interessati a ricevere una vostro commento anche perché è importante chiarire che - dalle informazioni di settore che potrete consultare in questo Dossier - l'Ilva è in uno stato di crisi economica strutturale ormai irreversibile. A nostro parere il decreto 61, che siete chiamati a convertire in legge, non ha lo scopo di "salvare l'Ilva" ma di salvare le banche che hanno crediti verso l'Ilva (vedere il Dossier).
Il presidente della vostra Commissione Massimo Mucchetti ha dichiarato:
 "Il futuro di Taranto oggi marcia di pari passo con il futuro dell'Ilva. C'è l'impegno del governo. Dobbiamo avere fiducia che quanto non è stato fatto fin'ora verrà fatto nei prossimi tre anni".

Ma l'economia non si cambia con le dichiarazioni di fiducia. L'economia lascia ben poco spazio ad un ottimismo di facciata. Oggi nel mondo dagli impianti siderurgici si possono ottenere 1,8 miliardi di tonnellate di acciaio, mentre se ne consumano solo 1,5 miliardi. Questo dato emerge dall'analisi del Wall Street Journal che evidenzia 300 milioni di tonnellate annue di eccesso di capacità produttiva, all'interno delle quali sono conteggiati gli attuali 9 milioni annui dell'Ilva.

L'eccesso di capacità produttiva è enorme e continua ad aumentare, a fronte di un mercato che non è in grado di assorbire l'offerta siderurgica globale......

Il futuro non è più pertanto quello che state discutendo: voi di fronte al passato. Siete di fronte alla morte economica del futuro pensato per Taranto, oltre che alla morte biologica di tanti cittadini vittime dell'inquinamento.

A voi viene richiesto di sostenere uno sviluppo che - oltre che generare sfruttamento, malattie e morte - produce più acciaio di quanto non ne serva.

Per sfornare più acciaio occorre "gonfiare" innaturalmente la domanda economica globale con grandi opere inutili e con la produzione di più auto di quanto non ne servano. Sono infatti le grandi opere, la maxi-edilizia e l'industria dell'auto i maggiori clienti della siderurgia.

Gonfiare la domanda di acciaio punta a riequilibrare il mercato ma non a generare benessere..........

Voi parlamentari siete chiamati a collaborare (o a non collaborare) con questo fallimento economico ed ecologico planetario che - a partire da Taranto - non ha più futuro e che genera guerre, distruzione e morte.

Voi non salverete l'Ilva: siete solo chiamati a prolungare l'agonia di un disastro. E a garantire le banche dal contraccolpo.

Il vero sviluppo economico del futuro si chiama riconversione, risparmio e ricerca scientifica finalizzata alla sostenibilità.

Siete al capezzale di una industria in coma. Molteplici fili collegano la crisi della più grande acciaieria d'Europa al fallimento di uno sviluppo non sostenibile. Il futuro è nelle mani di chi progetta le riconversioni ecologiche. 
Salvando Taranto con una riconversione economicamente sostenibile lavorerete per il futuro di tutta l'umanità.

Cordiali saluti
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink

Dossier Ilva a cura di PeaceLink www.peacelink.it
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