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14 luglio 2009

2009/07/15 "Anidride carbonica, ammoniaca, ossidi di azoto e di zolfo, arsenico,cromo mercurio, nichel e …"

Tratto da"CommercialPointJob.it"

Anidride carbonica, ammoniaca, ossidi di azoto e di zolfo, arsenico,cromo mercurio, nichel e …

Una vertenza "emissioni e bonifiche" per tutelare la salute dei cittadini di Brindisi

Consideriamo utilissima la manifestazione di protesta e di sensibilizzazione messa in atto a Brindisi dagli attivisti di Greenpeace che hanno pacificamente richiamato l’attenzione del mondo sul nastro trasportatore e sui camini della centrale a carbone di Cerano sottolineando la grande quantità di anidride carbonica (CO2) emessa annualmente dalla stessa.

L’occasione è utile però anche per ricordare alla cittadinanza ed alle istituzioni che l’area industriale di Brindisi deve essere oggetto di un attento esame dal punto di vista delle ricadute sulla salute non solo per le emissioni di CO2 e non solo per le emissioni di Cerano. A più riprese abbiamo riproposto i dati delle emissioni in aria ed in acqua estratti dal registro INES dove vengono annotati i dati che superano un determinato valore soglia. Ritroviamo così alcune emissioni delle più importanti aziende dell’area industriale (Centrali Brindisi Sud, Edipower, Enipower, Polimeri Europa) che superano la soglia oltre la quale è obbligatoria la trasmissione dei dati al Registro INES. A queste emissioni bisogna aggiungere quelle prodotte da queste stesse aziende o da aziende minori per dimensioni; emissioni che, sebbene al di sotto della soglia “amministrativa” costituiscono comunque un rischio per la salute pubblica.

Vale la pena ricordare che, tra le sostanza emesse, oltre all’anidride carbonica ritroviamo anche ammoniaca, ossidi di azoto e di zolfo, arsenico,cromo mercurio, nichel e piombo; che queste ultime 5 sostanze vengono emesse anche in acqua; e che è, pertanto, alta la probabilità di ritrovare questi veleni nella catena alimentare.

Tutta da esplorare è poi la questione della radioattività intorno alle centrali a carbone che non ci risulta essere stata stimata dopo il lavoro del 1994 dell’arpa Toscana. In quella sede si ipotizzò che nei 500 metri circostanti alle centrali ci fosse una esposizione di 300 microSievert all’anno. Si tratta, per capirci, dell’equivalente di circa 3 radiografie del torace, per un quantitativo di carbone di 4 milioni di tonnellate. È facile fare i conti su come, a causa dell’aumento dell’uso del carbone, si sia evoluta l’esposizione a radiazioni negli anni successivi a quello studio.

Ai dati ambientali richiamati, si aggiungono le evidenze di studi epidemiologici condotti sin dal 1995 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Evidenze ribadite dai risultati di ricerche svolte dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR. Risultati pubblicati su riviste scientifiche nazionali e internazionali che evidenziano eccessi di mortalità ed incidenza per alcuni tipi di tumori. Un recente studio commissionato dall’Amministrazione Provinciale di Brindisi sugli effetti di alcuni inquinanti hanno rilevato l’aumento del rischio di mortalità e di ricovero in coincidenza con il peggioramento della qualità dell’aria.

Il cerchio di una seria valutazione sanitaria ed ambientale della situazione brindisina e salentina (non dimentichiamo le interazioni con la realtà di Taranto) si chiude con le bonifiche dei terreni inquinati che rappresentano di per sé una fonte di esposizione nociva per lavoratori e cittadini soprattutto se gli inquinanti hanno raggiunto o raggiungeranno, in attesa della bonifica, la falda sotterranea e quindi le persone. Le resistenze, anche in sede giudiziaria, da parte delle aziende a provvedere alla bonifica dimostrano ancora una volta che i danni ed i costi dell’inquinamento ricadono sempre sulla collettività e mai su chi dall’inquinamento ha tratto profitto. Modello questo a cui assistiamo anche per le malattie professionali ed ambientali il cui costo ricade oggi quasi esclusivamente sulla fiscalità generale.

È necessario quindi avviare un serio esame della situazione ambientale e sanitaria per proporre soluzioni in grado quanto meno di ridurre i rischi attuali per la salute collettiva. Gli Enti locali, recente rinnovati, sono chiamati, ancora una volta, a dare risposte concrete.

Medicina Democratica – Gino Stasi

Salute Pubblica – Stefano Palmisano


Tratto da "la voce dell'Emergenza"

Eco-News

Ilva di Taranto, partono i test sulla diossina

Si controlla l’efficacia degli investimenti anti-emissioni. Lunedì il primo campionamento da parte dell’Arpa
Arpa e Ispra ancora una volta a caccia di diossina. Lune­dì prossimo, venti luglio, i tecnici dei due enti daranno il via alla quar­ta campagna di monitoraggio dell’in­quinante emesso dal camino E312 dell’impianto di agglomerazione del­lo stabilimento siderurgico di Taran­to. E’ la prima, però, dopo l’installa­zione dell’impianto ad urea e do­vrebbe fornire indicazioni precise sull’entità dell’abbattimento delle emissioni. «Cominceremo lunedì ed effettueremo il campionamento per tre giorni, otto ore ogni giorno. Que­sto è tutto». Giorgio Assennato, di­rettore generale dell’agenzia regiona­le per la protezione ambientale (Ar­pa) conferma che si tratta di un mo­nitoraggio sperimentale privo, tra l’altro, di valore legale. Ciò significa che non scatterebbero i vincoli stabi­liti dalla legge regionale antidiossi­na nel caso in cui le analisi dovesse­ro registrare valori superiori al limi­te di 2,5 nanogrammi per metro cu­bo stabilito dalle norme. L’unica con­seguenza sarebbe che il campiona­mento andrebbe rifatto in seguito, questa volta con i criteri di legalità.Leggi tutto l'articolo

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