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05 dicembre 2009

2009/12/05 A proposito della centrale Tirreno Power e del "Progetto ex Parco Doria"

Tratto da Uomini Liberi

LA CENTRALE TIRRENO POWER DI VADO OGGI NON RISPETTA LE NORME EUROPEE E ITALIANE ENTI LOCALI E GOVERNO DEVONO CHIUDERE I GRUPPI 3 E 4 A CARBONE

Le centrali termoelettriche, come quella T. Power di Vado, sono assoggettate alla normativa IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) 96/61/CE recepita nella normativa italiana con il DL.vo 372/1999. Tale normativa disciplina il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), il cui principale obiettivo è conseguire un elevato livello di protezione ambientale attraverso il coordinamento delle procedure di autorizzazione....CONTINUA

Dr. Virginio FaddaDr. Agostino Torcello MODA Savona

"Una manciata" di polvere!!!

Mentre Tirrenopower, a giorni alterni, ci informa sui manifesti e sui giornali, che "possiede" la tecnologia per bruciare carbone senza emissioni; e mentre il loquace Presidente della provincia appare avaro di notizie sullo stato della sua trattativa con il gigante elettrico, noi umilmente continuiamo a fornire ai nostri 4 lettori informazioni tratte da internet e, per la prima volta, la dinamica delle micro particelle PM10 riprese dal satellite, dalle quali si evince che esse svolazzano, anche se non le vediamo ad occhio nudo, proprio nelle zone dove le centrali a carbone producono il massimo delle loro pestilenziali esalazioni, vale a dire nelle seguenti regioni: Liguria, Lombardia, Lazio, Puglia, Friuli, Veneto…

GUARDA LE IMMAGINI DAL SATELLITE

COME ERAVAMO!!!!

Le microparticelle si muovono nell'atmosfera, noi non ce me accorgiamo ma..... l'occhio del satellite non perdona! Ieri abbiamo riprodotto l'animazione di questi invisibili nemici della salute: oggi, aggiungiamo una scheda sulle centrali a carbone attive in Italia (giusto per dimostrare che non "spariamo" solo sul gruppo SORGENIA) più una scheda tecnica sugli effetti che l'inalazione di questi componenti puo' provocare per la salute degli esseri umani o degli esseri viventi, in generale, e che nessuno, men che mai la Provincia di Savona, ha mai misurato !!!! ...leggi...

Infine, come eravamo, a detta del satellite, giusto un anno fa, il 4 dicembre 2008!!!...GUARDA.
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Tratto da Uomini liberi
PAESE CHE VAI, PROCURA CHE TROVI!!!

Il CNR ha reso noto che, secondo uno studio recentissimo dell'O.M.S (organizzazione mondiale della sanità)…guarda…tra il 2002 ed il 2004, nelle 13 città italiane prese in esame ci sarebbe stata una media di 8220 morti dovute agli effetti a lungo termine delle concentrazioni di pm 10 superiori ai 20 microgrammi per metro cubo.

Un’ associazione di consumatori, il Codacons, sulla base di questi dati del CNR, ha presentato esposti in 11 città: Torino, Genova, Milano, Trieste, Padova, Venezia, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania, Palermo. Ebbene, la procura di Bologna ha archiviato, Firenze ha rinviato a giudizio Sindaco e Presidente della Regione; Milano ha deciso di procedere ad indagini nei confronti di Sindaco e dei Presidenti della Regione e della Provincia.

P.S. Come abbiamo dimostrato pubblicando le immagini dal satellite, gran parte della Liguria e' ricoperta da un vivace colorito marrone, quindi la conurbazione Genova-Savona comprende una densità di micro particelle pm 10 certamente superiore al limite sanitario previsto dall' OMS. Ma mentre a Milano città, si e' condotto in 5 grandi ospedali (San Carlo, Policlinico, Fatebenefratellli, Niguarda e San Paolo) uno studio chiamato "PEMI" (pollution and emergencies in milan) durato ben 2 anni e che correla i ricoveri con la polluzione, da noi, Genova e Savona, tutto tace e nel frattempo vi e' chi si dimena per ampliare la centrale e costruire piattaforme. Cosa dovrebbero fare i cittadini per indurre le ASL nostrane a compiere quegli studi che altrove sono stati effettuati o meglio, a rendere noti quelli già fatti e dimenticati nella la polvere degli archivi?

Forse armarsi di carte da bollo, sperando nella sensibilità di qualche servitore della legge?

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Tratto da Uomini liberi

MISERIA DELL'A.R.P.A.L.

Il braccio tecnico per garantire a tutti i cittadini una qualità dell'aria confacente con la tutela della salute, dovrebbe essere l'Arpal (azienda regionale protezione ambiente Liguria). Ora, la miserabile condizione in cui versa detto ufficio, e' certificata dal suo stesso sito, dove sui controlli dell'aria, per quanto attiene la provincia di Savona, si può ....leggere ...quanto riportiamo.

Quindi, anche l'uso del satellite, nella fattispecie, risulta impossibile, non essendovi dati attendibili rilevati in postazioni a terra…leggi. A questo punto, come dare seguito alle denunce del MODA ovvero dell'ordine dei medici che mettono sotto accusa il vecchio problema della centrale con il nuovissimo e devastante insediamento del Parco Doria, dove una nuova e fetida breccia di veleni si appresta ad investire Legino e l'Oltreletimbro. Chi risponderà,in sede civile, di eventuali danni riconosciuti dal magistrato? I danneggiati devono chiamare in causa l'IPS (che non sembra abbia un patrimonio proprio) ovvero gli enti locali che hanno costituito l'azionariato dell'ente stesso (Provincia e Comune di Savona)?
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Savona, Ordine dei Medici: “Progetto ex Parco Doria: a rischio salute dei savonesi”


Savona. L’Ordine dei Medici, in merito al progetto di insediamenti all’ex Parco Doria, esprime in un comunicato le sue preoccupazioni. In particolare, gli esperti mettono in guardia i cittadini di Savona per quello che definiscono “un grave rischio alla salute dovuto alle conseguenze del progetto”.
Leggi tutto A PROPOSITO DEL PROGETTO DI INSEDIAMENTI PREVISTI
PRESSO IL PARCODORIA.

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Tratto da Terra

LA SIGLA AIA... di Erasmo Venosi

28/11/2009 -

La scarsa coscienza ecologista del legislatore italiano si intuisce attraverso la storia della sigla Aia (Autorizzazione integrata ambientale), strumento centrale per gestire la sostenibilità del settore industriale sul territorio. Esagerando, si può affermare che l’Aia sia l’elemento connettivo tra ecologia ed economia. La Ue la istituì per prevenire o ridurre al minimo le emissioni inquinanti, grazie all’elaborazione di documenti sulle migliori tecnologie disponibili (B.REfs) in ogni settore industriale al fine di minimizzare la produzione di sostanze inquinanti. In pratica l’Aia impone al gestore di un impianto di fare l’analisi del processo di produzione, evidenziando le criticità per quanto riguarda l’inquinamento.

Successivamente, l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili e l’esistenza di obiettivi di qualità ambientale consentono di far coesistere sistema industriale e qualità ambientale. Gli enti territoriali partecipano sia in termini di contributo tecnico che di scelte politiche. Tecnicamente perché nel gruppo statale che fa l’istruttoria partecipa un rappresentante del Comune, della Provincia e della Regione. Politicamente perché il sindaco, ai sensi del Testo unico delle leggi sanitarie sulle lavorazioni insalubri, ha la facoltà di far acquisire le prescrizioni espresse e il diritto a far riesaminare l’Aia alla presenza di una mutata situazione del territorio. Innovativa la previsione di creare, presso il ministero dell’Ambiente, un Osservatorio sull’applicazione comunitaria, quale organo di garanzia e di possibilità di conoscenza e di accesso da parte del pubblico dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente; e ancora il registro Ines (Inventario nazionale delle emissioni e delle sorgenti) con il quale ogni cittadino può controllare tipologia e quantità di inquinanti prodotti dall’industria “vicino casa”.

Infine, la possibilità di fissare in una determinata area misure supplementari più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecnologie al fine di assicurare il rispetto delle norme di qualità ambientale. Il rispetto delle prescrizioni Aia è verificabile attraverso un piano di monitoraggio e controllo. Ma cosa è successo a questo strumento in Italia? La direttiva istitutiva dell’Aia (Ippc 61/96) doveva essere recepita entro il 1999, e al massimo entro il 2004 gli impianti esistenti avrebbero dovuto possedere l’Aia. L’Italia ha adempiuto parzialmente all’obbligo riconoscendone l’applicazione ai soli impianti esistenti e rimandando al futuro il completo recepimento e l’applicabilità agli impianti. Entro il 30 ottobre 2004 tutti i procedimenti per la concessione delle AIA avrebbero dovuto concludersi, scadenza poi prorogata al 30 aprile 2005. Ma non pago di tale “giochetto”, il governo di centrodestra ha mosso il termine ultimo dell’emanazione al 30 ottobre 2007.

Oggi nessuno sa quante sono quelle concesse dalle Regioni per assenza di istituzione dell’Osservatorio da parte del ministero dell’Ambiente. Le Aia statali sono poche decine e con lo spoil-system applicato dal ministro dell’Ambiente le Commissioni per la valutazione ambientale dei progetti e quella per le Aia sono state impoverite dell’apporto tecnico e potenziate nelle presenze giuridico-amministrative; insomma più avvocati e commercialisti che ingegneri e chimici per valutare progetti e cicli industriali, come risulta dalle parole del direttore generale del ministero, Bruno Agricola. Eppure le Aia statali riguardano tutti gli impianti industriali; e la sigla sostituisce ogni autorizzazione: in atmosfera, nelle acque, nella produzione di rifiuti, e fa proprie le raccomandazioni sugli incidenti rilevanti (Seveso II). Ma il silenzio di vecchi e nuovi ecologisti su tale argomento è rumorosamente esiziale.

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