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11 marzo 2010

2010/03/11 MODA :Tirreno Power: M.O.D.A. Chiede chiusura gruppi a carbone/Come si quantificano i danni delle Centrali a carbone."

Articolo del MODA,tratto da "Uomini Liberi"
"SALUTE, ECONOMIA, AMBIENTE E NORME EUROPEE IMPONGONO DI CHIUDERE IMMEDIATAMENTE GLI INQUINANTI GRUPPI A CARBONE DELLA CENTRALE DI VADO.
OGGI CONVIENE PUNTARE CON DECISIONE SULLE ENERGIE RINNOVABILI"

Ormai tutto il mondo si è accorto, ma non gli Enti pubblici locali ed alcuni industriali, che siamo arrivati ad una svolta epocale. Non è più razionalmente proponibile produrre energia con fonti energetiche non rinnovabili e soprattutto con il carbone che, come è noto, a parità di energia erogata, produce il massimo dell’inquinamento possibile con costi esterni altissimi per malattie, danni ambientali ed eccesso di CO2
A livello locale la centrale Tirreno Power di Vado nel suo assetto attuale ...vedi... emette ogni anno nell’aria circa 5 milioni di tonnellate di CO2, 5.500 tonnellate di Ossidi di Zolfo, circa 4.000 tonnellate di Ossidi di Azoto e complessivamente circa 6.500 tonnellate di polveri sottili secondarie cancerogene e cardiotossiche (stimate per i gas emessi in atmosfera).

A partire da tali valori di inquinamento i costi esterni stimati dalla Comunità Europea ( fonte ExternE) sarebbero almeno di circa 135 milioni di euro ogni anno e graverebbero quasi interamente sulla comunità del Savonese e della val Bormida...vedi...

Per non parlare poi del folle progetto di potenziamento a carbone che, facendo aumentare il già oggi intollerabile inquinamento dell'aria complessivo della centrale con 7,5 milioni di t/anno CO2, 5.900 t/anno SO2 e 4.500 t/anno di NOx, farebbe salire ulteriormente i costi esterni .

Si impone quindi con urgenza per questa "Centrale in città" almeno chiudere i vecchi gruppi 3 e 4 a carbone che a causa della loro obsoleta tecnologia,anche se ristrutturati, hanno bassi rendimenti, altissimo inquinamento e non rispettano la migliore tecnologia disponibile prevista per gli impianti termoelettrici dalla Direttiva della Comunità Europea Ippc 96_61 e relativo Decreto legislativo 4 gosto 1999, n.372.

Tale chiusura al carbone, per lasciare solo il gruppo a metano, doveva essere imposta da più di 10 anni da Governo ed Enti Locali , ma fino ad oggi nulla è stato fatto, anzi si discute persino su un potenziamento a carbone senza valutare in alcun modo i danni ambientali e relativi costi.

E cosa dire poi della possibilità di bruciare il rifiuto CDR sui gruppi a carbone previsto a pag. 170 del Piano Provinciale Rifiuti, approvato dalla Regione Liguria ma vietato dalla Comunità Europea, che produrrebbe in aggiunta all'inquinamento da carbone e da gas anche un pericoloso inquinamento da diossine e metalli pesanti?

Ricodiamo che depotenziamento e completa metanizzazione, richiesti dalla Commissione Scientifica di Spotorno - Istituto Superiore di Sanità nel Maggio 1988 per ottenere la chiusura al carbone nella centrale di Vado e poi votata nel 1990 dai Comuni di Vado e Quiliano, nel 1993 e 1996 dalla Provincia di Savona e di recente nel 2007 dal Comune di Savona, è la posizione espressa non solo dal MODA, dal WWF, dagli Amici di Grillo, da Greenpeace e da Legambiente ma oggi anche autorevolmente sostenuta dall’Ordine dei Medici della Provincia di Savona.

Al contrario di quanto comunemente si pensa, visto che oggi molti insistono sul costosissimo e pericoloso nucleare (problema delle scorie, esaurimento dell’uranio ecc.), ricordiamo che l’alternativa delle energie rinnovabili rispetto a nucleare, gas, olio combustibile e carbone, associate al risparmio energetico, è oggi realistica ed attuale e foriera di nuova occupazione. La politica energetica ad esempio della Germania, che già oggi raggiunge il 16% da rinnovabili, porterà alla produzione di energia elettrica totale da rinnovabili nel 2020 intorno al 40 – 50% del fabbisogno nazionale, con graduale dismissione delle centrali nucleari e aumento dell’occupazione e molti operatori affermano che si potrà arrivare nel 2050 - 2060 al 100% da rinnovabili (vedi RAI 3 programma Presa Diretta del 7/03/2010)perché anche in Liguria ed in Italia non seguiamo questo virtuoso esempio?…

Savona, 11 Marzo 2010

Dr. Virginio Fadda (Biologo)

Dott. Agostino Torcello (Medico Pneumologo)

MODA Savona


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Riportiamo due articoli tratti da Brundisium .net perchè interessano le problematiche relative ai DANNI ALLA SALUTE delle CENTRALI a CARBONE"

Lo studio sul carbone che non piace a Enel"

Il comitato “sì al carbone”, la cui malinconica denominazione la dice lunga sulla ideologia che lo ispira, ha risposto alla nostra nota sullo studio americano in merito ai danni provocati dalle centrali a carbone riconoscendone in sostanza la fondatezza ma accusandoci, chissà perché, di disinformazione.
Sorvolando su tale gratuita mancanza di rispetto,
preferiamo replicare direttamente all’ENEL, le cui valutazioni certo coincidono con quelle del suddetto comitato, rilevando quanto sia infondata e fuorviante l’affermazione secondo la quale la Centrale di Cerano non rientrerebbe nell’area di valutazioni dello studio statunitense né nella media dei danni rilevata dal medesimo.

Lo studio della Harvard University di Boston dimostra con inconfutabili argomenti l’entità dei danni provocati da tutte le centrali a carbone: danni gravissimi, sia sanitari che economici, anche se variabili in rapporto alle diverse situazioni di attrezzatura tecnologica, di funzionamento e di localizzazione degli impianti.
Maldestra si appalesa quindi l’operazione rivolta a nascondere ciò che il citato studio vuol mettere in luce.....
I ricercatori di Harvard spiegano i motivi per i quali valutano 407 impianti su 514: perché solo per questi 407 sono disponibili i dati completi sulle emissioni, perché hanno escluso le centrali riconvertite in quanto adattate e perché è richiesto che siano in funzione nel 1999. L’analisi viene invero condotta sui dati di tale anno.

L’affermazione secondo la quale lo studio di Harvard prenderebbe in esame impianti costruiti intorno agli anni ’70 non è rilevabile da nessuna fonte citata dagli autori.
Gli Stati Uniti avrebbero smesso di costruire centrali negli anni ’70? Allora non sarebbe vero, come dice lo stesso Enel, che ne hanno ancora in progetto!
Al contrario, gli autori dello studio descrivono nel 2009 un modello basato sulle emissioni del 1999 per consentire alla politica di fare scelte energetiche vantaggiose per la salute e le tasche dei consumatori......

Lo studio di Harvard ha lo scopo di offrire ai decisori politici di quel Paese, utili modelli di analisi dei rischi. E’ interessante riportare qui di seguito testualmente l’ultima parte delle conclusioni dello studio: «In relazione alla grandezza dei danni alla salute in rapporto al costo dell’elettricità, i valori da noi calcolati sono notevoli in rapporto al costo dell’elettricità al consumo (una media di 0.09 USD /kWh per tutti i consumatori).
Se i costi esterni fossero internalizzati ci sarebbe una significativa ramificazione di scelte tra combustibili in competizione per la produzione di energia negli Stati Uniti.
In particolare i vecchi impianti appaiono antieconomici rispetto a molte tecnologie rinnovabili quando il prezzo di mercato ed i costi esterni si uniscono, sebbene questo sia variabile a seconda delle aree del paese e delle tecnologie.
La grandezza e la variabilità dei danni associati con le tecnologie esistenti dovrebbero essere tenute in conto quando si disegna una politica energetica ottimale negli Usa ed altrove».

Una interessante annotazione ma noi aggiungiamo che, con tutta la variabilità del calcolo dei danni, i costi esterni stimati ad Harvard possono benissimo essere calcolati sulle emissioni autocertificate da Enel e dagli altri produttori.

Prima di firmare le convenzioni bisognerebbe in ogni caso calcolare il danno esterno minimo, sanitario e monetario, rilevato da Harvard utilizzando almeno le quantità di emissioni autodichiarate dalle aziende.
Resta il fatto che ciò che a noi più preme sono i danni sanitari che richiedono, senza ombra di dubbio, una seria riduzione del carbone bruciato della Centrale di Brindisi Sud.
E’ di questo che si deve convincere l’ENEL accantonando l’illusione che la nostra comunità possa essere zittita o distratta con concerti e manifestazioni sportive o, ancor meno, con fuorvianti letture della documentazione scientifica.

COMUNICATO STAMPA FORUM AMBIENTE SALUTE E SVILUPPO

Per conoscenza ripubblichiamo l'articolo integrale Di Maurizio Portaluri
Come si quantificano i danni delle Centrali a carbone.

La Scuola di Salute Pubblica della prestigiosa Università statunitense di Harvard a Boston ha recentemente pubblicato un interessante articolo sulla quantificazione dei danni correlati alla salute ed all’ambiente negli impianti di produzione elettrica degli USA che bruciano carbone.
Lo studio muove dalla constatazione che le centrali a carbone producono danni esterni agli impianti ma che esiste una variabilità ed una incertezza nella loro determinazione legate a diversi fattori.
Tra questi la quantità di sostanze inquinanti emesse, la loro distribuzione dovuta alle condizioni atmosferiche e la distribuzione della popolazione rispetto agli impianti medesimi.
Per questo i ricercatori di Harvard hanno voluto monetizzare il danno prodotto da 407 centrali a carbone sulla base della mortalità prematura nella popolazione connessa a queste attività ed hanno stimato che il danno prodotto varia da 30.000 $ a 500.000 $ per tonnellata di polveri sottili (PM 2.5), quelle cioè che entrano nell’albero respiratorio e nel circolo sanguigno, da 6000 $ a 50000 $ per tonnellata di SO2 emessa, da 500 $ a 15000 $ per tonnellata di NOx e da 0,02 $ a 1,57 $ per kilowattora di energia generata.
N
el modello utilizzato la mortalità della popolazione aumenta del 1.2% per ogni
aumento di microgrammo/m3 della media annuale di emissione del PM 2,5 (tipo polvere che qui da noi neppure viene misurato).

Alla luce di questo studio è lecito domandarsi
se le istituzioni locali ed i loro tecnici, al tavolo delle trattative con le aziende elettriche per definire i termini delle convenzioni e, a prescindere da queste, quando prendono decisioni sullo sviluppo locale e sui controlli ambientali e sanitari, tengano conto di queste valutazioni.Se applicassimo i numeri del lavoro citato alla realtà locale risulterebbe che per 100.000 tonnellate di NOx emesse ogni anno il danno esterno è quantificabile tra i 50 milioni di dollari a 1,5 miliardi di dollari.
Danni che vengono pagati solo dalla collettività la quale continua comunque ad acquistare la stessa energia elettrica per la cui produzione riceve un detrimento.
Quanto all’Università locale, le poche volte che l’abbiamo vista nominata sulla questione energetica sono state quelle in cui era necessario indicare l’affiliazione di qualche docente consulente di parte aziendale intervenuto sulla stampa, e purtroppo non sulle riviste scientifiche, per dire “che va tutto bene madama la marchesa”.

È lecito allora chiedersi: ma quale Università pubblica vogliamo e continuiamo a finanziare in Italia se persino quella statunitense, sostenuta peraltro in gran parte da fondi privati, fa ricerca su questioni di vitale interesse per la salute pubblica?

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