Come con l’eternit, ci accorgeremo troppo tardi che gli inceneritori sono devastanti
L’eternit, materiale composito di amianto e cemento brevettato nel 1901 dall’austriaco Ludwig Hatschek, ha una storia lunga e tribolata. Salutato coma la scoperta del secolo, venne via via impiegato in ampi settori produttivi ed in particolare per le tubature degli acquedotti, come lastre di copertura dei tetti, o addirittura nel design, per una sedia da spiaggia.
Negli anni ‘60 la scoperta che le fibre di amianto provocano il cancro. Nonostante ciò, la produzione proseguì fino agli anni ‘80, anche per le colpevole pressione delle industrie, affamate di profitti e disinteressate alla salute dei lavoratori.
In Italia, a Casale Monferrato, la produzione è proseguita fino al 1986, a Broni addirittura fino al 1992.
Il caso è emblematico.
La conclamata pericolosità di una sostanza non servì a bloccarne la produzione e ci vollero trent’anni per arrivare ad uno stop definitivo. Ora i processi, le opere di bonifica con costi elevatissimi, le morti che arriveranno a migliaia, in Italia in particolare nella zona di Casale Monferrato.
Il caso eternit assomiglia alla querelle sugli inceneritori.
Fanno male o no?
Sui vecchi impianti ormai nessuno mette dubbio sugli enormi danni sanitari provocati. Ora ci si affida alla tecnologia e alla mancanza di dati epidemiologici (malattie) per affermare che gli inceneritori di nuova generazione sono sicuri.
Il dubbio, purtroppo rimane.
Se un processo come quello di bruciare i rifiuti produce sostanze cancerogene molto pericolose, non è attraverso la tecnologia che possiamo impedirne la formazione, anzi. E’ il processo in sé a produrre queste sostanze. Bruciando rifiuti semplicemente ne cambiamo lo stato, li trasformiamo, disgregando le molecole che li compongono e immettendo in atmosfera i nuovi composti. Partiamo da una materia molto eterogenea, composta da una serie lunghissima di sostanze che bruciate insieme in un grande calderone crea nuove molecole, molto più pericolose delle sostanze introdotte a monte dell’impianto.
Ecco che gli inceneritori devono prevedere imponenti sistemi di filtrazione per cercare di bloccare a camino l’emissione di sostanze tossiche. Filtri che la pratica ha dimostrato di scarsa efficacia specie nel tempo. Filtri costosissimi che spesso non vengono sostituiti e la cui efficacia è molto limitata nel tempo.
Questi filtri, vista la mole di emissioni, si intasano ogni 2-3 secondi e un apposito soffio di aria compressa deve essere emesso in continuazione per recuperarne l’efficienza.
I nuovi impianti poi bruciano a temperature molto elevate nel tentativo di scongiurare la produzione di diossine e tenendo alte le temperature diminuisce la grandezza delle particelle emesse fino al punto da “passare” liberamente nelle maglie troppo larghe dei filtri stessi.
Un sistema sbagliato in fase di progettazione: bruciare non significa distruggere.
Quanto dovremo aspettare ancora per cambiare strada?
Si dice che gli inceneritori ci regaleranno l’indipendenza territoriale. Non è vero, visto che su una tonnellata di rifiuti bruciati si producono trecento chili di ceneri pesanti ricche, per modo di dire, di metalli pesanti, diossine, idrocarburi policiclici aromatici. Dove le mettiamo? Si propone di utilizzarli nei cementifici e mischiarle con il cemento. Vogliamo forse costruire case malate nelle loro stesse componenti di base, i mattoni? Che pazzia.
Mischiare le ceneri ad altre sostanze e poi utilizzarle nelle costruzioni porta semplicemente a zonzo il problema. C’è infatti il problema della lisciviazione che porta a far disciogliere le sostanze aggregate a parti solide che vengono poi liberate in ambiente.
Oggi che ci sono sistemi alternativi all’incenerimento per la gestione dei rifiuti ha ancora senso perseguire la strada dell’incenerimento?
Efficaci, meno costosi, ma soprattutto non dannosi per l’uomo e per l’ambiente, i sistemi di trattamento meccanico a freddo stanno prendendo piede anche in Italia.
Insistere nell’errore degli inceneritori fa ricordare la storia dell’eternit.
A forza di negare il rischio abbiamo prodotto una catastrofe umanitaria che ci accompagnerà nei prossimi decenni.
Coordinamento Gestione Corretta Rifiuti e Risorse
(tratto da: unonotizie)
INCENERITORI: INFORMAZIONI, MEDICI E CONFLITTI
Bruciare i rifiuti: ecco gli effetti
Presentato un sistema di sorveglianza ambientale e di valutazione epidemiologica nelle aree circostanti gli impianti di termovalorizzazione dei rifiuti in esercizio in regione Emilia-Romagna, che coinvolge gli Assessorati regionali all´Ambiente e alla Sanità e Arpa.
Il convegno "Polveri ultrafini e nanoparticelle", organizzato da Regione Emilia-Romagna, dall´Agenzia regionale prevenzione e ambiente (Arpa) e dall´Università di Ferrara, tenutosi il 14 novembre presso l´Ateneo ferrarese, ha fornito un quadro di sintesi sullo stato attuale delle conoscenze e sulle prospettive di ricerca e sviluppo in merito ai diversi aspetti del tema: le fonti di generazione, le modalità di diffusione nell´ambiente, le migliori tecnologie disponibili per ridurne l´emissione, le tecniche disponibili per monitorarle, gli effetti che producono sulla salute.
La sessione del mattino, incentrata sulle tecniche di monitoraggio e caratterizzazione chimico fisica delle polveri, ha visto la partecipazione, tra i relatori,di due esperti di fama internazionale:il prof. Kettrup dell´Università di Monaco di Baviera, e il prof. Mayer del TTM di Niederrudhorf, in Svizzera.
Le diverse relazioni hanno evidenziato la complessità del tema: per esempio, l´impossibilità di definire tecnologie che riducano contemporaneamente polveri fini e ultrafini (e dunque la necessità di bilanciare i rischi che derivano dalle diverse forme di combustione) e la relativa incertezza sulla misura degli impatti sanitari delle polveri.
Il convegno ha mostrato i risultati positivi che può fornire l´intreccio tra monitoraggio, ricerca, attività di prevenzione sanitaria. Di massima rilevanza è, dunque, la rete di collaborazioni tecnico scientifiche intessute negli anni tra enti di ricerca, servizi sanitari pubblici, università, enti di vigilanza e controllo.
La relazione del Direttore generale di Arpa, Alessando Bratti, ha mostrato la prossima organica ricaduta operativa di questo insieme di soggetti e di conoscenze su un caso particolare: l´organizzazione di un sistema di sorveglianza ambientale e di valutazione epidemiologica nelle aree circostanti gli impianti di incenerimento in esercizio in regione Emilia-Romagna.
Il progetto, che integra le competenze di Arpa con quelle degli Assessorati all´Ambiente e alla Sanità della Regione, si pone l´obiettivo di organizzare un Sistema di sorveglianza ambientale e sanitaria che consenta di valutare nel tempo sia le tendenze dell´inquinamento ambientale nelle aree circostanti gli inceneritori in esercizio, sia l´esposizione e i relativi effetti avversi sulla salute.
Dal 1° gennaio 2007 si avvieranno le fasi sperimentali di indagine, che prevedono il controllo delle emissioni in atmosfera riguardanti inceneritori diversi per tipologia e costruttiva e rifiuti trattati, con il conseguente sviluppo di metodologie d campionamento analoghe, e la definizione puntuale dei parametri da ricercare.
Già nella fase sperimentale saranno inoltre attivati gli strumenti, previsti dalle norme più recenti, di diffusione dei dati e di attuazione di piani comunicativi e di coinvolgimento delle popolazioni interessate alle emissioni.
L´assoggettamento degli inceneritori alla normativa europea Ippc, che prevede il rilascio di autorizzazione ambientale integrata per questo tipo di impianti - legata anche alla valutazione della adozione delle migliori tecniche disponibili per contenere gli effetti ambientali - salda la necessità di una forte evoluzione delle competenze del controllo con l´adozione di pratiche partecipative nell´elaborazione delle decisioni. (ARPA Emilia Romagna)____________________________________________________________
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