Radioattività, Portaluri a Nicastro: "su che basi si dice che non esistono criticità"
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Motivo del contendere le risultanze dell'incontro svoltosi nella mattinata di oggi "per la verifica della rete di monitoraggio della radioattività nell’ambiente secondo la normativa comunitaria".
Nel corso della riunione con i rappresentanti della Commissione Europea, i tecnici del Ministero dell’Ambiente e i tecnici dell’ARPA Puglia, Lorenzo Nicastro, Assessore alla Qualità dell’Ambiente, ha presentato la programmazione regionale per il monitoraggio dell’aria con particolare riferimento alla radioattività.
Nel pomeriggio, il Coordinamento Regionale della Puglia dell'Italia dei Valori ha diramato un comunicato stampa nel quale si specifica che "dall’incontro non emergono specifiche criticità".
Il dott. Portaluri ha subito scritto ai vertici pugliesi del Partito di Di Pietro chiedendo di conoscere "sulla base di quali misurazioni a Brindisi e a Taranto, dove le centrali a carbone e l'Ilva emettono Polonio210 e Piombo 210, si afferma che in Puglia non emergono "specifiche criticità".
Alla sua richiesta Portaluri ha allegato il link di un articolo redatto per Brundisium.net nello scorso mese di Ottobre nel quale si esponeva sommariamente il problema.
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Tra le diverse tracce di metalli, nella polvere di carbone sono presenti arsenico, nickel, berillio e mercurio.
"Il mercurio - scrive Portaluri - è un metallo molto tossico per l’uomo anche perché tende ad accumularsi negli organismi viventi. I suoi danni si esplicano principalmente a livello del sistema nervoso. Il carbone impiegato come combustibile ne contiene mediamente 0.3 mg per ogni chilogrammo. Dal 15-30% del mercurio viene emesso in atmosfera mentre la restante percentuale rimane nelle ceneri pesanti che vengono generalmente impiegate per la produzione di materiale edilizio".
"Altri componenti degni di nota delle emissioni da combustione del carbone - continua Portaluri - sono gli elementi radioattivi.
Il 90% degli elementi radioattivi emessi dalle centrali a carbone è costituito dal 210Polonio e dal 210 Piombo. Il primo impiega più di quattro mesi a dimezzare la propria radioattività, il secondo 22 anni. Il che significa che quando una particella di 210-Piombo, trasportata dalle polveri emesse dalle centrali, si deposita nei polmoni o in qualsiasi parte del nostro organismo, irradierà le nostre cellule per buona parte della nostra vita.
Dopo aver ricordato che le radiazioni sono cancerogene e che diversi studi hanno accertato che "la via principale di ingresso nell’organismo umano delle sostanze radioattive" è l'alimentazione (soprattutto cereali ed ortaggi),
Portaluri conclude il suo articolo chiedendo se "qualcuno ha misurato la radioattività al suolo e nei prodotti agricoli"__________________________________________________

Che l’uomo stia distruggendo la natura è un falso ideologico, sembra suggerirci Stefano Leoni, presidente di Wwf Italia. Perché «l’ambiente troverà sempre il suo equilibrio, mentre l’uomo sta distruggendo se stesso». La vera sfida, ci confida il presidente dell’associazione ambientalista, è reinventare un «homo oeconomicus», capace di applicare le leggi comuni al fine della tutela ambientale.
Presidente, come agirebbe oggi l’homo oeconomicus?
L’esperienza ci insegna che un’impresa è sostenibile se riesce a durare nel tempo. L’homo economicus in ambiente applica le leggi finanziarie: è colui che non si indebita con l’ambiente e fa sì che le risorse naturali siano ancora presenti per poi darle in gestione alla propria famiglia. Noi stiamo distruggendo le nostre risorse e andiamo oltre il carico di sopportabilità del nostro sistema.
A cosa dovrebbe ispirarsi?
Bisogna cominciare a considerare altri parametri di qualità del benessere, diversi da quelli di natura economica. Il Pil non ci dice nulla, anzi ci offre valori talvolta falsi. Ad esempio, che la distruzione corrisponde a ricchezza. Paradossi come la guerra, che accresce la ricchezza di una nazione, mostrano che non si tratta di un parametro affidabile. Ma per cominciare a discutere su quali possano essere i valori su cui tarare il nostro benessere sociale e collettivo occorre far avanzare la scienza su questo settore, conoscere i limiti che la nostra crescita può sostenere. Cominciare, in definitiva, a ragionare su quello che Ocse, Unione Europea e Fondo monetario indicano sul disaccoppiamento tra la crescita economica e il consumo di materiali. Perché noi consumiamo troppa materia prima e invece dovremmo riconvertirci a un’economia fatta di servizi.
Eppure in Italia si è tornati a parlare di nucleare e l’Adriatico si sta trasformando in un groviera di piattaforme petrolifere. Cosa ne pensa?
Questo tipo di programma energetico comincia a diventare vecchio.L’economia legata soltanto a un’energia di fonti a termine è destinata, anche se sarà tra cento anni, a fallire. Ci troveremo di fronte al disastro con l’approssimarsi di quella scadenza. Anche il nucleare è una vecchia, vecchissima economia. Anche questa a termine. Si dovrebbe incominciare, invece, a lavorare sulle energie da fonti rinnovabili e diminuire gli impatti. La più grande centrale che possiamo oggi costruire in Italia è quella del risparmio. Noi abbiamo oggi un eccesso di produzione energetica rispetto a quanto possiamo effettivamente consumare. Come è stato dimostrato, infatti, se mettessimo in efficienza i nostri sistemi, da qui al 2020 risparmieremmo il 40 per cento dell’energia oggi prodotta e consumata nel nostro Paese.
Quale modello energetico dovrebbe guidare le scelte di politica ambientale?
Noi sosteniamo le iniziative referendarie sull’acqua e contro il nucleare. Il problema è che, in entrambi i casi, le soluzioni prospettate offrono solamente accentramenti di gestioni delle risorse invece che una gestione distribuita.Quando si hanno oligopoli e monopoli su fonti energetiche ben precise si controlla di fatto anche la società. Se invece si ragionasse sulla produzione diffusa, sviluppando anche l’autoproduzione, si renderebbero tutti indipendenti dal gestore della distribuzione dell’acqua e dell’energia. E si realizzerebbe la più grande rivoluzione democratica della storia. Lobby come Enel o Edf lavorano per se stesse e difendono i loro profitti. Fanno interesse di impresa. Mentre la politica è sempre più incerta e questa debolezza si traduce in atti e programmi che si fanno in base ai sondaggi. L’ideologia oramai si percepisce come azione di mercato. E questo è accaduto anche a Copenaghen. Il suo fallimento è dovuto al fatto che le nazioni non hanno saputo dare una risposta economica e hanno conservato invece posizioni di rendita. Serve qualcuno che alzi il dito per dire “questa è la strada che dobbiamo seguire”. Questo dito poteva essere alzato a Copenaghen ma c’è stato, metaforicamente, un crampo alla mano
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Tratto da Ecologiae
Buone notizie dal fronte della lotta all’inquinamento. Nonostante gli Stati Uniti non si siano impegnati, come hanno fatto le altre nazioni, a fissare un tetto e delle scadenze per la riduzione delle emissioni, oggi arriva l’annuncio che i più grandi emettitori di gas ad effetto serra del mondo potrebbero fermare completamente le emissioni dibiossido di carbonio dalle centrali elettriche a carbone entro il 2030.
Se ciò fosse vero, sarebbe un passo fondamentale per controllare il riscaldamento globale, e sembra possibile utilizzando la tecnologia che già oggi esiste, integrata con quella che potrebbe essere commercialmente disponibile entro un decennio, secondo un gruppo di scienziati, ingegneri e architetti che hanno effettuato la stima. Questa è la conclusione di un articolo pubblicato sull’American Chemical Society, la rivista mensile dell’Environmental Science & Technology (ES & T).
Queste sono per ora solo anticipazioni, visto che l’articolo completo uscirà a giugno.
Pushker Kharecha e i colleghi del NASA’s Goddard Institute for Space Studies, del Columbia University Institute, del National Renewable Energy Laboratory, e del 2030 Inc./Architecture 2030 dicono che il problema globale del cambiamento climatico diventerebbe gestibile solo se la società si occupasse rapidamente delle emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione del carbone nelle centrali elettriche.
L’unico modo pratico per conservare un pianeta simile a quello dell’Olocene (il mondo di oggi) con costi ragionevolmente stabili, e conservare le specie, è di eliminare rapidamente le emissioni di carbone e di vietare le emissioni non convenzionali dei combustibili fossili come gli scisti bituminosi e le sabbie di catrame
è la loro conclusione.
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