Tratto da Greenreport
Ucraina: la bomba a tempo inquinante delle miniere di carbone ha il timer impazzito
LIVORNO. Secondo quanto emerge dalla relazione finale della missione congiunta di esperti dell'Onu e dell'Unione europea a Kalush, nella regione di Ivano-Frankivs'ka, in 'Ucraina,
I nove membri del team della missione, che includevano esperti in gestione delle emergenze, problematiche ambientali, riduzione dei rischi, in idrogeologia e dighe di contenimento, è stato formato dal Disaster Assessment and Coordination dell'Onu (Undac) Monitoring and Information Centre della Commissione europea.
Un comunicato congiunto del Coordinamento degli affari umanitari dell'Onu (Ocha) e del Programma Onu per l'ambiente (Unep) definisce "critica" la situazione di Kalush e, citando i risultati della missione, spiega che «Esiste una finestra di opportunità per evitare che la situazione esistente si deteriori in un disastro. In tal senso, occorre un'azione immediata per affrontare e risolvere i problemi individuati».
La missione, svoltasi a marzo su richiesta delle autorità ucraine, ha individuato un'alta probabilità che le scorie di una miniera a cielo aperto possano tracimare nel fiume Sivka a causa del collasso delle dighe di contenimento delle vecchie miniere e quindi diffondere nell'ambiente un pericoloso inquinante organico persistente, l'esaclorobenzene o perclorobenzene (Hbc), la cui produzione è stata proibita dalla Convenzione di Stoccolma, una sostanza cancerogena che con brevi esposizioni può causare irritazione a occhi, pelle e vie respiratorie, mentre la presenza nell'ambiente causa malattie epatiche e lesioni cutanee. E' soprattutto pericoloso per i neonati: infatti è in grado di attraversare la placenta e si accumula nel tessuto fetale e nel latte materno.
Una mappa allegata alla documentazione della missione Onu-Ue (Nella foto) illustra i possibili punti di collasso dei bacini minerari a Kropyvnyk, Sivka-kaluska and Kalush e gli esperti spiegano che «Si tratta solo di dati "charter" per fornire una rapida panoramica del territorio a supporto dell'team dell'United Nations Disaster Assessment and Coordination (Undac)».
La situazione sul terreno è molto peggio di quella già pessima che si intravede dalle foto satellitari di Unosat: il selvaggio sfruttamento minerario della zona Kalush ha lasciato in eredità un territorio instabile e soggetto a subsidenza, con le dighe vetuste e non mantenute che contengono i bacini minerari a rischio per lo scioglimento della neve e per le inondazioni primaverili e con le acque superficiali ormai salinizzate e fortemente contaminate.
La missione Onu-Ue, accompagnata da esperti ucraini, ha valutato la precaria stabilità delle dighe e i rischi di cedimento delle strutture, facendo anche prelievi in un vicino sito di stoccaggio di rifiuti pericolosi per individuare potenziali minacce per le comunità locali. Inoltre ha valutato la gestione delle organizzazioni di emergenza nella regione, per individuare le misure di riduzione del rischio e altre iniziative per ridurre al minimo l'impatto di qualsiasi disastro ambientale sulla popolazione. E' risultato che le miniere di carbone abbandonate dell'Ucraina sono una vera e propria bomba inquinante a tempo con il timer impazzito, pronta ad esplodere.
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Tratto da "La voce dell'emergenza"
Polveri sottili e depuratori, la UE bacchetta l’Italia
Bruxelles ha inviato all’Italia un ultimo avvertimento scritto in relazione agli sforamanto dei limiti relativi alle polveri sottili. Deferimento alla Corte ue, invece, per la violazione della normativa sul trattamento delle acque reflue
L’Italia è finita nel mirino di Bruxelles per due procedure d’infrazione sul fronte ambientale. L’Ue ha infatti dichiarato ‘guerra’ alle PM10, le particelle sottili che inquinano l’aria, e ha deciso di inviare all’Italia un ultimo avvertimento scritto: “Se non prende le misure per conformarsi alla normativa europea, la Commissione Ue potrà ricorrere alla Corte di giustizia europea“.
Non è invece un avvertimento, ma un invio sul banco degli imputati alla Corte Ue, la seconda decisione presa da Bruxelles nei confronti dell’Italia (e della Spagna), per la violazione della normativa Ue nel trattamento delle acque reflue in numerose città italiane. Secondo Bruxelles sono “circa 178 i centri urbani italiani che non si sono ancora conformati alla direttiva Ue: tra questi, Reggio Calabria, Lamezia Terme, Capri, Caserta, Ischia, Messina, Palermo, San Remo, Albenga, Vicenza“.
Il provvedimento indica che Italia e Spagna “avrebbero dovuto predisporre entro il 31 dicembre 2000 sistemi adeguati per convogliare e trattare le acque nei centri urbani con oltre 15.000 abitanti“. Sulle Pm10, in particolare, è intervenuto il commissario europeo all’ambiente Janez Potoknik che ha messo in guardia: “L’inquinamento atmosferico continua a causare più di 350.000 morti premature in Europa. In Italia - ha aggiunto - sono ancora troppi i luoghi dove, per ogni 10.000 abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle particelle sottili“.
La PM10, provenienti essenzialmente dalle emissioni industriali, dal traffico e dagli impianti di riscaldamento domestico, possono infatti causare asma, problemi cardiovascolari, tumore ai polmoni e morte prematura. La sfida è dunque di rispettare i valori limite sulla qualità dell’aria, anche perché le richieste di proroga presentate dall’Italia“sono state in gran parte respinte“. Le ragioni, spiega Bruxelles:
“Non soddisfacevano tutte le condizioni previste dalla normativa, in particolare la garanzia del rispetto dei valori limite Ue entro il termine della proroga”.
Le richieste riguardavano “circa 80 zone situate in 17 regioni e province autonome”. I valori limite per il PM10 impongono una concentrazione annuale di 40 microgrammi per m3 e una giornaliera di 50 microgrammi per m3, che non può essere superata più di 35 volte per anno civile. La palla è ora nel campo dell’Italia. (Ansa, tratto da La Nuova Ecologia)
Tratto da "La voce dell'emergenza"
Polveri sottili e depuratori, la UE bacchetta l’Italia
Bruxelles ha inviato all’Italia un ultimo avvertimento scritto in relazione agli sforamanto dei limiti relativi alle polveri sottili. Deferimento alla Corte ue, invece, per la violazione della normativa sul trattamento delle acque reflue
L’Italia è finita nel mirino di Bruxelles per due procedure d’infrazione sul fronte ambientale. L’Ue ha infatti dichiarato ‘guerra’ alle PM10, le particelle sottili che inquinano l’aria, e ha deciso di inviare all’Italia un ultimo avvertimento scritto: “Se non prende le misure per conformarsi alla normativa europea, la Commissione Ue potrà ricorrere alla Corte di giustizia europea“.
Non è invece un avvertimento, ma un invio sul banco degli imputati alla Corte Ue, la seconda decisione presa da Bruxelles nei confronti dell’Italia (e della Spagna), per la violazione della normativa Ue nel trattamento delle acque reflue in numerose città italiane. Secondo Bruxelles sono “circa 178 i centri urbani italiani che non si sono ancora conformati alla direttiva Ue: tra questi, Reggio Calabria, Lamezia Terme, Capri, Caserta, Ischia, Messina, Palermo, San Remo, Albenga, Vicenza“.
Il provvedimento indica che Italia e Spagna “avrebbero dovuto predisporre entro il 31 dicembre 2000 sistemi adeguati per convogliare e trattare le acque nei centri urbani con oltre 15.000 abitanti“. Sulle Pm10, in particolare, è intervenuto il commissario europeo all’ambiente Janez Potoknik che ha messo in guardia: “L’inquinamento atmosferico continua a causare più di 350.000 morti premature in Europa. In Italia - ha aggiunto - sono ancora troppi i luoghi dove, per ogni 10.000 abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa delle particelle sottili“.
La PM10, provenienti essenzialmente dalle emissioni industriali, dal traffico e dagli impianti di riscaldamento domestico, possono infatti causare asma, problemi cardiovascolari, tumore ai polmoni e morte prematura. La sfida è dunque di rispettare i valori limite sulla qualità dell’aria, anche perché le richieste di proroga presentate dall’Italia“sono state in gran parte respinte“. Le ragioni, spiega Bruxelles:
“Non soddisfacevano tutte le condizioni previste dalla normativa, in particolare la garanzia del rispetto dei valori limite Ue entro il termine della proroga”.
Le richieste riguardavano “circa 80 zone situate in 17 regioni e province autonome”. I valori limite per il PM10 impongono una concentrazione annuale di 40 microgrammi per m3 e una giornaliera di 50 microgrammi per m3, che non può essere superata più di 35 volte per anno civile. La palla è ora nel campo dell’Italia. (Ansa, tratto da La Nuova Ecologia)
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