Un inceneritore sfora di 130 volte il tetto di diossina
Eravamo in allerta per l’Ilva e non ci siamo resi conto che il rischio era sotto i nostri occhi.
Con una disposizione del 18 giugno, numero di protocollo 53205, la Provincia di Lecce, tramite il Servizio Ambiente e Polizia Provinciale ha immediatamente diffidato e sospeso dall’autorizzazione all’esercizio l’impianto di termodistruzione di rifiuti speciali e sanitari di proprietà della Biosud srl, sito in Contrada Mazzarella, a cinque chilometri da Surbo e venti da Lecce, gestore di un business che si aggira intorno ai due milioni e mezzo di euro.
Il motivo di questo provvedimento drastico sta nella lettura dei dati allarmanti che l’Arpa ha rilevato in un controllo a bocca di camino del 27 novembre 2009: una concentrazione di diossine totali pari a 13,70 ng TE/Nmc (nanogrammi per metro cubo), ben centotrenta volte superiore al limite di nanogrammi previsto per metro cubo, cioè 0,1. La Biosud deve rispettare questo limite perché soggetta al Decreto legislativo 133 del 2005, che recepisce le norme europee riguardo ai valori limite delle emissioni in atmosfera per gli inceneritori.
Il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’ Asl di Lecce ha inoltre trasmesso al servizio della provincia un provvedimento del 17 giugno nel quale è sottolineato l’evidente pericolo per la salute pubblica e si richiede la sospensione immediata fino a quando l’azienda non avrà disposto il necessario adeguamento di impianti per rientrare nella normalità.
Preso atto di tali provvedimenti, la Provincia si è appellata al decreto legislativo 152 del 2003 che prevede appunto la diffida e la sospensione da parte dell’autorità competente. Cancerogeno: questo è il simbolo associato a sostanze che, come la diossina, sono sicuramente cancerogene per l'uomo
In attesa di ascoltare la dirigenza della Biosud, che avrebbe dovuto consegnare memorie e osservazioni entro il 28 giugno, si sa che l’Arpa è stata formalmente invitata proprio nei giorni scorsi a effettuare nuove analisi.
Ma sorge una domanda, cui speriamo di ricevere
risposta. E (sper)giuriamo di essere davvero sorpresi. Consideriamo un fatto: la Biosud esiste ormai da anni sul territorio vanta di avere un servizio efficientissimo di rilevamenti e analisi, fornito dal Consorzio interuniversitario nazionale “La chimica per l’ambiente”, meglio noto come Inca, un consorzio fondato da cinque poli universitari, quello del Salento,quello veneziano della Ca’ Foscari, quello della Tuscia di Viterbo, quello di Milano e quello di Firenze. Un consorzio in cui confluiscono finanziamenti pubblici, ministeriali, destinati anche alle attività di ricerca. Come mai c’è stato bisogno dell’intervento dell’Arpa per segnalare questa pesante infrazione? Se è vero che l’azienda provvede ora che è stata tirata per il bavero a rimodernare e adeguare gli impianti, come possiamo continuare a dar credito e fiducia a chi ci rassicura di non avere la testa fra le nuvole di diossina? La Regione Puglia imponga all'Ilva di installare immediatamente il campionatore in continuo della diossina
In provincia di Lecce, a Surbo, un inceneritore ha superato di 137 volte i limiti di diossina.
Il sindaco di Surbo, Daniele Capone, ha richiesto il campionamento in continuo della diossina.
Questa vicenda inquietante ripropone l'importanza e l'urgenza dell'applicazione della tecnologia del campionamento in continuo della diossina, previsto dall'articolo 3 della legge regionale antidiossina.
Altamarea sollecita la Regione Puglia ad applicare questa prescrizione contenuta nella legge regionale.
Esiste la legge, esiste la tecnologia per controllare. Vogliamo un'effettiva applicazione di entrambe.
Che esista una tecnologia per il controllo continuativo della diossina lo testimonia l'Autorizzazione Integrata Ambientale dell'acciaieria Beltrame di Torino, che alleghiamo.Continua sull'articolo integrale
___________________________________________
Tratto da La voce dell'emergenza
Roma, inceneritore nei pressi di un asilo
Caso Basf, cittadini contro la Provincia: “Ha dato l’autorizzazione ambientale e ci porta al Tar”. L’ultimo capitolo della vicenda dell’azienda di dismissione di prodotti chimici vede la Provincia concedere l’autorizzazione integrata ambientale e portare la vicenda al Tar, costringendo i cittadini a spese processuali insostennibili
“Se sta lì muori, se se ne va licenzia, se lavora uccide i tuoi figli”. E’ amaro il commento di Mario residente della zona di Case Rosse, dove da anni i residenti combattono contro un mostro ecologico che metter a rischio la salute dei bambini. Parliamo della Basf, caso che oggi torna purtroppo agli onori delle cronache.
Oramai sono passati 8 anni da quando scoppiò il caso di questa azienda di dismissione di catalizzatori attraverso prodotti chimici. La ditta in loco dal 1956, si chiamava Engelhard fu affiancata nel 2002 da un complesso residenziale con annessi servizi tra cui un asilo nido.
Trecento venticinque metri di distanza dall’asilo, 5 tonnellate di sostanze tossiche - nocive bruciate al giorno 30% in più di mortalità di cancro nella zona non sono bastate per dare un svolta alla situazione.
Nessun commento:
Posta un commento