
Nasce il “primo osservatorio” globale su inquinamento da mercurio
Una rete costituita da 40 siti fissi a diverse altitudini e latitudini: postazioni off-shore, piattaforme aeree, sensori in grado di monitorare in tempo reale una sostanza estremamente inquinante e una delle più nocive per la salute umana. Questo l’obiettivo di Global Mercury Observation System (Gmos), l’osservatorio mondiale sull’inquinamento da mercurio
Sarà presentato domani a Roma, nella sede del Consiglio nazionale delle ricerche: il progetto Gmos, dal costo complessivo di circa 10 milioni di euro, vedrà impegnati esperti provenienti da 34 università e istituzioni di ricerca da tutto il mondo per la realizzazione di un network globale di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico e marino da mercurio, con punti di rilevazione persino nelle aree polari presso le basi di Ny Alesund sulle Svalbard Islands in Artico e la base italo-francese Dome-C in Antartide. I vari snodi della rete saranno poi collegati ad una centrale di smistamento dei dati, la Sezione di Rende dell’Iia, Istituto sull’inquinamento atmosferico-Cnr, che coordina il progetto nell'ambito di una partnership globale che fa capo al Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (Unep). Quest’ultima, dopo averli rielaborati, li comunicherà all’Unione europea e alle maggiori istituzioni internazionali. "L’infrastruttura sarà concepita, in particolare, per fornire dati essenziali al fine di verificare l’efficacia delle politiche ambientali internazionali", spiega Nicola Pirrone, direttore dell’Iia-Cnr e coordinatore Gmos.
Sarà “il primo osservatorio al mondo – sottolinea Pirrone – per studiare le dinamiche del mercurio atmosferico a scala globale, direttamente o indirettamente riconducibili alle emissioni inquinanti di centrali termoelettriche, inceneritori, impianti siderurgici e industriali
ma anche il contributo delle emissioni da incendi boschivi e da sorgenti naturali come i vulcani”.
Di particolare interesse il ruolo delle postazioni off-shore e dalle campagne oceanografiche, che aiuteranno a comprendere “le interazioni atmosfera-oceano, di enorme importanza nello studio degli inquinanti atmosferici”, ma anche le piattaforme di osservazione a bordo di voli intercontinentali, "per studiare le interazioni nella parte alta della troposfera-bassa stratosfera".
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Tratto da Sibari.it
CONSIGLIO REGIONALE E' CONTRARIO ALLA RICONVERSIONE A CARBONE |
APPROVATA UNA MOZIONE: VIVA SODDISFAZIONE DEL SINDACO FILARETO E DEL PARLAMENTARE DIMA
Rossano - "La mozione contro le riconversioni a carbone delle centrali di Rossano e di Saline Joniche, approvate ieri, all’unanimità, dal Consiglio Regionale, rappresenta il raggiungimento di un ottimo risultato per la salvaguardia dell’ambiente e per il futuro della nostra terra e una bella pagina della storia istituzionale e democratica della nostra regione.
I Consiglieri regionali – ha sostenuto Filareto- hanno raccolto le istanze del territorio che ha detto “no” sin dal principio a forme di sviluppo neocolonialiste che non tenessero conto della compatibilità con il territorio che ha altre vocazioni. ....Leggi
Il Sindaco di Rossano Franco Filareto
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Rinvio a giudizio per la “ Marlane Marzotto “
Dopo 10 anni ritorna il processo per danni ambientali
di Stefano Federici
107 persone decedute per tumore, molte altre ammalate, un territorio devastato ed inquinato, questo quanto lasciato a Praia a Mare ed alla sua popolazione dalla Marlane Marzotto di Valdagno (Vi) chiusa nel 2004.
Ci sono voluti oltre 10 anni di lotte dei lavoratori e del sindacato Slai-cobas, unico sindacato che li difende e che si è anche costituito parte civile, per arrivare, dopo 4 mesi e 6 udienze preliminari, al rinvio a giudizio per omicidio plurimo per inosservanza delle regole antinfortunistiche e disastro esterno (ambientale) ed interno per la mancata tutela dei lavoratori.Venerdì 12 novembre nel tribunale di Paola, p.m. Antonella Lauri e Gup Salvatore Carpino, sono stati rinviati a giudizio Pietro Marzotto (cav. del lavoro già conte di Valdagno e presidente dell’Associazione Industriali di Vicenza).........
L’azienda fu fondata negli anni ’50 dal conte Rivetti e produceva tessuti, per lo più divise militari. I reparti erano divisi tra loro da mura.
Poi nel 1969 passò nelle mani dell’ Eni – Lanerossi e, successivamente, nel 1987, al gruppo Marzotto per 173 miliardi di lire. Per i 200 lavoratori espulsi, la finanziaria dell’Eni mise a disposizione, per ognuno di loro, 44 milioni per una riallocazione occupazionale mai avvenuta.La fabbrica, appena gestita dalla Lanerossi, tolse le mura divisorie e così divenne tutto un ambiente unico in cui convergevano tessitura e orditura, filatura e tintoria e così i fumi provenienti dalle sostanze chimiche della coloritura si espandevano ovunque.
Non c’erano aspiratori funzionanti e gli operai gettavano i coloranti in vasche aperte senza alcuna protezione. Nella fabbrica c’era anche l’amianto presente nelle pastiglie dei freni dei telai, che, consumandosi, emettevano polveri respirate da tutti.
A fine giornata veniva “donata” una busta di latte ad ogni lavoratore, unico rimedio ai veleni respirati durante tutto il turno di lavoro. Nel 1996 la tintoria veniva chiusa.
I danni sembrano anche estesi all’ambiente circostante. Dietro la Marlane Marzotto ci sono scavi in cui sono stati rinvenuti rifiuti tossici.
Le parole di Mara Malavenda, dirigente nazionale dello Slai-cobas che, insieme allo studio dell’avvocato Senatore di Napoli e all’avv. Natalia Branda di Diamante, hanno lottato insieme ai lavoratori, sono la sintesi migliore di quanto sia stato difficile ottenere questo primo risultato:
“Nel trentennale silenzio, ancora incombente, delle istituzioni preposte al controllo della salute in fabbrica e del territorio, (sindacati confederali e partiti di centrodestra, centrosinistra, e media collegati), oggi la Marlane Marzotto è sotto processo… le gravi colpe aziendali e le inquietanti relazioni di complicità di chi, preposto alla tutela dei lavoratori, ha invece ‘tutelato’ l’illecito comportamento aziendale e consentito la strage e l'irreparabile disastro ambientale, mentre è ancora in atto lo stillicidio dei morti e dei malati di cancro ad anni dalla chiusura degli impianti.
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