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Tratto da Qualenergia
Se scoppia la bolla della CO2, le fossili come i subprimes
17 febbraio 2012
Gli investimenti ad alta intensità di gas
serra, fonti fossili in primis, potrebbero essere i nuovi mutui
subprimes e minare alle fondamenta la stabilità finanziaria dell'intero
sistema economico mondiale. E' il pericolo “carbon bubble”,
la bolla della CO2 che potrebbe scoppiare con conseguenze difficili da
calcolare. Su queste pagine lo abbiamo raccontato più volte e anche nel mondo finanziario si è sempre più coscienti di questo rischio.
In questi ultimi giorni, in contemporanea, da una parte un grande
gruppo di investitori si sta rivolgendo alla Banca Centrale Europea
proprio per richiamare l'attenzione sul problema, mentre dall'altra Al
Gore e l'ex-dirigente Glodman Sachs, David Blood, mettono in evidenza il
rischio “carbon bubble” tra i punti principali del loro “manifesto per
un capitalismo sostenibile”.
Cos'è la
“bolla della CO2”? Per semplificare è il fatto che una grossa fetta
della capitalizzazione dell'economia mondiale è basata su investimenti che non posson dare frutti se
si vorranno evitare le conseguenze più disastrose del cambiamento
climatico. Asset, spesso in mano anche a grandi fondi pensione e Stati,
che in pratica potrebbero rivelarsi fasulli.
Una
quantità enorme di denaro è infatti impegnata in carbone, petrolio e
gas che in futuro probabilmente non potranno essere estratti: con le
politiche necessarie a limitare il riscaldamento globale, circa l'80%
delle riserve su cui si è finora investito infatti non potrà essere
sfruttato (vedi Qualenergia.it). Questo significa che si stanno trattando come asset riserve che sono pari a 5 volte il budget che si potrà usare
nei prossimi 40 anni. Poiché la capitalizzazione legata alle risorse
fossili su varie Borse ha un ruolo molto importante (20-30% in Borse
come quella australiana, Londra, Mosca, Toronto e San Paolo), le conseguenze a catena
per l'economia mondiale potrebbero anche essere catastrofiche quando si
scoprirà che gran parte di quegli investimenti valgono poco o nulla.
Un
concetto che in questi giorni ritorna in avvertimenti che provengono
dallo stesso mondo della finanza. “Dato che non se ne conosce il vero
valore, questi asset obsoleti hanno il potenziale per ridurre il valore a
lungo termine non solo di compagnie a ma di interi settori”, si legge nel manifesto di Al Gore e David Blood
(vedi allegato) che hanno dato vita a un fondo di investimenti “verdi”,
il Generation Investment Management. “Esattamente quello che è successo
quando il reale valore dei mutui subprimes è stato riconosciuto”, dicono i due.
Finché non ci saranno politiche che stabiliscano chiaramente e universalmente un prezzo da pagare per le esternalità negative, emissioni in primis, sarà molto difficile quantificare l'impatto che questi asset “fasulli” potranno avere sull'economia, si spiega.
La stessa preoccupazione è espressa nella lettera che gli investitori dei fondi Aviva Investors e Climate Change Capital si stanno preparando a spedire a Mario Draghi alla BCE, dopo aver già scritto nelle settimane scorse alla Bank of England (vedi secondo allegato). Si parla di “rischio sistemico per la stabilità finanziaria”
dovuto all'alta concentrazione di investimenti ad alta intensità di CO2
in Europa. “L'entità della nostra esposizione finanziaria collettiva a
investimenti dedicati all'estrazione, ad alta intensità di emissioni e
ambientalmente non sostenibili, può divenire un grosso problema nella
transizione all'economia low-carbon”.
“Sia
nell'FTSE 100 che nel CAC 40, due tra i più importanti indici azionari
nell'Unione europea - spiegano gli investitori - le compagnie
specializzate in petrolio e gas costituiscono circa il 20% della
capitalizzazione del mercato. I livelli di esposizione aumentano
ulteriormente se si includono altre risorse naturali e compagnie che
producono energia con alta intensità di CO2. Al momento i regolatori non stanno monitorando
la concentrazione di investimenti ad alta intensità di carbonio nel
sistema finanziario e non hanno idea di quale sia un livello da
considerare troppo alto”.
17 febbraio 2012
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