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18 febbraio 2012

Se scoppia la bolla della CO2 ..............le fossili come i subprimes

 DEDICATO A COLORO  CHE  PER NOI VOGLIONO A TUTTI I COSTI ALTRI 50 ANNI DI CARBONE..........

Tratto da Qualenergia

Se scoppia la bolla della CO2, le fossili come i subprimes

Gli investimenti ad alta intensità di gas serra, fonti fossili in primis, potrebbero essere i nuovi mutui subprimes e minare alle fondamenta la stabilità finanziaria dell'intero sistema economico mondiale. E' il pericolo “carbon bubble”, la bolla della CO2 che potrebbe scoppiare con conseguenze difficili da calcolare. Su queste pagine lo abbiamo raccontato più volte e anche nel mondo finanziario si è sempre più coscienti di questo rischio. In questi ultimi giorni, in contemporanea, da una parte un grande gruppo di investitori si sta rivolgendo alla Banca Centrale Europea proprio per richiamare l'attenzione sul problema, mentre dall'altra Al Gore e l'ex-dirigente Glodman Sachs, David Blood, mettono in evidenza il rischio “carbon bubble” tra i punti principali del loro “manifesto per un capitalismo sostenibile”.
Cos'è la “bolla della CO2”? Per semplificare è il fatto che una grossa fetta della capitalizzazione dell'economia mondiale è basata su investimenti che non posson dare frutti se si vorranno evitare le conseguenze più disastrose del cambiamento climatico. Asset, spesso in mano anche a grandi fondi pensione e Stati, che in pratica potrebbero rivelarsi fasulli.
Una quantità enorme di denaro è infatti impegnata in carbone, petrolio e gas che in futuro probabilmente non potranno essere estratti: con le politiche necessarie a limitare il riscaldamento globale, circa l'80% delle riserve su cui si è finora investito infatti non potrà essere sfruttato (vedi Qualenergia.it). Questo significa che si stanno trattando come asset riserve che sono pari a 5 volte il budget che si potrà usare nei prossimi 40 anni. Poiché la capitalizzazione legata alle risorse fossili su varie Borse ha un ruolo molto importante (20-30% in Borse come quella australiana, Londra, Mosca, Toronto e San Paolo), le conseguenze a catena per l'economia mondiale potrebbero anche essere catastrofiche quando si scoprirà che gran parte di quegli investimenti valgono poco o nulla.
Un concetto che in questi giorni ritorna in avvertimenti che provengono dallo stesso mondo della finanza. “Dato che non se ne conosce il vero valore, questi asset obsoleti hanno il potenziale per ridurre il valore a lungo termine non solo di compagnie a ma di interi settori”, si legge nel manifesto di Al Gore e David Blood (vedi allegato) che hanno dato vita a un fondo di investimenti “verdi”, il Generation Investment Management. “Esattamente quello che è successo quando il reale valore dei mutui subprimes è stato riconosciuto”, dicono i due.
Finché non ci saranno politiche che stabiliscano chiaramente e universalmente un prezzo da pagare per le esternalità negative, emissioni in primis, sarà molto difficile quantificare l'impatto che questi asset “fasulli” potranno avere sull'economia, si spiega.
La stessa preoccupazione è espressa nella lettera che gli investitori dei fondi Aviva Investors e Climate Change Capital si stanno preparando a spedire a Mario Draghi alla BCE, dopo aver già scritto nelle settimane scorse alla Bank of England (vedi secondo allegato). Si parla di “rischio sistemico per la stabilità finanziaria” dovuto all'alta concentrazione di investimenti ad alta intensità di CO2 in Europa. “L'entità della nostra esposizione finanziaria collettiva a investimenti dedicati all'estrazione, ad alta intensità di emissioni e ambientalmente non sostenibili, può divenire un grosso problema nella transizione all'economia low-carbon”.
“Sia nell'FTSE 100 che nel CAC 40, due tra i più importanti indici azionari nell'Unione europea - spiegano gli investitori - le compagnie specializzate in petrolio e gas costituiscono circa il 20% della capitalizzazione del mercato. I livelli di esposizione aumentano ulteriormente se si includono altre risorse naturali e compagnie che producono energia con alta intensità di CO2. Al momento i regolatori non stanno monitorando la concentrazione di investimenti ad alta intensità di carbonio nel sistema finanziario e non hanno idea di quale sia un livello da considerare troppo alto”.
Allegati

15 luglio 2011

AMPLIAMENTO TIRRENO POWER:L’indagine epidemiologica può frenare i lavori

Tratto da IL SECOLO IX

L’ampliamento della centrale a carbone

L’indagine epidemiologica
può frenare i lavori


Genova - I lavori per l’ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure potrebbero slittare di sei o otto anni. È quanto ha rivelato il sindaco di Vado Ligure Attilio Caviglia questa mattina a Radio19 spiegando come «nella questione ampliamento che si è dibattuta a Roma, c’è una prescrizione, la A23, che dice che prima degli inizi dei lavori deve essere effettuata un’indagine epidemiologica.

L’indicazione è della Via (procedura amministrativa di valutazione di impatto ambientale). Un’indagine seria dura tra i sei e gli otto anni». Caviglia, ai microfoni della radio del SecoloXIX non ha nascosto, che questo vincolo verrà utilizzato per frenare l’ampliamento che l’altro giorno ha avuto il via libera dalla conferenza dei servizi riunitasi a Roma.

«La cosa importante - continua il primo cittadino - sono le indagini sulla salute e i monitoraggi dell’aria. Il problema vero di questo accordo, infatti, non è tanto il nuovo gruppo elettrogeno, ma che i due gruppi vecchi, obsoleti tecnologicamente, rimarranno in funzione rispettivamente per sei e otto anni».

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Tratto da Savona News

Il Movimento Difesa Ambiente di Savona "Burlando potenzia a carbone: uno schiaffo alla popolazione che chiedeva e chiede la metanizzazione"

"Ancora una volta, senza tenere in alcun conto la protesta di gran parte della popolazione del savonese e dei Comuni della Provincia di Savona, la Regione delibera ed approva in Conferenza dei servizi il potenziamento della centrale a carbone di Vado Ligure con un nuovo gruppo a carbone da 460 MW e come già proposto nel 2007 da Tirreno Power..."


"La Regione nel deliberare a favore del potenziamento non ha tenuto in alcun conto l’enorme documentazione scientifica, con studi anche regionali, che dimostra gli effetti nefasti della continua combustione del carbone per circa 40 anni nella nostra Provincia, con aumento delle patologie cardiocircolatorie, polmonari, tumorali e degenerative, danni alle coltivazioni, piogge acide sulle foreste, effetti sul clima locale con aumento della nuvolosità estiva e relativi danni al turismo nonché effetti devastanti sul clima mondiale per l’enorme produzione di anidride carbonica (CO2).

I danni quantificati con i criteri della UE ammontano a circa 140 milioni di euro ogni anno - proseguono il Biologo Virginio Fadda e il pneumologo Agostino Torcello del MO.D.A. - E’ ben noto infatti che
il carbone è il peggior combustibile per la produzione massiva in atmosfera di SO2, NOx, CO2, polveri sottili, metalli pesanti, IPA, radioattività ecc. maggiore di altri combustibili quali ad esempio il metano o l’olio combustibile STZ.

Fatto ancora più grave è che la Regione almeno avrebbe potuto imporre a Tirreno Power l’immediata chiusura degli obsoleti gruppi a carbone 3 e 4 degli anni ’60, da almeno 5 anni funzionanti contro le norme italiane e dell’Unione Europea
(IPPC – AIA),
mentre invece nella delibera regionale si dà per scontata l’autorizzazione AIA su tali gruppi prima ancora che ne sia stata completata la relativa procedura, e quando anche la stessa regione aveva dichiarato che tali gruppi non possono essere ristrutturati secondo le obbligatorie migliori teconologlie disponibili (BAT).

In sostanza oltre al potenziamento a carbone di 460 MWe ci troveremo durante la costruzione di tale nuovo gruppo e di altri 2 nuovi da 660 MWe in sostituzione dei vecchi,
per almeno 9 anni, i vecchi gruppi a carbone funzionanti a pieno regime, inquinanti e non a norma favorendo solo gli interessi di T. Power e con la possibilità in più di bruciare i rifiuti come CDR (prevista dal Piano Provinciale rifiuti approvato dalla Regione) aggiungendo ai fumi del carbone le pericolosissime diossine e metalli pesanti peggio di un moderno e già pericoloso inceneritore!

Per tali ragioni riteniamo che il Presidente Burlando, la Regione insieme con la Provincia di Savona con tali decisioni CONTRO OGNI LOGICA a favore del carbone, si siano dimostrati decisamente dalla parte di Tirreno Power promuovendone il devastante progetto di potenziamento e contro i cittadini che da più di 40 anni subiscono i gravissimi effetti della centrale con danno anche dell’economia regionale per i giganteschi costi esterni del carbone (140 milioni €/anno).

Infine
ci aspettiamo almeno adeguati ricorsi al TAR contro la delibera regionale da parte dei Comuni di Vado, Quiliano e Savona che risentono in modo massiccio dell’inquinamento della centrale e che, pur accettandone sempre la sua combustione in centrale, si sono espressi contrari al potenziamento a carbone."
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LEGGETE L' ULTERIORE POTENZIALE NEGATIVO DEL CARBONE
ANCHE SULL'ECONOMIA MONDIALE


Leggi su Qualenergia

Gli investimenti in fonti fossili saranno i prossimi subprimes?

Troppi investimenti in fonti fossili rispetto a quanto si potrà estrarre alla luce della lotta ai cambiamenti climatici. La denuncia arriva da un report di Carbon Tracker Initiative. Al mercato, Stati e fondi pensione manca la visione sul lungo termine. Il rischio è una svalutazione di questi asset e una profonda crisi finanziaria globale.

Gli investimenti nelle fonti fossili potrebbero esser i nuovi subprimes. C'è un rischio sistemico profondo, ma trascurato nel mercato finanziario mondiale, che potrebbe portare danni peggiori di quelli dell'ultima crisi economica e finanziaria. Una quantità enorme di denaro è infatti impegnata in carbone, petrolio e gas che in futuro probabilmente non potranno essere estratti. Investimenti spesso a medio e lungo termine nelle fonti fossili compiuti anche da grandi fondi pensione e Stati, senza guardare al quadro macro della situazione: con le politiche necessarie a limitare il riscaldamento globale, circa l'80% delle riserve su cui si è finora investito non potrà essere sfruttato.

E' questo il sunto estremo di un interessante studio appena pubblicato da Carbon Tracker Initiative (vedi allegato). ....... Ma gli investitori – denuncia il report – non stanno tenendo conto dei limiti alla quantità CO2 che si potrà emettere. Quanta parte di quelle riserve su cui si sta investendo dovrà essere lasciata sottoterra?

Sono calcoli che invece il report riporta chiaramente, riprendendo quelli del Potsdam Insitute. Per ridurre fino al 20% la possibilità che la febbre del pianeta superi la soglia dei 2°C di aumento della temperatura globale, da qui al 2050 si potranno emettere 'solo' 565 miliardi di tonnellate (Gt) di CO2. ....

Gli investitori sono esposti al rischio di possedere asset di “carbonio che non si può bruciare” che potrebbero subire una pesante svalutazione. Dato che la capitalizzazione legata alle risorse fossili su varie Borse ha un ruolo molto importante (20-30% in Borse come quella australiana, Londra, Mosca, Toronto e San Paolo), le conseguenze a catena per l'economia mondiale potrebbero anche essere catastrofiche.

Allegati