Tratto da Il Corriereweb.net
L’indagine di Rovigo per i danni ambientali causati dalla centrale di Porto Tolle
Le indagini su Scaroni e Tatò e altri 8 dirigenti Enel
per omissioni dolose di cautele di settembre, hanno portato al rinvio a
giudizio per l’inquinamento causato dalla centrale Enel di Porto Tolle a
inizio febbraio. L'ultima fase dell'inchiesta è partita a settembre
2011 a cura della Procura di Rovigo, coinvolgendo nomi illustri del top
management italiano: da Paolo Scaroni, ex amministratore delegato Enel a
Fulvio Conti, difeso per l’occasione dal sindaco- avvocato Giuliano
Pisapia, passando per gli ex dirigenti e funzionari Enel Francesco
Luigi Tatò , Leonardo Arrighi, Antonino Craparotta, Giuseppe Antonio
Potestio, Alfredo Inesi e Sandro Fontecedro
Secondo l’accusa portata avanti dal sostituto procuratore di Rovigo
Manuela Fasolato esistono i presupposti per denunciare la presunta
mancata adozione di cautele prescritte dalla legge e, più
specificatamente, l’articolo 437 del codice penale, riguardo alla
gestione della centrale Polesine Camerini di Porto Tolle,
in provincia di Rovigo. Nel mirino della magistratura, l’attività
dell’impianto al confine con l’Emilia Romagna negli anni in cui era
ancora alimentato ad olio combustibile, inquinando l’area del Delta del
Po e generando un elevato numero di emissioni inquinanti. Secondo le
tesi sostenute dalla procura, inoltre, l'Enel per poter produrre prima
con combustibili ad alto tenore di zolfo, poi a medio e basso tenore di
zolfo, è spesso dovuta ricorrere a deroghe governative per evitare lo
"sforamento" dei limiti di emissione stabilito dall'Unione europea nel
1988 e nel 1990.
A inizio febbraio Alessandra Testoni, il
giudice per l’udienza preliminare di Rovigo, ha rinviato a giudizio ben
dieci persone tra i dirigenti e tecnici dell’Enel coinvolti dall’accusa.
Nella richiesta di rinvio a giudizio si precisa infatti che gli
indagati hanno omesso di collocare e far collocare impianti e apparecchi
destinati a prevenire disastri e/o infortuni sul lavoro per il pericolo
dell’insorgenza o nell’aggravamento di malattie respiratorie a causa
dell’inalazione e ingestione di sostanze inquinanti come il So2, Nox,
polveri, particolato, metalli tra cui vanadio, emesse in atmosfera dal
1998 al 31.12.2004 in ingenti quantità dalla centrale termoelettrica di
Porto Tolle.
L’inchiesta è supportata da uno studio commissionato dalla procura di Rovigo agli esperti Paolo Crosignani e Teresa Magnani che hanno analizzato gli effetti sulla salute nella popolazione dei comuni limitrofi alla centrale di Porto Tolle.
Lo studio ha messo in luce profili di rischio per la popolazione considerevoli, specialmente in relazione ad alcuni indicatori biologici strettamente correlati con l’attività della centrale, denotando un incremento di ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie che hanno interessato soprattutto la fascia di età tra i 0 e i 14 anni.
Le associazioni ambientaliste si sono scagliate a più riprese contro la centrale di Porto Tolle. Greenpeace, Legambiente e WWF si sono costituiti parte civile nel processo contro i dirigenti Enel denunciando gravi danni sanitari e ambientali dovuti alle emissioni inquinanti della centrale termoelettrica a olio combustibile di Porto Tolle. Come si legge nel comunicato stampa di Greenpeace, apparso nei giorni del grande freddo, in cui l’emergenza gas aveva allarmato non poco la politica energetica del Paese: “la centrale Enel di Porto Tolle è stata gestita in modo illegale con conseguenze ambientali e sanitarie gravi, ed è per questo che ci appare invece sconsiderata la volontà di riattivare questa centrale altamente inquinante per fronteggiare l’emergenza energetica di questi giorni. La gestione miope e conservativa della risorse energetiche di cui il Paese dispone e che importa non può determinare la riattivazione di un impianto estremamente dannoso, sul quale sono in corso procedimenti penali della massima gravità”.
Le associazioni ricordano anche il progetto di conversione a carbone della centrale in questione, bocciato dal Consiglio di Stato, che, se andasse a buon fine sarebbe capace di emettere solo nel primo anno 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica – che rappresentano quattro volte le emissioni della città di Milano -, insieme a ben 2800 tonnellate di ossidi di azoto (equivalente alle emissioni di 3,5 milioni di nuovi veicoli) e altre 3700 tonnellate di ossidi di zolfo, superando i livelli raggiunti da tutte le auto circolante in Italia.
La riattivazione della centrale è un tema che assume toni paradossali quando si parla di “centrale a costo zero” o dello stoccaggio del Porto Tolle project dell’ENEL.
Il direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) Stefano Laporta, ha infatti ammonito gli operatori che parlano di centrale a costo zero, commettendo l’eterno errore di non conteggiare il danno ambientale (anche in termini economici) che questa centrale comporta.....
L’inchiesta è supportata da uno studio commissionato dalla procura di Rovigo agli esperti Paolo Crosignani e Teresa Magnani che hanno analizzato gli effetti sulla salute nella popolazione dei comuni limitrofi alla centrale di Porto Tolle.
Lo studio ha messo in luce profili di rischio per la popolazione considerevoli, specialmente in relazione ad alcuni indicatori biologici strettamente correlati con l’attività della centrale, denotando un incremento di ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie che hanno interessato soprattutto la fascia di età tra i 0 e i 14 anni.
Le associazioni ambientaliste si sono scagliate a più riprese contro la centrale di Porto Tolle. Greenpeace, Legambiente e WWF si sono costituiti parte civile nel processo contro i dirigenti Enel denunciando gravi danni sanitari e ambientali dovuti alle emissioni inquinanti della centrale termoelettrica a olio combustibile di Porto Tolle. Come si legge nel comunicato stampa di Greenpeace, apparso nei giorni del grande freddo, in cui l’emergenza gas aveva allarmato non poco la politica energetica del Paese: “la centrale Enel di Porto Tolle è stata gestita in modo illegale con conseguenze ambientali e sanitarie gravi, ed è per questo che ci appare invece sconsiderata la volontà di riattivare questa centrale altamente inquinante per fronteggiare l’emergenza energetica di questi giorni. La gestione miope e conservativa della risorse energetiche di cui il Paese dispone e che importa non può determinare la riattivazione di un impianto estremamente dannoso, sul quale sono in corso procedimenti penali della massima gravità”.
Le associazioni ricordano anche il progetto di conversione a carbone della centrale in questione, bocciato dal Consiglio di Stato, che, se andasse a buon fine sarebbe capace di emettere solo nel primo anno 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica – che rappresentano quattro volte le emissioni della città di Milano -, insieme a ben 2800 tonnellate di ossidi di azoto (equivalente alle emissioni di 3,5 milioni di nuovi veicoli) e altre 3700 tonnellate di ossidi di zolfo, superando i livelli raggiunti da tutte le auto circolante in Italia.
La riattivazione della centrale è un tema che assume toni paradossali quando si parla di “centrale a costo zero” o dello stoccaggio del Porto Tolle project dell’ENEL.
Il direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) Stefano Laporta, ha infatti ammonito gli operatori che parlano di centrale a costo zero, commettendo l’eterno errore di non conteggiare il danno ambientale (anche in termini economici) che questa centrale comporta.....
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