Di seguito la dichiarazione presentata da associazioni ambientaliste e società civile
IL “RIO+20” CHE NON VOGLIAMO
Il “Futuro che Vogliamo” non si trova nel documento che porta questo nome.
Il “Futuro che Vogliamo” non è quello risultato dal processo negoziale di Rio+20.
Il “Futuro che Vogliamo” è fatto di
impegni concreti e azione, non di sole promesse.
Ha l’urgenza necessaria
per risolvere, non posporre, la crisi sociale, ambientale ed economica.
E’ fatto di cooperazione ed è in linea con la società civile e le sue
aspirazioni, non solo con le posizioni comode dei governi.
Nessuno di questi punti si trova nei
283 paragrafi del documento ufficiale che questa Conferenza lascerà in
eredità.
Il documento intitolato “Il Futuro che Vogliamo” è MEDIOCRE e non è altezza dello spirito e dei passi avanti fatti nei vent’anni trascorsi da Rio92. Né è all’altezza dell’importanza e dell’urgenza delle questioni affrontate. Le agende fragili e generiche per i prossimi negoziati non garantiscono risultati.
Rio+20 passerà alla storia come la
conferenza ONU che ha offerto alla società globale un esito segnato da
gravi omissioni.
Mette a rischio la conservazione e la resilienza
sociale ed ambientale del pianeta, così come ogni garanzia di diritti
umani acquisiti per le generazioni presenti e future.
Per tutte queste ragioni, come molti
gruppi e individui della società civile, registriamo la nostra profonda
delusione rispetto ai capi di Stato, sotto i cui ordini e guida hanno
lavorato i negoziatori, e dichiariamo che non ammettiamo né avalliamo
questo documento.
Tratto da Il Cambiamento
Rio+20: "Il futuro che non vogliamo", parlano le Ong ambientaliste
"I
leader si sono lasciati sfuggire l’opportunità di indicare una nuova
strada per impostare un nuovo modello economico che ci consenta di
vivere nei limiti di un solo pianeta"
“Il futuro che
non vogliamo”.
Questo il titolo della lettera che il libanese Waek
Hamidan, della Rete di Azione Climatica, ha letto ai leader del mondo
riuniti a Rio de Janeiro per la Conferenza Onu sullo sviluppo
sostenibile. Come è evidente già dal titolo, l'intervento di Hamidan
critica la dichiarazione finale di 49 pagine della presidenza
brasiliana, intitolata Il futuro che vogliamo, che da più parti è stata contestata per la mancanza di proposte concrete ed obiettivi ben definiti.
Le
principali organizzazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace e WWF,
hanno deciso di presentare al Summit sulla Terra in corso nella città
brasiliana una contro-dichiarazione che ripudia i contenuti del documento finale consegnato ai leader riuniti a Rio +20.
Le
Ong ambientaliste hanno anche chiesto il ritiro dal testo ufficiale
dell'espressione “con la partecipazione piena della società civile”. Le
associazioni presenti a Rio ma anche la società civile e i popoli che
hanno manifestato in questi giorni sono convinti della debolezza del vertice che si concluderà oggi.
Il WWF parla di “occasione sprecata”
ma sottolinea anche che “lo sviluppo sostenibile ha già messo radici e
crescerà”. “Rio+20 – ha affermato oggi il direttore generale del WWF Jim
Leape - era una Conferenza sulla vita; sulle future generazioni; sulle
foreste, gli oceani, i fiumi e i laghi da cui tutti noi dipendiamo per
avere cibo, acqua ed energia.
Era una Conferenza per affrontare la
pressante sfida di costruire un futuro che ci possa sostenere”.
“Sfortunatamente – ha aggiunto Leape - i leader del pianeta riuniti qui hanno perso di vista questa urgente motivazione Ma l’urgenza
di agire non è cambiata.
E la buona notizia è che lo sviluppo
sostenibile è una pianta che ha messo radici; crescerà nonostante la
debole leadership politica qui a Rio”.
Mariagrazia Midulla, responsabile policy Clima ed Energia WWF Italia, ha aggiunto che l’Europa
si è presentata nella città brasiliana con proposte relativamente
ambiziose, ma ben poche tra queste sono sopravissute nel testo finale.
“Tutta
la comunità scientifica internazionale – ha quindi concluso il
direttore scientifico del WWF Italia Gianfranco Bologna - ha
ripetutamente allertato il mondo politico ed economico sulla
consapevolezza che l’intervento dell’uomo è ormai equiparabile alle
grandi forze geologiche che hanno modificato il pianeta in 4,5 miliardi
di anni. La vittima della nostra stessa forza è la civiltà umana.
I leader si sono lasciati sfuggire l’opportunità di indicare una nuova
strada per impostare un nuovo modello economico che ci consenta di
vivere nei limiti di un solo pianeta”.
Nessun commento:
Posta un commento