Tratto da QualEnergia
Rinnovabili contro fossili, prime vittime nel termoelettrico?
Tra recessione economica, calo della
domanda e impatto del fotovoltaico, la crisi del termoelettrico si fa
sempre più grave. Ed ecco che tra gli impianti convenzionali in Italia
sembra arrivino le prime vittime.
......A
mettere in difficoltà Edipower, come altri operatori dell'energia
convenzionale, è la combinazione “micidiale” che si sta vivendo in
questo periodo: domanda in calo a causa della crisi, regolamentazioni ambientali che penalizzano le centrali più inquinanti e – infine – la concorrenza delle rinnovabili.
Le
due centrali a gas stanno infatti soffrendo oltre che degli alti prezzi
del combustibile, della concorrenza del fotovoltaico, di cui più volte
abbiamo parlato (per esempio qui):
durante il picco di domanda diurno, l'offerta sul mercato di energia da
rinnovabili a costo marginale zero e con priorità di dispacciamento
costringe spesso a tenere fermi gli impianti a gas, che così lavorano troppe poche ore e non riescono a recuperare i costi fissi.
Per
gli impianti più inefficienti e inquinanti si aggiungono poi altri
problemi: l'impianto di Brindisi, per esempio, ci spiega Arca, è in
perdita principalmente per le normative ambientali, che
impongono di usare un tipo di carbone più costoso, mentre a San Filippo
del Mela la centrale a olio combustibile riesce a funzionare solo
grazie ai prezzi alti del mercato elettrico zonale della Sicilia, mal
collegata al Continente: “Una volta che si potenzierà l'elettrodotto tra
Scilla e Cariddi, non avrebbe più senso”.
Insomma il termoelettrico se la sta vedendo brutta, tanto che anche i sindacati di recente hanno lanciato l'allarme (si veda la lettera
al Governo, pdf). Quel che è cambiato nel sistema elettrico italiano lo
spiega bene la società di consulenza Energy Advisors: “Sino a metà del
2008 Enel è riuscita a sostenere i prezzi e a garantire in tal modo ai
suoi concorrenti, che avevano acquistato a caro prezzo le sue tre Genco
(nelle quali avevano poi ancora investito per i repowering in
cicli combinati), di salvare i propri conti. La crisi (...) ha messo
fuori gioco la stessa possibilità di guidare i prezzi in una realtà
nella quale l’overcapacity diventava il vero e unico
driver. La caduta dei consumi in tutta l’area OCSE ha colpito anzitutto
l’industria pesante, con una contrazione del base load e al tempo stesso l’esplosione delle rinnovabili
e in specie del fotovoltaico è venuta a coprire la punta, acuendo le
difficoltà per il termoelettrico soprattutto per i cicli combinati”.
Il differenziale sul mercato del giorno prima tra base load nell'ultima settimana di maggio, si fa notare, “si è ristretto a 0,27 €/MWh. In pratica non c’è più differenza di prezzo tra ore piene e ore vuote”. Un fenomeno che si sta manifestando anche in Europa (Qualenergia.it, Le complicazioni del kWh low-cost da rinnovabili)
Non
è un caso che in diversi Paesi i proprietari degli impianti a gas
stiano chiedendo soccorso e lo stiano anche ottenendo. Sia Gran Bretagna
che Germania hanno in programma di introdurre il capacity payment,
di cui si parla anche in Italia, cioè la remunerazione anche per la
potenza di dispacciamento anziché per la sola produzione. Ma l'aiuto più
clamoroso al gas è quello a livello europeo che rivela un documento
ancora segreto svelato dal Guardian: gli 80 miliardi della UE per promuovere le rinnovabili potrebbero finire anche al gas.
15 giugno 2012
Tratto da La Repubblica
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Tratto da La Repubblica
Greenpeace: no all’atomo non significa sì al carbone...
Il conflitto nella produzione elettrica non è un caso solo italiano, ma accomuna tutta l’Europa, e coinvolge, da una parte, chi vuole l’atomo e, dall’altra, chi lo vuole abbandonare.
Ma per Greenpeace c’è qualcuno che continua a produrre elettricità in modo ......., ovvero l’Enel, che ha risposto alla volontà espressa dagli italiani con il carbone. «Si sono battuti per riportare il nucleare in Italia – commenta Onufrio -e sono stati fermati da chi chiedeva energia pulita e rinnovabile. Così, senza poter investire sull’atomo, ai cittadini hanno promesso un futuro a carbone: questo il loro progetto paleolitico». ......
Onufrio direttore esecutivo di Greenpeace è convinto che la battaglia per un futuro energetico sicuro e pulito non sia affatto finita. «È in atto un conflitto – ha detto – nel settore della produzione elettrica, tra eccesso di capacità da fonti fossili e sviluppo delle rinnovabili, che rappresentano il futuro». È interessante vedere come questo conflitto non sia soltanto italiano, ma accomuni anche altre realtà europee. Proprio oggi, infatti, la Commissione Europea ha respinto la proposta di iniziativa popolare che, grazie alle firme raccolte dalla Federazione tedesca per la protezione dell’ambiente e della natura, chiedeva la graduale eliminazione delle centrali nucleari presenti sul territorio europeo. La diatriba, però, resta aperta perché i cittadini degli 11 Paesi che hanno partecipato all’iniziativa, dopo essere stati liquidati con quanto previsto dal trattato Euratom, che non contempla ricorsi popolari contro l’atomo, si stanno adesso appellando al trattato di Lisbona, secondo il quale, invece, le iniziative popolari possono entrare nell’ambito delle competenze della Commissione.
Leggi l'articolo integrale
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Tratto da Greenstyle
Il carbone torna a crescere: +5,4% nel 2011, record dal 1969
Nel 2011, a livello globale, l’uso del carbone è cresciuto del 5,4%. Il dato è riportato nell’ultimo Statistical Review di BP
e sembra in controtendenza con quanto abbiamo raccontato negli ultimi
mesi. Come lo storico calo del carbone sotto la soglia del 40% nella generazione elettrica in USA, o le lamentele di AssoCarboni sul mix energetico italiano, con troppe rinnovabili e gas.
L’incongruenza si spiega con il fatto che sono in corso due dinamiche distinte e separate: mentre America ed Europa diminuiscono l’uso del carbone (sia nelle centrali elettriche che nei forni industriali) i paesi emergenti dell’Asia lo aumentano a dismisura.
Succede così che il carbone arriva a coprire, per l’anno scorso, il 30,3% del fabbisogno energetico mondiale. Un dato che non si raggiungeva dal 1969 e che ben spiega come mai il 2011 abbia fatto segnare un record nelle emissioni di CO2 a livello mondiale.
Ma nel report di BP ci sono anche buone notizie: quelle che riguardano le energie rinnovabili, cresciute del 17,7%. Il solare, in particolare, è cresciuto dell’86,3% rispetto al 2010 (merito anche di Italia e Germania). Tuttavia l’intero comparto delle rinnovabili, nel mondo, non supera il 2,1% della produzione totale di energia (termica ed elettrica).
Fonti: BP Statistical Review, Treehugger
L’incongruenza si spiega con il fatto che sono in corso due dinamiche distinte e separate: mentre America ed Europa diminuiscono l’uso del carbone (sia nelle centrali elettriche che nei forni industriali) i paesi emergenti dell’Asia lo aumentano a dismisura.
Succede così che il carbone arriva a coprire, per l’anno scorso, il 30,3% del fabbisogno energetico mondiale. Un dato che non si raggiungeva dal 1969 e che ben spiega come mai il 2011 abbia fatto segnare un record nelle emissioni di CO2 a livello mondiale.
Ma nel report di BP ci sono anche buone notizie: quelle che riguardano le energie rinnovabili, cresciute del 17,7%. Il solare, in particolare, è cresciuto dell’86,3% rispetto al 2010 (merito anche di Italia e Germania). Tuttavia l’intero comparto delle rinnovabili, nel mondo, non supera il 2,1% della produzione totale di energia (termica ed elettrica).
Fonti: BP Statistical Review, Treehugger
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