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12 luglio 2012

Greenpeace batte Enel, giudice rigetta stop a campagna contro centrali a carbone:non è diffamatoria!

  Tratto da QualEnergia
Il Tribunale di Roma boccia ricorso Enel contro Greenpeace.

L'associazione ambientalista vince la pre-causa con Enel riguardo alla censura della campagna ‘Facciamo Luce su Enel’. La prima sezione civile del Tribunale di Roma ha rigettato il ricorso dell’azienda perché la comunicazione di Greenpeace è commisurata all’evidenza dei dati scientifici: il carbone ha impatti sul clima e sulla salute umana.
E’ questa la vittoria di un principio fondamentale della democrazia: il diritto alla critica. Il linguaggio aspro non è censurabile se si basa su dati e argomenti scientificamente fondati. L’utilizzo energetico del carbone danneggia il clima e uccide le persone, ed Enel è il primo utilizzatore di carbone in Italia”, ha dichiarato Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo dell’associazione.

Greenpeace batte Enel, giudice rigetta stop a campagna contro centrali a carbone

"Non è diffamatoria" l'iniziativa dell'associazione ambientalista, che denunciava la pericolosità e le conseguenze degli impianti. Agli attivisti andranno 2500 euro per le spese processuali. "Continuiamo a ritenere la campagna di aggressione diffamatoria" fa sapere Enel che chiedeva 10mila euro al giorno

greenpeace enel
Una vittoria su tutta la linea: Greenpeace-Enel finisce tre a zero. L’organizzazione non ha diffamato la società con le sue campagne contro le centrali a carbone, non deve interromperla e soprattutto non dovrà farsi carico di quella montagna di soldi sotto i quali il gruppo energetico voleva seppellire le iniziative degli attivisti contro le emissioni di Co2.
Il giudice della prima sezione del Tribunale civile di Roma Damiana Colla ha rigettato il ricorso presentato da Enel a fine giugno per inibire e rimuovere la diffusione sul sito di Greenpeace tutti i materiali collegati alla campagna “Enel killer del clima”: un video intitolato “La bolletta sporca”, il sito tematico www.facciamolucesuenel.org e dei facsimile di bolletta che riportavano il costo da pagare in vite umane anziché in euro per l’inquinamento prodotto dalle otto centrali a carbone del gruppo.
Enel aveva trascinato l’organizzazione ambientalista in tribunale sostenendo che i contenuti e i toni utilizzati fossero diffamatori e lesivi dell’onore e della reputazione, in una campagna denigratoria perlopiù priva di contenuti obiettivi di informazione. ...........
Il topolino schiacciato dal gigante. Ma non succederà, almeno per ora.
Il giudice Colla ha infatti rigettato il ricorso di Enel sollevando Greenpeace dal rischio di finire sul lastrico e creando anche un precedente importante che fa chiarezza sulla contesa in corso. Enel sicuramente proporrà appello, ma ora la posizione di forza è meno schiacciante.
Nel merito il giudice ha passato in rassegna gli atti depositati da Greenpeace (trasmessi per altro ad Enel prima della loro stessa divulgazione) e ha ritenuto che le azioni intraprese non siano prive di fondamento e comunque non abbiano valicato il diritto di critica che “configura un giudizio, un’opinione, ed in quanto tale è soggettivo e riflette il punto di vista di chi lo manifesta. Diritto che nel caso specifico ha rispettato il nucleo di verità essenziale del fatto relativamente cui la critica si è svolta”. 
 In particolare le argomentazioni di Greenpeace poggiano su una relazione del Centre for Research on Multinational Corporation (Somo) di Amsterdam che ha ritarato su Enel la metodologia utilizzata dall’Agenzie Europea per l’Ambiente per calcolare l’impatto sul clima e sulla salute delle emissioni in atmosfera delle 20 centrali più inquinanti d’Europa. L’applicazione di quell’algoritmo di incidenza alle otto centrali a carbone porta a questi numeri: 350 morti premature ogni anno, 1,8 miliardi di danni all’ambiente e alla salute per emissioni di Co2.  
Per il giudice i dati utilizzati nella campagna di Greenpeace sono effettivamente conformi agli esiti della ricerca di Somo, per altro noti alla comunità scientifica internazionale e non contestati da Enel. Insomma, la campagna di denuncia contro la bolletta-killer non era campata in aria ma basata su una robusta disponibilità di dati.
 Anche l’accusa di aver superato il limite della continenza è stata rigettata completamente, anzi per il giudice le espressioni utilizzate (killer, vittima, crimine, sporca verità…) “appaiono non solo conformi all’importanza e all’interesse della tematica trattata, ma anche al contesto espressivo tipico della campagne di denuncia ambientale a vasta diffusione e allo stile aggressivo e graffiante delle iniziative solitamente realizzate dalla resistente”. Nessuna inutile aggressione verbale, nessun attacco personale ma espressioni dure giustificate dalla gravità della tematica affrontata e dal suo rilevante interesse pubblico. Nessun fumus boni iuris, dunque. E quindi nessuna azione inibitoria. La domanda è inammissibile e la ricorrente che pensava di bloccare la campagna con la minaccia di pensati sanzioni finisce per pagare Greenpeace: 2.500 euro di spese processuali.
“Siamo ovviamente soddisfatti – dice a caldo direttore generale di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio – ma non del tutto. La giustizia ha rigettato in pieno il tentativo di una grandissima azienda di tappare la bocca e zittire le denunce di una piccola associazione ambientalista, ma noi avevamo la speranza che questa occasione fosse utile a entrare finalmente nel merito della questione dei danni prodotti dalle scelte di Enel di produrre energia elettrica con centrali a carbone.  
E’ stato punito l’atto di arroganza di Enel ma sul secondo fronte non si è fatto un passo avanti. La società prenda carta e penna, realizzi studi e produca qualcosa di scientificamente valido, si apra al dibattito e non si trinceri più accampando l’offesa formale del linguaggio usato da chi da tempo chiede delle risposte e non le ha mai ricevute”.
Enel ribatte con una breve nota: “Continuiamo a ritenere che la campagna di aggressione avviata da Greenpeace nei confronti della nostra azienda sia gravemente diffamatoria e priva di fondamento. ...........Ora si attende di sapere solo se la guerra a Greenpeace andrà avanti in tribunale.
Leggi l'articolo integrale 

 

Riportiamo il post  del 15 giugno 2012

GREENPEACE:“QUANTA ENERGIA C'E' IN UN ATTIMO?”


 GREENPEACE: CLASSIFICA EMISSIONI CO2 IN ITALIA, DA ENEL PIÙ DI UNA TONNELLATA AL SECONDO


Tratto da AGENPARL.it - Roma, 14 giu - Enel continua a vantare prestazioni ambientali d’eccellenza, sostenibilità e primati di efficienza. Ma appena dietro la propaganda pubblicitaria rimane l’azienda più nociva per il clima, in Italia, anche nel 2011. È questo il dato principale che emerge dalla classifica presentata oggi da Greenpeace relativa alle emissioni di anidride carbonica dei grandi gruppi industriali nell’anno trascorso [1]. QUI  è possibile visualizzare la classifica completa:

Con 36,8 milioni di tonnellate di CO2 emesse in un anno (4,6 in più rispetto alle quote assegnate all’azienda), Enel detiene un primato negativo difficilmente avvicinabile. Le sue emissioni continuano a crescere nonostante la crisi: nel 2010 le sue emissioni erano di 34,2 milioni di tonnellate. Enel da sola produce poco meno, in termini di emissioni, delle principali aziende elettriche sue concorrenti messe insieme. La quantità di CO2 di cui è responsabile è pari alla somma delle emissioni attribuite al comparto dell’acciaio e del cemento e rappresenta circa il 30% dell’intero settore termoelettrico, inoltre emette circa il 55% in più di CO2 di quanto attribuito ai grandi gruppi di raffinazione. «Enel potrebbe spendere un po’ più di soldi nel diventare un’azienda moderna e sostenibile e un po’ meno nel riverniciare di verde la sua immagine- ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. - La sua nuova campagna pubblicitaria, con cui celebra il cinquantenario, chiede retoricamente agli italiani “quanta energia c’è in un attimo?”

Ecco, noi possiamo dire quanta CO2 di Enel c’è in un secondo, ogni anno, da molti anni a questa parte: più di una tonnellata. Dunque, invece di “milioni di attimi” bisognerebbe parlare di “milioni di tonnellate” La prima cosa che Enel deve fare per cambiare indirizzo è convertire la sua produzione elettrica a carbone». Greenpeace chiede a Enel di dimezzare la sua produzione a carbone entro il 2020 e di azzerarla al 2030; di rinunciare ai progetti di nuove centrali a carbone e di sostituire la sua produzione a carbone fonti pulite e rinnovabili.
L’associazione ambientalista ha lanciato da due mesi una campagna per denunciare gli impatti ambientali, sanitari ed economici dell’Enel in Italia: chiunque può seguirla e sostenerla sul sito www.FacciamoLucesuEnel.org


DEDICATO A CHI PRODUCE ENERGIA E A CHI DECIDE PER I NOSTRI TERRITORI E PER I NOSTRI BAMBINI.....  

PERCHE' GLI ATTIMI FUTURI DEI NOSTRI BIMBI SIANO PIU'TUTELATI  SAREBBE INDISPENSABILE RINUNCIARE  AI NUOVI PROGETTI DI CENTRALI A CARBONE E INIZIARE A SOSTITUIRE ,NON SOLO A PAROLE, IN ITALIA LA PRODUZIONE A CARBONE CON FONTI PULITE E RINNOVABILI.

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