Tratto da Reuters
Ilva, governo approva decreto per bonifica e risanamento ambientale
Tratto da Adnkronos
Roma - (Adnkronos/Ign) - Via libera dal Consiglio dei ministri a 336 milioni di euro per gli interventi. Dal Cipe ok a misure per la riqualificazione di Taranto. Riesame: ''No a rinvio decisione sul sequestro di sei aree dello stabilimento''.
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Comunicato stampa tratto da PeacelinkTARANTO PER LORO.....
 far applicare il principio 
fondamentale “chi inquina paga”
2 agosto 2012 - Stefano Palmisano,Maurizio Portaluri,Anna Vitale,Francesca Caliolo (Avvocato – Salute Pubblica Brindisi, Primario radioncologo - Salute Pubblica Brindisi, Docente, Ceglie Messapica)
C’è una costante nelle “analisi” della vicenda Ilva di Taranto di 
questi giorni: esse prescindono regolarmente dai fatti, ossia dallo 
specifico livello di compromissione ambientale e sanitaria che è 
accertato dalle perizie chimiche ed epidemiologiche che il GIP Todisco, 
seguendo un approccio molto garantista nei confronti dell’azienda, ha 
affidato ad esperti di altissimo livello scientifico.
Noi, invece, pensiamo che ogni discorso sul “caso Taranto” debba cominciare proprio da questa prospettiva, ossia da questi dati.
L’Ilva di Taranto ha emesso solo nel 2010 oltre 4mila tonnellate di polveri. Un’enormità.
Ha sparso dai suoi camini oltre 1 tonnellata di benzene, più di 
300chili di IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), nonché, come noto, 
anche diossine e furani. Tutte sostanze ormai conosciute anche dai 
comuni cittadini per i pesanti effetti sanitari che provocano sull’uomo e
 sugli animali che a tali inquinanti sono esposti.
Ed è proprio per verificare l’entità di tali effetti che è stata disposta da un giudice un’indagine epidemiologica.
Perché sebbene fosse evidente da anni che a Taranto si registrava una
 concentrazione non solo pericolosa, ma direttamente dannosa di 
inquinamento ambientale di origine industriale;  
sebbene vi fossero 
evidenze scientifiche che coerentemente individuavano criticità 
sanitarie,  
tuttavia nessun’istituzione aveva intrapreso studi che, 
correlando i dati sanitari con i dati ambientali, mettendo gli uni in 
relazione con gli altri, soli potevano essere in grado di stabilire 
quali e quanti malattie e morti fossero attribuibili all’inquinamento 
che origina dall’acciaieria.
Tre periti del GIP Todisco hanno compiuto quest’operazione, 
accertando trenta morti in più all'anno attribuibili all'ILVA; morti per
 malattie coronariche acute attribuibili all’inquinamento industriale; 
ricoveri per patologie respiratorie associati e attribuibili a quelle 
polveri emesse
Hanno anche e soprattutto attestato, i periti, un attentato (spesso 
andato a buon fine) allo stato di salute dei figli di Taranto, dei 
bambini sotto i quattordici anni che si sono ammalati per gli effetti 
dell’inquinamento.
Lo ripetiamo: di questo si parla, di questo si deve parlare, prima di
 tutto quando si tratta del rapporto tra stabilimento Ilva e Taranto.
Ma, si deve parlare anche del ruolo dei movimenti ambientalisti tarantini.
È stato, infatti, necessario l'impegno scientifico del prof. 
Alessandro Marescotti...... che 
nel 2008 ha fatto, con la sua associazione, Peacelink, quello che 
nessuna istituzione preposta alla tutela dell'ambiente e della salute 
aveva mai fatto: l'analisi del pecorino prodotto nei pascoli prossimi 
all'ILVA con evidenza di concentrazioni di diossina e PCB tre volte 
superiori ai limiti di legge. A seguito di questa iniziativa la ASL di 
Taranto abbatterà 1300 capi di bestiame allevati a ridosso dell'ILVA.
Nel 2010, sempre e solo i “maledetti” ambientalisti evidenziano 
troppa diossina nelle carni di ovini e caprini. Un'ordinanza della 
Regione Puglia vieta il consumo di fegato degli ovini e caprini 
cresciuti in un raggio di 20 km dall'area industriale di Taranto.
Anche il Consiglio Regionale deve rincorrere le associazioni: è della
 fine del 2008 la legge regionale che abbassa a 0.4 ng/Nm3 il valore di 
diossina, ma a marzo 2009 è modificata: niente controlli in continuo, ma
 solo per tre settimane all'anno e per parte della giornata. Il 
problema, però, rimane tutto, in quanto la diossina non esce solo dal 
camino E312, ma attraverso emissioni non convogliate, ossia diffuse.
Nel 2011 il Fondo Antidiossina del prof.  Fabio Matacchiera (un altro
 "insegnante") fa analizzare i mitili, le famose "cozze di Taranto".  
Emergono valori estremamente preoccupanti. La ASL di Taranto vieta il 
prelievo e la vendita del cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo.
I mitili presentano concentrazioni di diossina e PCB superiori ai limiti di legge.
Qualche giorno prima del sequestro giudiziario, Marescotti divulga i 
dati di uno studio di ricercatori dell'ARPA che evidenzia un eccesso di 
piombo nelle urine dei tarantini. L’ARPA risponde anzitutto ricordando 
l’incongrua qualifica(??????) professionale di Marescotti.
Il resto è cronaca giudiziaria e “politica”. Di quella stessa 
politica che oggi straparla di “conciliare salute e lavoro”, 
“solidarizza” con gli operai, stigmatizza “l’intempestività” 
dell’intervento della magistratura. E così esaurisce il suo pregnante 
ruolo di direzione dell’economia e della società. “Di governo.”
            Una sola cosa dovrebbe fare “la politica” in questo 
momento, a Taranto come ovunque vi siano disastri ambientali e attentati
 alla salute pubblica, nonché catastrofi socio – occupazionali, causati 
da voracità di profitto dei vari padroni delle ferriere: far applicare 
il principio fondamentale vigente in queste materie in ogni paese 
civile, a partire da quelli europei (e, peraltro," formalmente" anche in 
Italia), “chi inquina paga.”
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2 agosto 2012       Fonte: Il Manifesto  Leggi tutto





 
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