Tratto da QualEnergia
Le nostre troppe centrali elettriche. E la Strategia Energetica Nazionale non ne parla
In Italia abbiamo troppa elettricità:
centrali termoelettriche per 78mila MW di potenza a cui dobbiamo
aggiungere almeno 45mila MW da rinnovabili a fronte di una richiesta che
non va oltre i 57mila MWh. Eppure si continua a costruire e autorizzare
centrali inquinanti, un problema che la SEN trascura. La visione di
Legambiente.
13 dicembre 2012
Eppure le centrali in fase di realizzazione sono 6 per 3.543 MW,
secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico. Quelle in corso
di autorizzazione addirittura 38 tra gas, metano, carbone, per 23.990
MW. Per quanto riguarda quelle più inquinanti e climalteranti, a
carbone, sono in discussione tra riconversioni e nuovi progetti oltre
5mila MW, da Porto Tolle a Saline Ioniche, a Rossano.
La SEN giustifica questa omissione con la tesi che in un mercato libero non è la politica a dover decidere
quante centrali realizzare e dove. Ma invece la SEN se ne dovrebbe
occupare, perché è interesse del nostro Paese quello di ridurre le
emissioni di gas serra, nell’ambito della strategia europea, e di
ridurre i costi delle bollette.
E proprio la sovrabbondanza di centrali
fossili già oggi comporta effetti rilevanti in termini di costi per
aziende e cittadini. La ragione, ovvia, è legata proprio agli
investimenti fatti in centrali che “lavorano” meno ore di quanto
programmato. Con la conseguenza che le aziende hanno interesse a non far diminuire i prezzi per rientrare degli investimenti.
Inoltre, il contributo sempre più rilevante portato dalle fonti rinnovabili
(ma con problemi nel dispacciamento per l'inadeguatezza delle reti in
alcune Regioni e con un andamento in larga parte discontinuo), associato
alla riduzione dei consumi, sta generando contraccolpi sul sistema e in
particolare su impianti da fonti fossili che vengono usati
progressivamente meno ma che potrebbero servire come riserva.
Questa situazione può essere gestita in due modi, come sta facendo la Germania che punta a investire sulle reti (per spostare l'energia prodotta da rinnovabili verso i luoghi dove è maggiore la domanda), sullo stoccaggio (per
immagazzinarla) e poi su un sistema di remunerazione per le centrali
che svolgono un ruolo di riserva. Oppure, come in Italia, dove si subisce la pressione delle lobby e
quindi assistiamo a ritardi negli interventi sulle reti (in particolare
su quelle di distribuzione) e non vi è alcuna politica che aiuti sul
serio lo stoccaggio (e perfino gli interventi di Terna sono stati
limitati).
Senza considerare che lo scorso luglio nel Decreto Sviluppo sono stati introdotti, con il parere favorevole del Governo, sussidi per vecchie centrali a petrolio
che verranno presi direttamente dalle bollette delle famiglie. Una
decisione presa per prevenire le “situazioni di emergenza gas”, per cui
l’Autorità per l’Energia dovrà stabilire le modalità per il
riconoscimento dei costi sostenuti in ciascun anno termico.
Per offrire
altri “aiuti” a queste centrali vecchie e inquinanti, spesso posizionate
in zone abitate, sono previste “deroghe alla normativa sulle emissioni in
atmosfera o alla qualità dei combustibili” e le centrali “sono esentate
dall’attuazione degli autocontrolli previsti nei piani di monitoraggio,
con deroga alle prescrizioni nelle autorizzazioni integrate
ambientali”, addirittura superando “gli obblighi relativi alla
presentazione di piani di dismissione”.
In pratica, gli impianti potranno funzionare al di fuori di qualsiasi controllo ambientale, in una situazione di autentico far west normativo,
con un guadagno sicuro. Un provvedimento che affronta una questione
vera, la sicurezza nella gestione di reti e impianti, ma che sembra
scritto sotto dettatura delle lobby delle centrali più inquinanti.
Legambiente ritiene necessaria una decisione per remunerare questa “riserva di capacità”,
ma chiede un sistema che premi le centrali più efficienti, mentre
quelle a olio combustibile devono, afferma l'associazione, chiudere per
sempre. Una scelta nell'interesse del clima, dei cittadini che respirano
aria inquinata, dei consumatori.
Occorre che l'Autorità per l'Energia faccia
proposte in questo senso e si metta a vigilare sul serio per garantire
che la concorrenza contribuisca a ridurre i prezzi. A dieci anni
dall’approvazione del Decreto “Sblocca centrali” è diventato infatti
indispensabile aprire un confronto sui risultati prodotti. In primo
luogo per capire quale strada occorra intraprendere per il futuro,
ma anche per verificare la distanza tra promesse e risultati. Se si
ripercorre la cronaca degli ultimi dieci anni è impressionante l’enfasi
che fu posta, soprattutto da Confindustria, sulla
necessità di costruire nuove grandi centrali perché - veniva sostenuto -
solo così si sarebbe potuto muovere la concorrenza, abbassare
finalmente i prezzi dell’energia, rendere sicuro il Paese.
(dal documento di Legambiente sulla Strategia Energetica Nazionale)
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