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26 dicembre 2013

Connie Hedegaard :Perché una politica climatica ambiziosa è nell'interesse dell'Europa


Tratto da L' Uffingtonpost

Perché una politica climatica ambiziosa è nell'interesse dell'Europa


Uno dei grandi dilemmi con cui sono attualmente alle prese i leader politici di tutto il mondo è come riuscire a conciliare la prosperità economica con una politica climatica ambiziosa.
È ovvio che i responsabili delle politiche climatiche debbano essere in grado di prevedere l'impatto economico di queste politiche. Sarebbe irresponsabile non farlo.
 È un ragionamento logico che riscuote il consenso generale. 
Ma perché, allora, non sembra altrettanto ovvio per tutti che i responsabili delle politiche economiche debbano prevedere l'impatto che le loro politiche hanno sul clima?
In ogni caso, a partire dal momento in cui il Presidente della Banca mondiale, Jim Yong Kim, definisce il cambiamento climatico una grave minaccia per lo sviluppo economico, la Direttrice dell'FMI, Christine Lagarde, dichiara che questa è chiaramente la maggior sfida economica del secolo e il Segretario generale dell'OCSE, Angel Gurria, afferma che dobbiamo scegliere "tra attivi non recuperabili e un pianeta non recuperabile", non vi è dubbio che il cambiamento climatico sia ormai al centro del dibattito sulle politiche economiche.
In tutto il mondo i leader economici stanno finalmente iniziando a capire che, oltre alla crisi economica mondiale, il nostro pianeta è in preda a una crisi climatica. E nessuna di queste due crisi può essere risolta, prescindendo dall'altra.
L'Europa registra un ritmo di crescita economica più lento di quello dei suoi maggiori concorrenti e i suoi leader devono quindi perseguire un approccio più lungimirante per ripristinare - e mantenere - il potenziale di crescita. Per questo motivo la Commissione europea proporrà in gennaio un nuovo quadro per il clima e l'energia fino al 2030. Un quadro che, come è ovvio, non va contro gli interessi economici dell'Europa.
Prendiamo ad esempio le nostre spese per l'energia. Per anni le importazioni di combustibili fossili hanno inciso negativamente sulla bilancia commerciale europea. Nel solo 2012 l'Europa ha importato greggio, carbone, e gas per 545,9 miliardi di EUR, una cifra che equivale alla somma dei PIL di Finlandia, Ungheria, Portogallo e Slovacchia ed è cinque volte superiore al deficit commerciale complessivo dell'UE nello stesso anno. Non sarebbe saggio - anche sotto il profilo economico - ridurre questo tipo di spese risparmiando e producendo energia in Europa?
Inoltre, con tassi di disoccupazione che hanno ormai raggiunto livelli da record, l'Europa ha bisogno di posti di lavoro in comparti dell'industria dinamici, competitivi e non facilmente esternalizzabili. Avendo creato 180 000 posti all'anno tra il 1999 e il 2008, il settore verde occupa attualmente oltre 3,5 milioni di persone in tutta Europa. Molti di questi posti sono stati conservati, e persino creati, negli anni peggiori della crisi economica.
L'innovazione, la tecnologia e l'aumento dell'efficienza dell'energia e delle risorse costituiscono il vantaggio competitivo dell'Europa. Le misure per il clima apportano la maggior parte di questi vantaggi economici.......
Senza politiche climatiche ambiziose, l'Europa non riuscirà ad attirare investimenti in settori economici in rapida innovazione e a creare i posti di lavoro di alta qualità di cui ha così tanto bisogno.....  L'Europa è di gran lunga il maggior importatore di combustibili fossili a livello mondiale. E poiché la produzione di greggio attesta una flessione, ma la domanda globale continua ad aumentare, l'economia europea risentirà in modo significativo dell'alto costo e dei picchi del prezzo del greggio.
Tuttavia, secondo l'Agenzia internazionale per l'energia, l'Europa può scegliere: può costruire un'economia che dipende meno dalle importazioni di energia se rafforza l'efficienza energetica e investe di più nelle energie pulite prodotte al suo interno.
Certo l'Europa non può risolvere da sola il problema del riscaldamento climatico. Dobbiamo continuare a chiedere alle altre grandi economie mondiali di agire. Il mese scorso, alla Conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Varsavia, è stato convenuto che tutti i paesi, in via di sviluppo o industrializzati, debbano apportare il loro contributo al nuovo accordo sul clima di Parigi nel 2015 e che tutti i paesi debbano ora svolgere il loro compito che consiste nel preparare il proprio piano per la riduzione delle emissioni da presentare a Parigi........

E mentre i progressi politici gradualmente si profilano, il vertice dei leader mondiali sul cambiamento climatico, che il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki‑moon presiederà nel settembre del 2014, sarà una tappa fondamentale sulla strada di Parigi.
Se vogliamo sostenere la ripresa economica non è pensabile mantenere lo status quo. Molti leader economici sono ormai giunti a questa conclusione: hanno capito che la scelta non è tra un'economia buona, da un lato, e la protezione del clima, dall'altro, ma che l'azione a favore del clima corrisponde in realtà a una buona scelta economica.
 I leader europei devono adottare una politica climatica ambiziosa se vogliono assicurare alla propria economia una prospettiva di ripresa sostenibile.
Qui l'articolo integrale 

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