ILVA DI TARANTO: LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO COMUNICA AL GOVERNO ITALIANO IL CASO SMALTINI
Il 4 ottobre 2013 è stato comunicato al Governo italiano il caso Smaltini c. Italia (ric. n. 43961/09), che porta all’attenzione della C.E.D.U. la delicata questione sulle conseguenze delle emissioni nocive provenienti dallo stabilimento ILVA sulla salute degli abitanti della città di Taranto.
I ricorrenti sono i familiari della
signora Smaltini, cittadina della città pugliese, anche lei ricorrente,
deceduta dopo la presentazione del ricorso alla C.E.D.U. a causa di una
leucemia nel dicembre del 2012, dopo sei anni di malattia.
I ricorrenti lamentano la violazione degli articoli 6 (diritto a un processo equo), e 2 (diritto alla vita), della Convenzione. Con riferimento al rispetto delle regole del giusto processo essi ritengono che la scelta delle autorità nazionali di archiviare il caso originato dalla denuncia della signora Smaltini in seguito a indagini poco approfondite svolte da una commissione di esperti nominata in modo irregolare che ha prodotto una perizia incompleta, non basata su dati statistici aggiornati e sulle reali condizioni di salute dalla donna, violi il primo paragrafo dell’articolo 6; sul fronte dell’art. 2 della Convenzione, i ricorrenti lamentano la violazione del diritto alla vita della prima ricorrente, che è infatti deceduta in pendenza del procedimento davanti alla C.E.D.U. a causa della malattia.
I ricorrenti lamentano la violazione degli articoli 6 (diritto a un processo equo), e 2 (diritto alla vita), della Convenzione. Con riferimento al rispetto delle regole del giusto processo essi ritengono che la scelta delle autorità nazionali di archiviare il caso originato dalla denuncia della signora Smaltini in seguito a indagini poco approfondite svolte da una commissione di esperti nominata in modo irregolare che ha prodotto una perizia incompleta, non basata su dati statistici aggiornati e sulle reali condizioni di salute dalla donna, violi il primo paragrafo dell’articolo 6; sul fronte dell’art. 2 della Convenzione, i ricorrenti lamentano la violazione del diritto alla vita della prima ricorrente, che è infatti deceduta in pendenza del procedimento davanti alla C.E.D.U. a causa della malattia.
La questione è chiaramente di grande
rilevanza e la C.E.D.U. si esprimerà sull’operato delle autorità
italiane riguardo al caso “I.L.V.A.”.
Al Governo italiano sono state poste tre domande e precisamente:
- Quali sono i dati scientifici ufficiali di cui disponevano le autorità al tempo dei fatti per poter accertare l’esistenza di un nesso causale tra la morte della prima ricorrente e le emissioni provenienti dallo stabilimento Ilva?
- Il diritto alla vita della prima ricorrente è stato violato, nel caso di specie, dal punto di vista sostanziale?
- Avendo riguardo alla tutela processuale del diritto alla vita, le indagini svolte dalle autorità nazionali possono dirsi effettive ai sensi dell’art. 2 della Convenzione?
L’inquinamento prodotto negli anni dallo
stabilimento I.L.V.A. di Taranto è stato al centro di numerose pronunce
da parte delle autorità nazionali........
Nel ricorso si legge che la prima
ricorrente, dopo essere venuta a conoscenza di essere malata di
leucemia, si rivolse all’autorità competente, denunciando i proprietari
dello stabilimento tarantino in ragione del comprovato nesso di
causalità esistente tra le emissioni nocive della fabbrica e
l’incremento dei casi di cancro e leucemia nella zona limitrofa.
La
signora Smaltini aveva chiesto che venissero svolte delle indagini
approfondite al fine di sancire l’esistenza di tale legame e che, in
particolare ne fosse provata l’incidenza causale con l’insorgere della
propria malattia.
Tuttavia, il pubblico ministero chiese
l’archiviazione del caso.................Il 19 gennaio 2008, il
G.I.P. presso il Tribunale di Taranto decise di archiviare
definitivamente il caso ritenendo non sufficientemente provato il nesso
di causalità tra le emissioni dello stabilimento I.L.V.A. e i casi di
malattia e decessi nella zona.
Infine, sempre sul caso “I.LV.A.” si
ricorda che il 26 settembre 2013 la Commissione europea ha aperto una
procedura d’infrazione contro l’Italia per il mancato controllo
delle emissioni tossiche generate da tale stabilimento.
Il Governo italiano dovrà ora rispondere alle domande della C.E.D.U.
Successivamente, anche i ricorrenti
avranno la possibilità di presentare le loro osservazioni e, una volta
completata questa fase procedurale, la C.E.D.U. sarà in grado di
pronunciarsi sul caso.
Le ripercussioni della pronuncia della
C.E.D.U. saranno rilevanti, essendo in gioco il diritto alla vita, in
primis, quello della prima ricorrente, ma anche quello di tutti i
tarantini, i quali vivono sulla loro pelle, da anni, un gravissimo
inquinamento ambientale.
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