Immagine tratta da La Stampa di oggi .
Tratto da IVG
Tirreno Power, il Gip respinge l’istanza per la riaccensione temporanea degli impianti.
Savona. Il giudice Fiorenza Giorgi ha respinto l’istanza con cui Tirreno Power richiedeva la riaccensione temporanea dei gruppi VL3 e VL4 per motivi di sicurezza collegati all’ossidazione del carbone in giacenza nel parco. La richiesta formale dei legali dell’azienda, gli avvocati Alessandra Cacchiarelli e Antonio Cosimo Cuppone di Roma (supportati dal collega di Savona Fausto Mazzitelli), era quella di un “esercizio temporaneo e vincolato dei gruppi” per smaltire 82.000 tonnellate di carbone giacenti all’interno della centrale.....
Tre i punti sui quali si basava l’istanza dell’azienda, tutti rigettati dal gip. Il primo era appunto il rischio d’incendio del carbone stoccato nei parchi: secondo Giorgi, però, nella relazione dei vigili del fuoco sono elencate le procedure che si possono mettere in atto per neutralizzare questo rischio, movimentando il carbone senza doverlo necessariamente bruciare. Procedure che anche l’azienda conoscerebbe e che potrebbe attuare in alternativa alla riaccensione. Oltretutto le partite più vecchie risalirebbero addirittura a luglio 2012, fatto che secondo il giudice renderebbe ininfluente il recente blocco: in sostanza si ritiene che pochi mesi di stop non possano influire eccessivamente sulla pericolosità di un carbone che giace nei parchi ormai da quasi due anni.
Il secondo punto su cui verteva l’istanza era il rischio di esplosione relativo al carbone rimasto nei bunker e nei mulini durante la fase di spegnimento. La richiesta di riaccensione era quindi motivata anche dalla necessità di smaltire quel carbone che, già avviato alle caldaie il giorno del sequestro, è rimasto nei condotti. Il gip ha però rigettato l’istanza poiché esisterebbe già un metodo per mettere in sicurezza i bunker alternativo alla riaccensione: si tratterebbe di un protocollo interno all’azienda incentrato sulla rimozione meccanica del carbone da tali condotti attraverso aperture d’emergenza, una procedura che ha proprio l’obiettivo di evitare l’esplosione di quel carbone in caso di problemi o malfunzionamenti.
Infine Tirreno Power, nell’istanza, si impegnava a bruciare quel carbone nel rispetto delle migliori tecnologie disponibili e dei parametri indicati dalla consulenza di Stefano Scarselli. Una dichiarazione che, secondo la procura, andrebbe a cozzare con quanto dichiarato nel richiedere il terzo gruppo a carbone: l’azienda avrebbe motivato la richiesta proprio sulla base del fatto che, allo stato attuale, sarebbe stato impossibile ridurre le emissioni. Una contraddizione evidente, secondo gli inquirenti, a cui andrebbe aggiunto il fatto che, il giorno del sequestro, il direttore generale di Tirreno Power D’Elia ha chiesto solo 24 ore per lo spegnimento quando avrebbe avuto la possibilità di richiedere un tempo maggiore specificando quelle criticità che sono poi state spiegate nell’istanza.
La richiesta di riaccensione temporanea, che aveva già ottenuto nei giorni scorsi il parere negativo della procura, è stata quinti definitivamente respinta.
Prosegue invece l’iter dell’altra richiesta, quella di dissequestro, su cui sta lavorando l’avvocato Paola Severino, ex Ministro della giustizia, al quale Tirreno Power ha affidato il coordinamento della sua difesa. La richiesta di dissequestro della centrale presuppone anche che venga presentato un vero e proprio “progetto” attraverso il quale siano illustrate le modalità con cui si intende far funzionare l’impianto ed effettuare i controlli sulle emissioni, rispettando i paletti posti dal gip Giorgi (installazione dello SME, tarato da un perito del giudice, per il controllo delle emissioni) e diminuendone il più possibile l’impatto ambientale.
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