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06 febbraio 2015

Ilva: C’è un’industria in coma. decreto, debiti e tir staccano la spina all’acciaieria.....


Tratto da Il Fatto Quotidiano
Ilva: decreto, debiti e tir staccano la spina all’acciaieria
C’è un’industria in coma e da domani qualcuno proverà a staccare la spina. La corsa contro il tempo dei parlamentari governativi non servirà. Gli emendamenti del Pd al settimo decreto salva-Ilva non salveranno né l’Ilva né l’indotto. Infatti – nonostante le appariscenti promesse con il Fondo di Garanzia  gli emendamenti non prevedono alcuna iniezione di liquidità. Per questa ragione lo scenario che riguarda l’indotto Ilva “è ancora a dir poco disastroso, le imprese indebitate continuano nella loro lotta contro il tempo, le garanzie per il futuro, di queste imprese ma anche dello stesso stabilimento, sono pari a poco più che zero”. Lo dichiara il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, riferendosi alla situazione delle ditte dell’indotto Ilva che avanzano crediti nei confronti dell’acciaieria ormai da sette mesi.......
“Le modifiche proposte al decreto non sembrano andare al cuore del problema”, spiega Confindustria Taranto. E il cuore del problema sono i soldi: il decreto non contiene un solo euroLo avevamo già detto. Non eravamo stati creduti. Ma ora lo dice anche Confindustria Taranto, che sottolinea come il decreto, anche con gli emendamenti del Pd, “non immette liquidità nelle casse delle aziende, ma consente loro di contrarre ulteriori prestiti con la garanzia del fondo stesso”. Ulteriori prestiti che appesantirebbero “imprese già abbondantemente indebitate per far fronte alle prestazioni verso Ilva”, fa notare Vincenzo Cesareo, che guida la protesta confindustriale tarantina delle ditte dell’indotto......
Si apprende che se ieri erano entrati 130 tir nell’Ilva, oggi dovrebbero entrarne una trentina, da domani ancora meno, e così via. In mare intanto le navi che devono consegnare le materie prime attendono dall’Ilva i pagamenti prima di scaricarle. E’ una situazione che appare disperata.
In questa tempesta di rabbia e incertezza, l’unica cosa sicura sono i debiti dell’Ilvaoltre 2 miliardi e 900 milioni. ........
Questa storia racconta il fallimento di un’intera classe politica e sindacale. .....Sono stati definiti “talebani” coloro che usavano il buon senso e difendevano il loro diritto a vivere. Ma i veri fanatici sono stati quelli che hanno deciso di andare spediti contro un muro negando l’evidenza stessa.
E’ stata una follia quella di far produrre Ilva a tutti i costi, fino ad arrivare all’attuale situazione di insolvenza per precedere il fallimento. I responsabili politici di quest’epilogo disastroso hanno però lucidamente previsto che il disastro economico sarà il contribuente a pagarlo: su ogni italiano verrà scaricato un debito pro capite che ammonta a cinquanta euro a testa, dai neonati agli anziani. Duecento euro per una famiglia di quattro persone. Inoltre, così andando le cose, l’Ilva non dovrà neppure pagare i miliardi di euro di risarcimento richiesti dalle centinaia di parti civili ammesse nel processo.
Ma non tutto è perduto. Ci sarà comunque il processo nei confronti degli imputati (ad esempio i Riva e i politici) e la conseguente richiesta di risarcimento.
Adesso possiamo dire quanto sia stato sbagliato sbarrare la strada alla magistratura con sette decreti, uno peggio dell’altro. Occorreva invece applicare il principio “chi inquina paga” quando l’azienda era ancora vitale. E questo è stato impedito proprio da coloro che oggi scaricano sulla collettività i costi di un immane disastro economico, ambientale e sanitario.

Su Il Fatto Quotidiano l'articolo integrale di  
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Dl del governo salva l’Ilva: responsabilità civile esclusa, no risarcimento a cittadini.

La società non dovrà pagare i 30 miliardi di euro richiesti dalle centinaia di parti civili ammesse nel processo. Bonelli: "È la morte del diritto e della democrazia. Negare i risarcimenti ai parenti delle vittime e tutte le altre parti civili significa condannarli ancora a morte"

Il decreto Renzi salva l’Ilva anche dal pagamento dei risarcimento. È la notizia emersa nel corso dell’udienza preliminare dinanzi al giudice Vilma Gilli che accogliendo l’istanza dei legali dell’azienda ha escluso l’Ilva dai responsabili civili del processo nato dall’inchiesta denominata “Ambiente svenduto”. Alla base della decisione del gup, infatti, c’è la norma voluta dal Governo che ha traghettato lo stabilimento siderurgico di Taranto in amministrazione straordinaria, consentendo così ai legali dell’amministratore straordinario Pietro Gnudi di chiedere l’estromissione dell’Ilva dal processo. Stessa sorte anche per Riva Fire.....
In caso di condanna nel processo penale, quindi, l’azienda che in questi anni ha consentito alla famiglia Riva di accumulare tesori da portare all’estero non dovrà risarcire nessuna delle parti tanti civili. 

Parenti di operai mortiallevatori a cui sono state abbattute greggi di pecore, miticoltori che hanno visto distruggere tonnellate di cozze avvelenate dalla grande industria, abitanti del quartiere Tamburi e gli stessi operai della fabbrica non riceveranno dall’Ilva neppure un centesimo. Non solo. Anche alle istituzioni come il ministero per l’Ambiente, la Regione Puglia, la Provincia e il Comune di Taranto – oltre che di tanti piccoli comuni a due passi dalle ciminiere – l’azienda non dovrà pagare nulla per il disastro ambientale compiuto nei decenni scorsi. Era di poco superiore ai 30 miliardi di euro la richiesta formulata dalle centinaia di parti civili ammesse nel processo tra le quali anche il partito dei Verdi, delle associazioni ambientaliste Legambiente,AltamareaPeacelink e Wwf, i sindacati, Cittadinanza Attiva e Confagricoltura.

“È la morte del diritto e della democrazia – ha tuonato Angelo Bonelli, coportavoce nazionale dei Verdi – È una vergogna: la città e i suoi cittadini sono massacrati per l’ennesima volta. Negare i risarcimenti ai parenti delle vittime e tutte le altre parti civili significa condannarli ancora a morte. Inoltre – ha aggiunto Bonelli – questa norma consente alle aziende che hanno realizzato enormi profitti sulla salute di operai e cittadini di poter conservare i propri tesori nei conti correnti bancari. È stato distrutto il principio chi inquina paga e la beffa maggiore è che questo è avvenuto grazie a un provvedimento dello Stato italiano”. 
In conclusione Bonelli ha annunciato un’immediata denuncia al tribunale dei diritti dell’uomo a Strasburgo.
Su Il Fatto Quotidiano l'articolo integrale  di 

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