COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

04 agosto 2015

1)Obama: un segnale forte per la politica climatica internazionale. 2)Obama in guerra contro il carbone, in Italia sussidi per 4,02 miliardi di dollari l'anno.

Tratto da Swissinfo.ch

Obama: un segnale forte per la politica climatica internazionale.obama epa coal

Con il Clean Power Plan, il piano per le energie pulite annunciato lunedì da Barack Obama, gli Stati uniti potrebbero riprendere la leadership mondiale nel campo della protezione del clima, ritengono molti commentatori della stampa svizzera. La svolta energetica annunciata dal presidente americano, che sarà combattuta dai repubblicani, apre nuove prospettive per il Vertice sul clima di Parigi. 

„Il progetto di Obama è esemplare“, sostengono il Tages-Anzeiger e il Bund nel loro commento comune, per i quali, con il Clean Power Plan, il governo americano comincia seriamente a trasformare il suo approvvigionamento energetico e a compiere “un passo avanti credibile verso la protezione del clima”. 
“La sostituzione delle centrali a carbone con forme energetiche più pulite è la strada che gli scienziati invitano a imboccare già da molto tempo. La combustione del carbone produce infatti le più grandi emissioni di CO2. Rispetto al progetto di legge, la versione finale va ancora più lontano: le nuove norme dovrebbero spingere i produttori di energia ad investire maggiormente nel solare e nell’eolico, piuttosto che nelle centrali a gas, le quali non avranno più alcun futuro in una società post-fossile”, aggiungono i due giornali. 
Con questo piano, “Obama invia un segnale forte anche a livello di politica climatica internazionale. Ora aumentano le chance di convincere, oltre all’UE e alla Cina, anche altri paesi emergenti, come il Brasile e l’India, ad accettare un accordo sul clima efficace”, prevedono il Tages-Anzeiger e il Bund, rilevando come l’obbiettivo di ridurre di un 2% annuo le emissioni di CO2 fino al 2025, stabilito ora dagli Stati uniti, vada perfino oltre quanto fissato dalla Svizzera. 

Guerra contro il carbone 

“Coloro che criticano le nuove direttive per la protezione del clima parlano, non completamente a torto, di una guerra contro il carbone”, scrive la Südostschweiz. “Obama non deve prendere queste critiche come una protesta giustificata, ma piuttosto come un riconoscimento. Il coro di reazioni dei contrari alla protezione del clima mostra che le nuove regolamentazioni potrebbero essere effettivamente efficaci. 
Anche per il quotidiano della Svizzera sud-orientale, questa iniziativa costituisce “il più vasto tentativo lanciato finora da Obama per riportare gli Stati uniti all’avanguardia internazionale nella protezione del clima. Ciò che lascia ben sperare per il Vertice di Parigi sul clima, in programma in dicembre. Dopo che anche i cinesi hanno promesso di fare di più, le prospettive per un accordo su nuovi obbiettivi climatici a partire dal 2020, dopo la scadenza del Protocollo di Kyoto, non sono mai state così buone”. 
_________________
Tratto da Greenreport
Negli Usa la seconda industria carbonifera del
 Paese ha dichiarato bancarotta

Energia pulita: Obama contro il

 carbone, in Italia sussidi per 


4,02  miliardi di dollari l’anno

Secondo il Fondo monetario nel Belpaese versati circa 60 euro procapite, una stima prudente
                      di  Luca Aterini

Risultati immagini per obama against coal

Il Piano per l’energia pulita a marchio Obama è stato appena pubblicato dall’Epa, l’Environmental Protection Agency degli Stati Unitil’annuncio del Clean power plan, poche ore prima, è stato preceduto da quello dell’Alpha Natural Resources. Ieri mattina il secondo più grande produttore statunitense di carbone ha dichiarato bancarotta, schiacciato da un debito di 3,3 miliardi di dollari.
Può essere un caso, ma è certo che nei prossimi mesi e anni arriveranno altre notizie di questo tenore. Il Clean power plan, un documento di portata storica per una realtà come quella statunitense, prevede una riduzione dei gas serra emessi dalle centrali per la produzione di energia elettrica del 30% entra il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Questo l’obiettivo federale, declinato per ogni stato a stelle e strisce; ognuno di loro potrà decidere come raggiungere il target, ma il Piano spinge l’acceleratore sulla chiusura delle centrali a carbone (il combustibile fossile in assoluto più impattante) e la produzione di nuova energia da fonti rinnovabili.

Secondo Gina McCarthy, il direttore dell’Agenzia per la protezione ambientale Usa, applicare il piano comporterà in totale investimenti per 8,4 miliardi di dollari, ma con un ritorno fino a sei volte più ampio: in totale i benefici attesi oscillano dai 34 ai 54 miliardi di dollari. Evidenti anche i guadagni in termini di salute:  McCarthy stima che il Clean power plan possa evitare fino a 3.600 morti premature (il 90% in meno di quelle dovute alle emissioni), 90 mila attacchi d’asma nei bambini, 1.700 ricoveri ospedalieri in meno e 300mila giorni d’assenza da scuola e lavoro per malattia.

Non sarà un percorso facile da percorrere, ma il Piano appena varato rappresenta una delle più decisive eredità politiche del presidente Obama, che è riuscito a far valere la sua leadership in un Paese dove gli scettici del cambiamento climatico sono una parte rilevante dell’opinione pubblica e della classe politica. Allo stesso tempo, il Piano è riuscito a cogliere la domanda di cambiamento che arriva da un’altrettanto vasta fetta di cittadini e imprese. Non a caso, per un’azienda che chiude – l’Alpha Natural Resources –, altre 365 (colossi come Adidas, Ceres, eBay, Unilever, L’Oreal) hanno scritto una lettera ai governatori degli Stati federati, appoggiando il Piano del presidente Obama. L’onda del cambiamento verso un’economia a più basso tenore di carbonio sta già montando, e cavalcarla significa riuscire a coglierne anche i più importanti ritorni economici.

La posta in gioco è talmente alta che a essere penalizzata è addirittura, come sottolineato dal Financial Times, l’industria dello shale gas, protagonista dell’economia americana negli ultimi anni. Rispetto alle prime bozze del Clean power plan, Obama ha ridotto il ruolo del gas come fonte energetica di transizione, in favore di una maggiore spinta all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili: rispetto al 2008, tra 15 anni la potenza eolica installata negli Usa sarà cresciuta del 300%, quella fotovoltaica del 2000%.
Si tratta non solo di obiettivi numerici, ma di una visione politica per contrastare i cambiamenti climatici e creare nuove opportunità economiche. Visione un tempo protagonista in Europa, che adesso si è messa a coda, nonostante rappresenti ancora oggi la fetta di economia più pulita tra i giganti del mondo, Usa e Cina compresi.

Il caso italiano è emblematico di questa frenata: le energie rinnovabili rappresentano ormai il 43,3% (circa 56,8 TWh) della produzione di energia elettrica nazionale e il 37,1% dei consumi elettrici, ma il governo Renzi ha iniziato a remare al contrario e dare nuovo sfogo alle trivellazioni petrolifere. Il famoso Green act, annunciato ormai sette mesi fa, se esiste è ancora ben chiuso all’interno di qualche cassetto. La bozza di decreto per gli incentivi alle fonti rinnovabili non fotovoltaiche privilegia zuccherifici e inceneritori, mentre il Collegato ambientale (alla legge di Stabilità 2013…) muffisce ancora nelle aule parlamentari, con il suo – pur modesto – carico innovativo per quanto riguarda la promozione delle materie prime seconde, tema tradizionalmente e incomprensibilmente ignorato in ambito politico.

Anche per quanto riguarda il carbone (sono ancora molte le centrali sul territorio) l’Italia non brilla. Glissando sul feeling col petrolio, il premier Renzi ha dichiarato che «oggi il nostro nemico è il carbone». 
Ma secondo i dati recentemente diffusi dal Fondo monetario (in allegato), l’Italia sussidia ancora il carbone con 4,02 miliardi di dollari l’anno, lo 0,19% del Pil: come se ogni italiano versasse di tasca sua 66,68 dollari (circa 60 euro). Considerando le altre fonti fossili, tali sussidi salgono a 220,32 dollari procapite, 13,27 miliardi (lo 0,62% del Pil). Secondo Legambiente i sussidi, tra diretti e indiretti, sono ancora di più e ammontano a 17,5 miliardi di euro nella sola Italia. Nel mondo toccano i 5,3 trilioni di dollari, il 6,5% del Pil globale e l’1,1% del Pil statunitense: Obama ha iniziato la sua crociata, ma il Paese finanzia ancora l’industria carbonifera con 633,08 miliardi di dollari l’anno. Se ancora ci fossero dubbi sul dove trovare le risorse per promuovere la riconversione ecologica dell’economia, negli Usa e altrove, i numeri parlano chiaro.

Allegati

Nessun commento: