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18 agosto 2015

Maurizio Santoloci:Stato di calamità innaturale: negazionismo ambientale e dissesto idrogeologico

Tratto da greenreport

Stato di calamità innaturale: negazionismo ambientale e dissesto idrogeologico

[17 agosto 2015]
cambiamento climatico proteste clima struzzi 2
Nel campo ambientale il negazionismo è un elemento diffuso e fondamentale per deviare la percezione da parte dell’opinione pubblica sulle reali cause di alcune fenomeni di danno collettivo; fenomeni palesi e chiari come origini ed effetti, ma negati in modo sistematico e strutturato nelle verità ufficiali. Esistono verità virtuali ambientali per nascondere ai cittadini il reale stato delle cose entro le quali sono inseriti.
Il negazionismo ambientale ha due forme di manifestazione: il silenzio ed il far finta di nulla (quando si parla delle cause di un fenomeno, si tace sistematicamente quella vera, e si espongono teorie totalmente aliene; oppure le prese di posizione ufficiali, che negano le evidenti verità a costo di tutto.
Si pensi ai cambiamenti climatici. Qui il negazionismo è planetario. A fronte di fenomeni di palese alterazione del clima a volte con conseguenze devastanti, laddove anche la pensionata che fa la spesa al mercatino rionale ha capito quali sono le reali cause nei dialoghi che senti tra la folla di avventori, sugli schermi televisivi e sulla carta stampata di diversi giornali trovi ogni giorno fior di scienziati e di politici e di tecnici che ti negano il tutto. E’ normale. Anzi, abbiamo scoperto che alle ore 17,42 del 18 luglio del 1754 ci fu lo stesso fenomeno nella stessa zona. Resti affascinato. Ti dicono perfino giorno ed ora di secoli fa quando è successa la stessa cosa. Allora non c’erano i cambiamenti climatici e – dunque – chi sostiene queste assurde teorie è solo un ambientalista estremista. Anche i termini dei negazionisti sono significativi. “Bomba d’acqua” inserita nel linguaggio comune (anche giornalistico) tutto sommato rende l’idea di un fenomeno eccezionale, dovuto ad un evento meteorologico anomalo ma isolato. Niente di sistematico con un denominatore comune.
Ma si pensi anche – quanto a negazionismo pianificato – a tutti quegli illustri esperti che ancora oggi, nonostante l’evidenza solare del collegamento tra disastri ambientali e danni alla salute pubblica – continuano a sostenere che non ci sono prove di tale nesso causale. Se tumori e leucemie a raffica seriale fanno strage di persone – e spesso di bambini – tutti residenti nella stessa area dove vi è presenza conclamata di rifiuti tossici e cancerogeni depositati o seppelliti in loco, e le malattie sono tutte uguali e diffuse, si tratta solo di persone sfortunate concentrate per caso in una sola area. Non vi sono prove scientifiche che la causa di tali tumori deriva dai rifiuti cancerogeni sotto i piedi di chi si ammala. Quindi anche qui vivete tranquilli. E’ tutto sotto controllo. E si vi ammalate, è solo perché siete sfortunati in massa.
Poi ci sono i negazionisti dei parametri, dei dati e delle statistiche. In Italia si muore di parametri, che sulla carta – comunque – sono sempre in regola. Possono bruciare illegalmente per giorni intere valanghe di plastiche o prodotti chimici o tutto quello che volete, ma poi tranquilli: tutto in regola. I parametri sono a posto. Il campo del dissesto idrogeologico, delle alluvioni, delle frane e del territorio che crolla ogni anno dopo un minimo di pioggia vede un negazionismo da manuale.
Negazionismo trasversale che serve per occultare la vera causa del tutto, e cioè decenni di malgoverno del territorio dove tutti hanno autorizzato (o tollerato) tutti a fare quello che hanno voluto sullo stesso territorio che è stato ridotto ad un immenso areale cementificato in barba alle più elementari regole idrogeologiche, edilizie e paesaggistiche. Autorizzazioni illegittime, piani regolatori insensati, abusivismo tollerato e mai contrastato realmente, condoni finali per spianare, scavare, estrarre, costruire ovunque e comunque. Stravolta ogni regola di corretta gestione delle acque e della terra. Nei telegiornali vediamo case, insediamenti industriali ed artigianali, o cemento comunque dentro l’alveo dei corsi d’acqua, sotto il livello dei corsi d’acqua, sulle sponde dei corsi d’acqua a loro volta ingessati in camice di forza di cemento tipo grandi canali artificiali, boschi rasi al suolo, cave anche sulle rive diffuse, letti di torrenti e fiumi utilizzati come area di scarico di materiali di frantume edile a sua volta derivante da edilizia abusiva. Che volete che succede in tale contesto alla prima pioggia? Dove va l’acqua che scorre, se dove deve scorrere ci abbiamo messo case e cemento?
Ma questa è una verità negata nelle versioni ufficiali. Negata per silenzio diffuso (quando si parla di questi disastri, non si accenna mai a queste cause che sembrano non esistere…); negata per dichiarazioni espresse (recentemente si dichiara – direttamente – che tutto questo non c’entra nulla, e chi sostiene tali cause è un estremista irresponsabile). .......Poi continuiamo a far finta di non vedere che nel frattempo si costruisce ancora dentro l’alveo dei fiumi. E così di anno in anno. Ma cosa si vuol “risanare” se il cemento è ormai dentro i corsi d’acqua e non ci si pone nemmeno il problema di bloccare il prossimo cemento per il prossimo futuro?
Da oggi dovremmo invece chiedere lo “stato di calamità INnaturale” e presentare il conto non alla comunità nazionale (costretta a pagare i danni derivanti dagli altrui lucri illegittimi derivanti dagli abusi e dal loro fiancheggiamento) ma a coloro che sono i diretti responsabili di tali danni.
di Maurizio Santoloci – Diritto all’ambiente

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