Forse qualcuno ha dimenticato il decreto Sblocca Italia, ma il governo no. E infatti il 29 luglio è arrivata alle Regioni la bozza di decreto legislativo che attua una delle previsioni del testo divenuto legge a novembre scorso: quella sugli inceneritori, cioè quegli impianti che bruciano immondizia e producono (a carissimo prezzo) energia. Il testo – che il Fatto Quotidiano ha letto – prevede l’autorizzazione di 12 nuovi inceneritori in dieci regioni: due in Toscana e Sicilia, uno a testa in Piemonte, Liguria, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Abruzzo, e Puglia. Impianti che vanno ad aggiungersi ai 42 già in funzione e ai sei già autorizzati ma ancora in via di costruzione.
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“Fate presto”: il ministro ha perso la pazienza
Il dlgs partito da Palazzo Chigi è ormai alla terza riscrittura e effettivamente in ritardo rispetto ai tempi previsti dalla Sblocca Italia (entro 100 giorni dall’approvazione della legge), ma ora il governo non vuole più aspettare: la bozza è accompagnata dal caldo invito del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, a fare in fretta (“la necessità che su tale documento la Conferenza esprima il proprio parere nella prima seduta utile”) e dalla convocazione di una riunione tecnica il 9 settembre. Non sia mai che la Corte costituzionale accolga i ricorsi che le regioni hanno avanzato su questo punto e si blocchi l’iter dei nuovi impianti.
Gli inceneritori peraltro – proprio grazie allo Sblocca Italia – ora “costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di interesse nazionale”. In soldoni, autorizzazioni più veloci, meno potere alle regioni, protezione rafforzata dei siti scelti contro le proteste dei cittadini: lo stesso schema già adottato per il Tav Torino-Lione e, nello stesso decreto, per le trivellazioni petrolifere e gli impianti di stoccaggio dei gas.

Addio differenziata, l’importante è bruciare
Curioso che per il governo non sia “strategico” incentivare la raccolta differenziata, ma – in barba a costi, rischi ambientali e indicazioni europee – costruire più inceneritori. A oggi, ci informa il “censimento” che l’esecutivo allega alla bozza di decreto, sono attivi in Italia 42 impianti per complessive 82 linee di “produzione”: 52 al Nord, le altre divise a metà tra Centro e Sud. La parte del leone la fanno Lombardia e Emilia Romagna, in cui lavorano grosse multiutility come A2AHera e Iren.
In tutto, nel 2014, sono finite in fumo circa 6 milioni di tonnellate di rifiuti, capacità a cui aggiungere le 730 mila teoriche dei sei impianti già autorizzati (uno a Firenze, uno in Puglia, uno in Calabria e tre nel Lazio). Secondo il governo, però, non bastano: bisogna bruciare altri due milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti l’anno (+37%) e per farlo servono 12 nuovi impianti (i due in Sicilia avranno capienza da 350mila tonnellate l’uno).

Una scelta irrazionale e anti-economica
Intorno agli inceneritori, peraltro, la partita è iniziata da tempo: una settimana fa a Forlì, sempre grazie allo Sblocca Italia, l’impianto già esistente è stato autorizzato ad aumentare la sua capacità di utilizzo di diverse migliaia di tonnellate e riclassificato come “di recupero energetico”, dunque sovvenzionato come produttore di energia rinnovabile. Il Comune era contrario (l’assessore all’Ambiente Bellini si è dimesso), mentre la regione aveva appena annunciato la chiusura di un paio di inceneritori sugli otto attivi in Emilia Romagna.
Il bello è che il governo si giustifica tirando in ballo la direttiva Ue del 2008, che invece propone tutt’altro: riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riuso, riciclaggio e impianti Tmb (un trattamento “a freddo” che riduce ulteriormente la parte di rifiuti non riciclabile). Solo alla fine, dunque, e come “male necessario”, arrivano inceneritori e discariche, scelte più inquinanti.
Il governo Renzi, invece, ha reso l’inceneritore “strategico”: oggi autorizza impianti che saranno pronti fra 5 anni e rimarranno in funzione per 30. 
La scelta di bruciare i rifiuti, peraltro, è incomprensibile anche a livello economico: ai comuni, mediamente, la differenziata costa 198 euro a tonnellata, bruciarli circa 150. Solo che, aggiungendo gli incentivi energetici in bolletta, il costo è simile se non superiore: 220 euro nel 2012. Gli inceneritori, peraltro, creano poca occupazione: per il think tank Waste Strategy, incentivando separazione, compostaggio etc. si passerebbe dalle 68.300 persone impiegate oggi a 195.000 in pochi anni. Non solo: almeno il 25% del peso dell’immondizia bruciata – a non tener conto di diossine, furani e Pcb che finiscono nell’aria – si ripresenta poi sotto forma di cenere da smaltire come rifiuto speciale. 
Ma Renzi vuole i suoi 12 inceneritori: avrà i suoi buoni motivi.
da il Fatto Quotidiano dell’11 agosto 2015





 UN INCENERITORE  ANCHE IN LIGURIA?
La sottostante immagine,a noi cittadini  di Savona  già messi a dura prova  da anni di combustione del carbone  e da tempo a conoscenza , delle problematiche per la salute connesse con  gli inceneritori , ci crea un  grande ....disappunto.

                            

Lo stesso  disappunto  che negli  anni ci  ha provocato la sottostante immagine.
....Ma per  i cittadini  liguri   non sono già stati troppi
i benefici effluvi ,durati decenni ,
  di ben tre centrali a carbone    !!!!!!
   e.....le inevitabili ricadute sulla nostra   salute .
    Detto alla genovese   : EMU ZA DETU .

 Le tre centrali a carbone sono ben individuabili ,dai cerchi  rossi ,sulla cartina soprastante attestante il bio-monitoraggio degli  effetti dell' inquinamento.

Come Dice Il Medico ISDE  Patrizia Gentilini
"Inceneritori e gestione virtuosa 
sono in antitesi".

Per quanto poi riguarda l’impatto ambientale e sanitario degli inceneritori esiste ormai una corposa letteratura scientifica prodotta sia nel nostro Paese che a livello internazionale: nessuno può negare che dalla combustione dei rifiuti vengano emesse sostanze tossiche e cancerogene: ossidi di azoto e di zolfo, polveri fini e ultrafini, diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), metalli pesanti (cadmio, arsenico, berillio, nickel) che sono comunque pericolosi anche se a basse dosi, anche se “entro i limiti di legge”, nonché enormi quantità di scorie, ceneri e fanghi.
Le popolazioni che vivono e/o lavorano nei pressi degli inceneritori, anche se di ultima generazione, sono soggette ad una maggior mortalità e/o incidenza di patologie, in particolare tumori, come riscontrato di recente anche a Vercellimalformazioni, alterazioni degli esiti riproduttivi umani (maggior incidenza di aborti spontanei, di nati pretermine e basso peso), contaminazione della catena alimentare.


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Fanno più danni certe discoteche o certi decreti del Ministero dell’Ambiente?