Tratto da greenreport
Referendum 17 aprile, si amplia il fronte del Sì.
«Al referendum del 17 aprile invitiamo i cittadini a votare sì. Vogliamo che il nostro Paese prenda con decisione la strada che ci porterà fuori delle vecchie fonti fossili, innovi il nostro sistema produttivo, combatta con coerenza l’inquinamento e la febbre del Pianeta, rispettando gli impegni che il Governo ha preso alla COP21 di Parigi a fine 2015».
E’ l’appello lanciato oggi dal Comitato della Regione Puglia, dalla Fiom e dal Comitato Vota sì per fermare le trivelle che hanno «per ribadire l’importanza di questo referendum, più volte bistrattato, per rilanciare l’appello contenente le 10 ragioni per le quali è importante votare sì il 17 aprile». La conferenza stampa del fronte del Sì, alla quale hanno partecipato Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano a nome del Comitato promotore della Regione Puglia, Rossella Muroni e Dante Caserta, in rappresentanza del Comitato Vota Sì per fermare le trivelle, è stata anche l’occasione per annunciare il fine settimana di mobilitazione nazionale dell’8-9-10 aprile, con appuntamento finale il 10 aprile a Bari con una grande manifestazione/concerto a Bari alla quale stanno aderendo istituzioni, associazioni no triv, rappresentanti del mondo della cultura e dello spettacolo che si alterneranno sul palco per sostenere le ragioni del si al referendum del 17 aprile per bloccare le trivelle a tutela del nostro mare e dell’interesse pubblico.
Il fronte del Sì ha ribadito che «Il referendum del 17 aprile è l’occasione per fermare le trivellazioni in mare, cancellando la norma che consente alle società petrolifere di avere concessioni di ricerca e di estrazione (entro le dodici miglia marine dalla costa) senza limiti di tempo. Le trivelle sono il simbolo tecnologico del petrolio: vecchia energia fossile causa di inquinamento, dipendenza economica, conflitti, protagonismo delle grandi lobby, estesa corruzione. Le riserve su cui punta il Governo non sono in alcun modo direttamente collegate al soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale. Qualora lo fossero le riserve certe presenti sotto il mare italiano sarebbero in grado di soddisfare il fabbisogno energetico del nostro Paese per 7 settimane per il petrolio e 6 mesi per il gas. In tutto ciò a guadagnarci sono solo i petrolieri. Alle casse dello Stato vengono versati dalle multinazionali del petrolio 340 milioni di euro circa all’anno, un’inezia. Il “petrolio” degli italiani è ben altro ed è dato da turismo, pesca, produzioni alimentari di qualità, biodiversità, innovazione industriale ed energia alternativa. Trivellare il mare italiano vuol dire mettere a rischio tutti questi mondo, non soltanto dal punto di vista di patrimonio naturale ma anche economico e sociale».
Nell’appello sottoscritto oggi, i tre organizzatori hanno ribadito l’urgenza che «L’Italia acceleri la transizione energetica, si doti di un piano industriale strategico per lo sviluppo sostenibile per costruire un futuro basato sull’efficienza energetica e le fonti rinnovabili distribuite, una economia sostenibile e equa con una industria innovativa ed ecocompatibile, la piena occupazione e la democrazia partecipativa».
Secondo Emiliano «Noi il referendum lo abbiamo già vinto cinque a zero contro il Governo. Se non lo avessimo proposto avremmo le trivellazioni entro le dodici miglia, vicino alle spiagge più belle di Italia. Adesso si tratta di arrivare alla fine, andando a votare il 17 aprile per impedire queste autorizzazioni “highlander”, eterne, concesse ai petrolieri. Le autorizzazioni devono avere una scadenza, altrimenti diventano un’espropriazione del bene pubblico. Questo è un referendum che tutela il nostro mare, ma anche l’articolo 97 della Costituzione, butta fuori le lobby dalla procedura legislativa, che è stato il cruccio più grande di questi giorni.
E in questo modo si recupera quella che noi chiamiamo l’imparzialità della pubblica amministrazione, senza la quale non ci sono diritti, non ci sono garanzie, e soprattutto c’è l’impressione che le istituzioni, anziché essere formate per garantire le persone, siano sviate per garantire singoli gruppi, socialmente irrilevanti, ma economicamente influenti. Continuiamo la nostra campagna per il SI al fianco di questa parte meravigliosa del Paese che difende il suo mare».
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