Tratto da Il Fatto Quotidiano
Inquinamento, abusivismo, costi delle opere: per i cittadini ‘gli atti ambientali sono pubblici’
Tutte le informazioni ambientali in possesso della pubblica amministrazione sono pubbliche e non ci possono essere limitazioni all’accesso dei cittadini.
Questo principio di enorme importanza, pur essendo sancito da leggi comunitarie ed italiane, spesso viene disatteso nel nostro paese in nome di una presunta “segretezza” degli atti pubblici che, in realtà, nasconde a volte la volontà di coprire errori, omissioni o, peggio, crimini commessi da pubblici funzionari; oppure, più semplicemente, non sopporta che vi siano “intrusioni” di cittadini sull’operato della pubblica amministrazione.
La migliore risposta viene da una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V n. 3856 del 13 settembre 2016) relativa ad una controversia su una richiesta presentata da un cittadino al Comune di Portovenere al fine di ottenere l’accesso agli atti inerenti la costruzione di un parcheggio di un complesso turistico. In questa sentenza, riformando un contrario pronunciamento del Tar Liguria, il Consiglio di Stato, ha affermato con chiarezza che la pubblica amministrazione deve fornire al cittadino tutte le informazioni di cui è in possesso e tutti gli atti dei procedimenti amministrativi; non solo cioè i provvedimenti conclusivi e finali (come pretendeva il Comune).
Ha ricordato, infatti, che, secondo la legge, sin dal 1990 per ‘documento amministrativo’ si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. E che, se si tratta di materia ambientale, l’ambito è ancora più ampio in quanto il decreto legislativo n. 195 del 2005, delinea una “amplissima nozione di ‘informazione ambientale’”. Essa, infatti, comprende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente lo stato dell’ambiente ed i suoi elementi (acqua, aria, atmosfera, suolo, territorio ecc.); le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti; le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente; le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale; le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche; lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d’interesse culturale…
Cosa ancora più importante, ai sensi dell’art. 3 della legge citata, “l’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”; aprendo così giustamente le porte all’accesso di tutti i cittadini senza che debbano dimostrare di avere qualche interesse particolare. E stabilisce anche che questo deve avvenire “quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l’entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro il predetto termine di 30 giorni”.
Più in generale, occorre “garantire, ai fini della più ampia trasparenza, che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.
E si può derogare a questo principio solo in casi estremi e tassativi: quando, ad esempio la divulgazione dell’informazione reca pregiudizio alle relazioni internazionali, all’ordine pubblico o alla difesa nazionale, alle indagini ed ai procedimenti giudiziari, alla riservatezza dei dati personali ecc.
Conclusione: l’accesso alle informazioni pubbliche che riguardano il nostro ambiente e la nostra salute è ampiamente garantito dalle leggi e dalla giurisprudenza. Sta a noi farne saggio uso denunciando qualsiasi prassi restrittiva o impeditiva. Nella piena consapevolezza che stiamo parlando di un importantissimo strumento di lotta a disposizione del popolo inquinato.
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