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11 marzo 2017

... Dicono che il disastro Nucleare di Fukushima sia finito. Ma non è così

Tratto da Il Fatto Quotidiano

L’11 marzo di sei anni fa più di 15 mila persone morirono e la vita di altre decine di migliaia di persone cambiò per sempre. Il Giappone nord-orientale fu colpito da un violento terremoto, seguito da un enorme tsunami che spazzò via una dopo l’altra le città costiere. Poi, nei giorni successivi, arrivò la notizia sconvolgente dell’incidente ai reattori nucleari della centrale di Fukushima Daiichi.
Un disastro nucleare che continua ancora oggi. I sopravvissuti all’incidente continuano a vivere con il timore per la salute delle loro famiglie e con l’incertezza sul futuro. E sono le donne ad affrontare le conseguenze più pesanti. Donne che continuano a farsi domande senza avere risposte che siano in grado di alleviare il profondo senso di rabbia e di ingiustizia.
A partire dalle due settimane successive al disastro nucleare, e per tutti questi sei anni, Greenpeace ha condotto campagne di misura della radioattività nella regione contaminata. L’ultima indagine ha raccolto dati sia all’interno che all’esterno di alcune case selezionate nel villaggio di Iitate, situato a circa 30-50 km dalla centrale nucleare di Fukushima. In alcune di queste abitazioni, chi dovesse eventualmente tornarvi potrebbe ricevere una dose di radiazioni equivalente a una radiografia del torace a settimana. E questo assumendo che la popolazione rimanga nella parte di territorio decontaminata, visto che il 76 per cento della superficie totale di Iitate non è stato bonificato e rimane altamente contaminato......
Le donne e i bambini sono i più colpiti da quanto accaduto sei anni fa. Sono infatti fisicamente più vulnerabili agli impatti del disastro e all’esposizione alle radiazioni. L’evacuazione ha inoltre smembrato comunità e famiglie, privando donne e bambini di reti sociali e fonti di sostegno e protezione. Insieme a un forte divario salariale – il Giappone è terzo nella disparità di reddito di genere, secondo le più recenti classifiche dell’Ocse – per le donne sfollate, soprattutto per le madri sole con figli a carico, il rischio povertà è molto più alto rispetto agli uomini.
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