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09 febbraio 2020

Marco Grondacci : Il Consiglio di Stato conferma i poteri dei Sindaci in materia di industrie insalubri

Tratto da Note di  Marco Grondacci 

Il Consiglio di Stato conferma i poteri dei Sindaci in materia di industrie insalubri

Il Consiglio di Stato Sez. II, con sentenza n° 184 del 9

Gennaio 2020 (QUI) è ritornato sulla definizione dei poteri 

che Sindaco e Comune hanno in materia di prevenzione dai 

danni alla salute per le attività classificate come industrie 

insalubri ai sensi del Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934 e dell’elenco di attività e impianti classificati insalubri 

ai sensi del Decreto Ministro Sanità 5 settembre 1994.

Il Consiglio di Stato riafferma i seguenti indirizzi applicativi 
cogenti in materia

La presenza delle industrie insalubri deve essere regolamentata
 fino a vietarla Gli strumenti di pianificazione del territorio possono
 prevedere divieti e limitazioni all’installazione di industrie insalubri
(come confermato da Cons. Stato sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 2 - QUI)


Alle industrie insalubri devono essere imposte prescrizioni
 per evitare rischi alla salute pubblical’installazione nell’abitato di
 una industria insalubre non è di per sé vietata in assoluto, dal momento
 che l’art. 216 T.U.LL.SS. n. 1265 del 1934 lo consente se la stessa 
installazione è accompagnata dall’introduzione di particolari metodi
 produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di 
compromissione della salute del vicinato” 
(Cons. Stato, sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4952 - QUI).


ASL supporta tecnicamente ma è il Sindaco che ha l’ultima
decisione sulla compatibilità della industria insalubre con 
il sito in cui è collocata alla luce dei regolamenti comunalispetta 
al sindaco, all'uopo ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui 
parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, la
 valutazione della tollerabilità, o meno, delle lavorazioni provenienti dalle
 industrie cosiddette insalubri (Cons. Stato sez. V, 27 dicembre 2013,
 n. 6264 - QUI).
 Posta la competenza comunale in merito alla valutazione delle cautele
 occorrenti per ogni singolo caso competenza, il parere della competente
 AUSSL, oltre a prescrivere che il locale destinato ad attività artigianale 
non fosse in comunicazione con l’abitazione, non poteva che rimettere
 allo stesso Comune di Fiesso d’Artico la valutazione in concreto della 
compatibilità dell’attività produttiva in questione alla luce delle
 disposizioni  degli strumenti urbanistici…”

13 agosto 2018

Marco Grondacci -Normativa sulle industrie insalubri: i compiti di Sindaci e ASL

Tratto da Note di Marco Grondacci 

Normativa sulle industrie insalubri: i compiti di Sindaci e ASL
















Seguendo da anni numerose vertenze ambientali in giro per l’Italia mi è spesso capitato di incontrare problematiche legate alle c.d. industrie insalubri di prima classe e di registrare come Sindaci e ASL non applichino correttamente la normativa che disciplina queste attività e come su  questa normativa ci sia un confusione che spesso e volentieri è voluta.
Vediamo quindi di chiarire quali sono le industrie insalubri, come vengono classificate, cosa devono fare i gestori di tali industrie, gli amministratori pubblici e gli enti di controllo tecnico secondo normativa e giurisprudenza…

LA NORMATIVA E LE MODALITÀ DI CLASSIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE COME INSALUBRI
La classificazione di una industria insalubre di prima classe è soltanto un atto di ratifica ex lege in rapporto all’elenco del Decreto Ministeriale 5 settembre 1994 (per l'elenco vedi QUI). In altri termini se l’impresa in questione svolge una attività o detiene/tratta materiali e sostanze rientranti nell’allegato I a detto Decreto è automaticamente classificata insalubre. Quindi le autorità competenti (Asl sotto il profilo della istruttoria tecnica e il Sindaco titolare della funziona di massima Autorità Sanitaria sul Territorio) devono limitarsi a prendere atto di tale attività e applicare le seguenti chiarissime norme del testo unico sanitario (RD 27 luglio 1934 n° 165):
Art. 216
Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute de gli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi.
La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda, quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato.
Questo elenco, compilato dal Consiglio superiore di sanità, è approvato dal Ministro per l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni (ora vedi Ministro Sanità e più recentemente della Salute n.d.r.), e serve di norma per l’esecuzione delle presenti disposizioni.
Le stesse norme stabilite per la formazione dell’elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta insalubre.
Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere permessa nell’abitato, quante volte l’industriale che l’esercita provi che, per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.
Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura, compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può vietarne la attivazione o subordinarla a determinate cautele.”
Art. 217
Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.
Nel caso di inadempimento il podestà (ora il Sindaco n.d.r.) può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.”



COSA SUCCEDE QUANTO UNA ATTIVITÀ E/O IMPRESA È CLASSIFICATA INSALUBRE
Quando invece occorre applicare quanto previsto dal comma 5 articolo 216 sopra riportato (verificare che l’azienda non rechi nocumento al pubblico) occorre che tale verifica sia fatta in concreto  per dimostrare la pericolosità effettiva o meno dell’azienda.
Non solo ma l’ industria che abbia adottato certi accorgimenti tecnici – o speciali cautele – che l’abbiano resa meno inquinante, o meno pericolosa, o meno nociva per l’ambiente esterno ed il vicinato, non perde affatto le «caratteristiche» di industria insalubre.

Quindi occorrerebbe predisporre regolamenti e protocolli che monitorizzino in continuo questi impianti secondo l'evoluzione: 
- del contesto del sito in cui operano, 
- la normativa ambientale che ne disciplina le emissioni e i rischi 
- le tecnologie che li caratterizzano, 
- le modifiche nella gestione del ciclo di attività. 
Continua l  su  Note di Marco Grondacci 

24 agosto 2011

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE:UNA LEGGE CHE I SINDACI NON APPLICANO

Riceviamo da un amico e ringraziando pubblichiamo. Di Roberto Barocci

Una legge che i sindaci non applicano
Sul principio della Precauzione e sui doveri del Sindaco.

Il D.Lgs. 16.1.2008, n° 4 ha di recente modificato il D.Lgs 152/2006, che detta norme in materia ambientale. All’art.3-ter introduce nella legislazione italiana il principio della Precauzione, previsto dal Trattato Comunitario all’art.174.
Il principio della Precauzione è una novità nel nostro ordinamento, estraneo alla tradizione culturale giuridica del nostro paese e, pertanto, è poco conosciuto e raramente applicato.
Cita il suddetto art.3-ter del Codice dell’Ambiente (il D.Lgs.152/06):
“ La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.”

A sua volta, l’art.174, comma 2 del Titolo XIX TRATTATO CE riporta che:
La politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio«chi inquina paga».
In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell’ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura comunitaria di controllo.
Come è esplicitato sopra è utile rammentare che il principio della Precauzione è distinto e diverso dal principio della Prevenzione e dal principio dell’obbligo di bonifica. A tal proposito e sull’obbligo di provvedere anche in presenza di incertezza scientifica vedi la relazione del prof. G. Di Cosimo: Il principio di precauzione nella recente giurisprudenza costituzionale.
Diverse recenti sentenze della Corte Europea e della Corte Costituzionale italiana hanno precisato il contenuto del principio di Precauzione. Di seguito si riportano alcune sentenze e studi, che chiariscono bene quando e da chi tale principio deve essere applicato.
Un primo chiarimento è dato da una sentenza della Corte europea: (Trib. CE, Seconda Sezione ampliata, 26 novembre 2002, T-74/00 Artegodan), dove si legge che:
il principio di precauzione è il principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici”.
Come leggete, si prescrivono le necessità di provvedimenti per eliminare i rischi potenziali e non solo i rischi certi. Noi siamo stati invece abituati a chiedere interventi per eliminare le cause del danno, a posteriori dell’evento dannoso (vedi il decreto Ronchi del ’97)… In sostanza la legge ora impone di intervenire sia come precauzione in caso di incertezza, sia per prevenire in caso di rischi certi e, come vedremo, consente di concepire l’omissione, qualora non si intervenga in caso di rischio potenziale.
Sul principio di Precauzione si legga la relazione del prof. Stefano Grassi e Anna Gragnani. E’ molto chiara e scaricabile qui.
Vedi anche l’autorevole commento in: Principio di precauzione.
Il Sindaco, massima autorità in fatto di salute pubblica, generalmente si deresponsabilizza dietro i pareri degli organi tecnici. Invece la legge assegna a tale figura la responsabilità delle scelte in fatto di precauzione e può decidere anche in disaccordo al parere della USL. Una sentenza del TAR Lazio, a favore del Sindaco di Pontinia, in provincia di Latina, puntualizza che il Sindaco ha la facoltà di assumere autonomamente un parere vincolante, anche in contrasto con il parere della locale USL, quando è in gioco la salute pubblica, in forza degli articoli 216 e 217 del TULS. Vedi sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione staccata di Latina depositata il 14/09/2009.
Si tratta di una sentenza che respinge un ricorso contro il parere negativo espresso dal Sindaco alla proposta di realizzazione di una centrale elettrica a biomasse e formulato in Conferenza dei Servizi in sede di Autorizzazione Integrata Ambientale. Tale impianto è un impianto pericoloso in base al TUSL, la cui autorizzazione è condizionata dal parere del Sindaco, secondo il comma 11 dell’art.5 del D. Lgs 59/2005 (sull’A.I.A.).
Circa il criterio estensivo della definizione di INDUSTRIA INSALUBRE in “Industrie insalubri, ma non solo industrie: corretta interpretazione di un termine” di SILVANO DI ROSA ( Consulente Legale Ambientale – esperto A.N.E.A.), quindi anche per una procedura di VIA o di bonifica si può estendere il suddetto criterio.
Abbiamo disponibili numerosi studi scientifici che sostengono la pericolosità delle emissioni da parte degli inceneritori di rifiuti, di biomasse o del benzene e che possono ampiamente giustificare l’iniziativa di un Sindaco, che voglia rispettare tale principio. La Corte Europea lo ha già definito:
Spetta alla politica (al Sindaco) stabilire il livello del rischio accettabile o non accettabile. Questo è il punto che i nostri Sindaci dovrebbero assumere e che evitano accuratamente (ad eccezione della sindaca Baldi di Follonica).
A conferma del potere del Sindaco, la Commissione Europea scrive in una sua Comunicazione sul principio di Precauzione (COM 2002-1) che la decisione è prettamente politica e non tecnica come si legge nella COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE sul principio di precauzione – Bruxelles, 2.2.2000 (PDF dal sito della Comunità Europea)
Di più: il Sindaco non può rifiutarsi di operare scelte e assumere un parere in coerenza con il principio di Precauzione, anche in virtù degli artt. 50 e 54 del decreto legislativo 267/2000. A tale riguardo vedi sentenza del Consiglio di Stato, in questo caso un Comitato ha chiesto e ottenuto che il Sindaco di Taranto debba applicare tale principio.
Il principio comunitario di Precauzione viene oggi richiamato anche dal Consiglio di Stato per riformare sentenze che non ne abbiano tenuto in debito conto (Vedi: sentenza del 2005).
Pertanto c’è solo da far rispettare le leggi esistenti.
Roberto Barocci
Forum Ambientalista