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05 ottobre 2016

Clima, l’Italia e il doppio gioco sull’accordo Cop21


Tratto da Il Fatto Quotidiano


Clima, l’Italia e il doppio gioco sull’accordo Cop21: “Ha lavorato per avere obiettivi più soft sulle emissioni”

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Il governo ha sempre rivendicato un ruolo da leader in green economy e rinnovabili, ma durante le trattative ha fatto resistenza, insieme alla Polonia, ritardando anche la ratifica dell'intesa all'Europarlamento. 

Il gatto e la volpe. Nel lavorio di trattative che ha preceduto la ratifica dell’accordo di Parigi sul clima al Parlamento europeo, due Paesi in particolare hanno remato contro. Uno è laPolonia, l’altro l’Italia. Resistenze che hanno fatto dilatare itempi di ratifica comunitaria fino all’ultimo momento utile, oltre il quale per l’Unione Europea non sarebbe più stato possibile partecipare alle prossime trattative sul clima. Ma se da una parte Varsavia è da sempre nota per le sue posizioni a favore delle fonti fossili e le sue frenate sui temi ambientali, dall’altra sorprendente è stato l’atteggiamento del governo italiano.
L’esecutivo pubblicamente ha sempre rivendicato la portata storica dell’intesa di Parigi e, anzi, il ruolo di leader dell’Italia nella green economy e nelle rinnovabili. Lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel 2015, partecipando agli incontri della Cop21 a Parigi, aveva detto: “L’Italia ha la leadership in alcuni settori della green economy. Noi stiamo andando nella giusta direzione e stiamo facendo tutti quegli sforzi che ci portano a essere una delle nazioni guida in questo settore. Sono ottimista, ma è ancora lunga. Spero che l’accordo sia il più vincolante possibile, altrimenti si rischia un impegno scritto sulla sabbia”. Anzi, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti aveva rivendicato pochi giorni prima della ratifica che “noi rendiamo più facile l’accordo a livello europeo – continua Galletti – perché abbiamo contribuito già fortemente, anche negli anni scorsi, alla riduzione della Co2 in Europa”.
Eppure nel frattempo l’Italia cercava di frenare. Nelle stanze dei negoziati europei ha lavorato per ottenere impegni più blandi di riduzione delle emissioni. Come? Portando avanti ufficialmente una battaglia per “l’equità” nella spartizione degli impegni tra i Paesi, che nei fatti dovrebbe risolversi in compiti a casa meno pesanti per l’Italia. Se infatti le trattative prima della Conferenza sul clima del 2015 hanno riguardato l’impegno che l’Europa avrebbe dovuto assumersi (fissato a una riduzione del 40% delle emissioni entro il 2030 rispetto al 1990), adesso si negozia su cosa questo obiettivo vorrà dire per i diversi Stati membri. E qui viene il bello.
Un lavoro sotto traccia
La Polonia ha difeso apertamente il diritto del proprio Paese a uno sviluppo basato sul carbone, mentre persino Ungheria e Slovacchia, “alleati” dei polacchi nel gruppo di Visegrad (non proprio dei progressisti sui temi ambientali) hanno preso una posizione opposta. “Hanno già ratificato l’accordo a livello nazionale. Sanno bene che dopo potranno battersi per target più morbidi, ma intanto non conviene mettersi contro il trattato di Parigi”. Quello dell’Italia, nel frattemo, come spiega il responsabile dell’ufficio di Bruxelles di Legambiente Mauro Albrizio, “è stato un lavoro condotto dietro le quinte. Nessuno è così politicamente stupido da dire apertamente di non volere questo accordo”. Così la battaglia si è combattuta ai tavoli tecnici, dove i negoziatori italiani hanno creato non pochi problemi.
Un atteggiamento che per il responsabile Clima ed energia di Greenpeace Italia Luca Iacoboni non è neanche giustificato dalle caratteristiche del nostro Paese: “L’Italia, al contrario della Polonia, è un Paese povero di materie prime, che anche per questo dovrebbe puntare sulle rinnovabili più che sul carbone. Inoltre, anche l’Enel sta dismettendo 23 centrali a carbone”....
Ratifica all’ultimo momento
Le resistenze di alcuni Paesi ad assumersi degli impegni significativi ha fatto allungare i tempi della ratifica dell’accordo a livello europeo, che infatti è arrivata all’ultimo momento, alla presenza del segretario dell’Onu Ban Ki-Moon che non doveva nemmeno essere a Strasburgo, ma ha fatto una deviazione su invito del presidente del Parlamento Martin Schulz. Altrimenti non si poteva fare: per sedersi al tavolo delle trattative della Cop 22 che si terrà a novembre a Marrakech, la procedura di ratifica doveva essere chiusa entro il 7 ottobre. Quelli di novembre saranno negoziati importanti: perché se l’anno scorso alla Cop 21 si è discusso degli impegni di riduzione, quest’anno si dovrà decidere come mantenere le promesse fatte. La Via assicura che “in un mesetto la procedura di ratifica italiana sarà completata”. L’obiettivo sarebbe quello di avere il pezzo di carta pronto per il 7 novembre: così Galletti potrà evitare di presentarsi a Marrakech a mani vuote.Qui l'articolo integrale

02 ottobre 2016

Accordo di Parigi: UE, i ministri dell’ambiente approvano la ratifica bypassando i procedimenti nazionali

Tratto da Rinnovabili.it

Accordo di Parigi: UE, i ministri dell’ambiente approvano la ratifica

L’Unione Europea convalida la “scorciatoia” per ratificare l’accordo sul clima la prossima settimana, bypassando i procedimenti nazionali

(Rinnovabili.it) – E’ una prima volta storica quella si è consumata oggi a Bruxelles nel Consiglio straordinario dei ministri dell’ambiente. Come preannunciato da Segolene Royal, ministro francese dell’ambiente e presidente di turno della COP sul clima, i Ventotto hanno approvato la ratifica dell’Accordo di Parigi senza aspettare l’approvazione formale dei singoli governi.
Una mossa necessaria visto l’impasse creatasi a livello politico. Lentezze normative e capricci nazionali hanno fatto sì che in questi mesi l’impegno preso dall’Unione Europea sull’intesa prodotta lo scorso dicembre rimanesse solo una promessa astratta. Ad aver fatto i compiti a casa, ossia ad aver depositato gli strumenti di ratifica, fino ad ora sono state solo la Germania, l’Ungheria, la Francia, l’Austria e la Slovacchia, relegando così l’Unione Europea ad uno degli ultimi gradini della ledership ambientale.

Ma di fronte alla prospettiva imbarazzante di arrivare alla COP 22 di Marrakesh senza nulla fra le mani e soprattutto con il rischio di essere lasciata fuori dal gruppo di lavoro sul patto climatico globale (il CMA), Bruxelles ha deciso di bypassare le lunghe ratifiche singole dei rimanenti 23 Stati  membri.  Con il tempo ormai agli sgoccioli, i ministri hanno appoggiato la “scorciatoia” e chiesto il consenso del Parlamento Europeo. Una volta che l’Aula di Strasburgo darà il via libera– prevista per la prossima settimana – la decisione sulla conclusione dell’accordo verrà adottata formalmente dal Consiglio e l’Unione europea sarà in grado di depositare il suo strumento di ratifica prima che si siano conclusi i procedimenti nazionali. Continua a leggere qui

30 settembre 2016

Alla vigilia della COP22 :Perché l’Ue ha fretta di ratificare l’accordo sul clima?

Tratto da Rinnovabili.it

Alla vigilia della COP22 di Marrakesh

Perché l’Ue ha fretta di ratificare l’accordo sul clima? 


I tanto declamati danni all’immagine e alla credibilità del vecchio continente sono solo la foglia di fico. In realtà Bruxelles rischia l’estromissione dalle decisioni che contano davvero 
Risultati immagini per accordo sul clima di parigi 
(Rinnovabili.it) – Sulla ratifica dell’accordo sul clima di Parigi l’Unione Europea è ancora la grande assente. Ma qual è la reale posta in gioco? È davvero solo una questione di immagine, di credibilità, che sarebbero calpestate se i Ventotto si presentassero a mani vuote alla COP22 di Marrakesh, al via il 7 novembre, dove l’accordo sembra proprio che entrerà in vigore? E per l’Italia sarebbe soltanto un problema di onore offeso, in quanto membro fondatore dell’Unione ma diversi vagoni più indietro della locomotiva franco-tedesca? Come spesso capita quando in ballo ci sono economia e interessi globali, la facciata ridipinta di “spirito di Ventotene” nasconde aspetti decisamente più prosaici. E per comprenderli bisogna fare una veloce incursione negli aspetti tecnici (ma non troppo), tenendo a portata di mano calcolatrice e calendario.

A che punto è la ratifica dell’accordo sul clima

La tabella di marcia per l’entrata in vigore del patto sul clima ha subito un’accelerazione decisiva con la ratifica da parte di Usa e Cina al recente G20 di Hangzhou. Nei giorni scorsi alla conferenza Onu a New York ai due più grandi inquinatori del pianeta si sono poi aggiunti altri Stati. E le loro firme sono state un giro di boa. L’accordo di Parigi infatti ha due clausole: deve avere la firma di almeno 55 Stati, che rappresentino almeno il 55%  delle emissioni globali. Due calcoli e vediamo che i paesi che hanno ratificato sono ormai 60, la prima soglia è superata. Ma “pesano” soltanto per il 47,5% delle emissioni. Ma a breve anche India e Giappone aggiungeranno la loro firma e i requisiti saranno entrambi soddisfatti. L’Unione Europea resta fuori da tutto questo.

La stanza dei bottoni si chiama CMA

accordo sul climaÈ un problema? Sì, di immagine. Ma non solo. Perché con questa tempistica significa che alla COP22 l’accordo di Parigi entrerà davvero in vigore. E con l’entrata in vigore si innescano altri meccanismi, importantissimi. A questo punto la questione di immagine si rivela per quello che è: una questione di potere, potere contrattuale. Infatti a Marrakesh, un secondo dopo l’entrata in vigore dell’accordo, verrà creata la “Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement”, nome ridondante abbreviato in CMA.
Chi ne fa parte? Solo gli Stati che hanno ratificato. E quali compiti ha il CMA?Supervisionare l’accordo, decidere come e con quali tempi deve essere implementato. Ma a quel tavolo l’Ue non siederà senza la ratifica dei Ventotto. E non potrà aver voce in capitolo: saranno altri i centri decisionali, i luoghi dell’agenda setting, ben distanti da Bruxelles. Questo non è più soltanto un danno all’immagine del vecchio continente, bensì un pericolo reale perché impedisce di contrattare le condizioni migliori – non necessariamente per il clima, ma per l’industria e l’economia europee certamente sì.

La contromossa dell’UE

La soluzione potrebbe arrivare il 4 ottobre. In programma una seduta del Parlamento che potrebbe procedere alla ratifica a livello comunitario, usando quella firma per accedere al CMA. Infatti in Ue soltanto Francia, Ungheria, Austria e Slovacchia hanno detto sì all’accordo, e la Germania dovrebbe unirsi al gruppo nel volgere di qualche giorno (l’Italia non ha nemmeno calendarizzato una seduta parlamentare dedicata). Per evitare che i membri ritardatari strepitino per la forzatura di Bruxelles, che di fatto scavalca la sovranità dei singoli Stati, secondo fonti di Euractiv sarebbe pronta una dichiarazione di Consiglio e Commissione in cui si assicura che la mossa non costituisce un precedente per altre decisioni future.