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24 maggio 2021

Il Fatto Quotidiano : La transizione energetica? Anche gli inceneritori diventano “strategici”

 Tratto da Il Fatto Quotidiano del 23 Maggio 

La transizione energetica? Anche gli inceneritori diventano “strategici”








10 aprile 2021

Italia e transizione energetica, oltre al gas c’è di più . Puntare sul gas significa perdere miliardi di euro

Tratto da Lifegate 

Italia e transizione energetica, oltre al gas c’è di più


Secondo Carbon Tracker investire sul gas porterebbe il nostro paese a non raggiungere gli obiettivi climatici e perdere 11 miliardi di euro nei prossimi anni.


L’Italia a tutto gas? Non conviene. Non solo si tratta di un combustibile fossile, quindi ad alto impatto sul clima, ma si tratterebbe di una fonte energetica fuori mercato, che comporterebbe perdite economiche alla collettività. A dirlo è un recente rapporto di Carbon Tracker, un gruppo di specialisti finanziari che illustra la realtà del rischio climatico sugli attuali mercati di capitali, che ha realizzato lo studio Il rischio di andare a tutto gas – Perché l’Italia dovrebbe investire nel settore dell’energia pulita, in collaborazione con il Rocky mountain institute (Rmi), organizzazione non profit indipendente che da oltre trent’anni lavora per un futuro a basso impiego di carbone e a zero emissioni.

Puntare sul gas significa perdere miliardi di euro

I punti salienti del rapporto sono piuttosto chiari: i piani di costruzione di nuove centrali a gas in Italia per una capacità complessiva di 14 GW potrebbero mettere a rischio gli obiettivi climatici del paese, comportare perdite fino a 11 miliardi di euroin investimenti. “Abbiamo comparato i progetti proposti ad un portafoglio di rinnovabili mostrando che esistono già soluzioni più vantaggiose che permettono di non considerare il gas come una fonte energetica di transizione”, spiega a LifeGate Catharina Hillenbrand Von Der Neyen, responsabile power and utilities presso Carbon Tracker. “Se si considera il gas come tale, si rischia di perdere miliardi di euro in stranded assets. Perché questi combustibili non sono più competitivi”.

Nei prossimi dieci anni infatti le utility prevedono di costruire nuove centrali a gasper rispondere al cosiddetto phase out dal carbone (lo spegnimento delle centrali termiche a carbone), con 5,8 GW di potenza che sarebbero già garantiti da contratti di approvvigionamento aggiudicati nel mercato della capacità (capacity market) e che dovrebbero entrare in servizio entro il 2023. Lo studio però indica che nei bilanci degli operatori elettrici potrebbero rimanere miliardi di euro in attivi non recuperabili (appunto gli “stranded asset”), con conseguente svalutazione del capitale sociale.

Le rinnovabili sono già più economiche rispetto al gas

“Noi non abbiamo fatto altro che valutare la stessa produzione di elettricità, nelle stesse ore e con la stessa domanda e di paragonarla con le soluzioni oggi disponibili, dimostrando che le rinnovabili sono semplicemente più economiche”, continua Hillenbrand Von Der Neyen.

Il fatto che il gas sia considerato un combustibile di transizione per ridurre l’impronta di carbonio del settore energetico è comunque confermato anche dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie). “Ha senso investire in impianti che sappiamo già saranno fuori mercato tra venti o trent’anni? Io non lo farei”, commenta l’esponente di Carbon Tracker.

Il rapporto fornisce anche soluzioni. Il mix ottimale – il portafoglio di rinnovabili – infatti si comporrebbe per un 31 per cento da centrali fotovoltaiche – per generare energia sufficiente per la maggior parte della giornata. Di un 17 per cento di parchi eolici su terraferma, in grado di garantire energia elettrica durante le ore notturne. Di un 16 per cento di batterie di accumulo elettrico – essenziali per rispondere alla domanda delle ore di punta. Di un 27 per cento di riduzione della domanda e di un 9 per cento di efficienza energetica, ovvero ristrutturando i vecchi edifici.


25 marzo 2021

Civitavecchia : Transizione energetica, Cgil e Uil: “La Regione prenda posizione”

 Tratto da TRC Civitavecchia 

Transizione energetica, Cgil e Uil: “La Regione prenda posizione”


“La regione Lazio deve prendere posizione in merito alla transizione energetica. E a questo punto è fondamentale che lo faccia”. A chiederlo sono Stefania Pomante della Cgil e Giancarlo Turchetti della Uil, entrambi segretari generali confederali per Viterbo, Civitavecchia e, per quanto riguarda Pomante, Roma nord.

“Il 7 aprile – spiegano i due sindacalisti – è previsto un nuovo incontro con il sindaco. Per l’occasione, Cgil e Uil presenteranno una bozza di documento sulla transizione energetica e lo sviluppo dell’area da condividere con tutti gli attori del territorio”.
Ieri pomeriggio la riunione a distanza del tavolo convocato dal sindaco Ernesto Tedesco sulla situazione di Civitavecchia. Al tavolo, assieme a Tedesco, a Cgil e Uil, anche gli assessori regionali alle infrastrutture, Alessandri, al lavoro, Di Berardino, e allo sviluppo economico, Orneli, il vicesindaco Magliani e l’assessore Barbieri.
“Cgil e Uil – proseguono Pomante e Turchetti -, assieme ad altre realtà del territorio, hanno da tempo proposto una transizione energetica che tiene innanzitutto conto del piano energetico europeo del 2020 (New generazion EU) che di fatto, come più volte chiesto dall’Ue all’Italia, rende vecchio e inadeguato al nuovo contesto il piano nazionale. Investendo, infine, il piano dell’Ue, sulle uniche energie rinnovabili che rispettano il territorio e assicurano inoltre, e non da ultimo, ottimi livelli occupazionali”
“Per questo – proseguono Pomante e Turchetti – il progetto di Cgil e Uil, condiviso da tantissime altre realtà, punta a fare della centrale di Torrevaldaliga nord un centro sperimentale per l’idrogeno associato a progetti legati a fotovoltaico ed eolico offshore. Quindi, siamo fermamente contrari al turbogas. Primo, perché non è la soluzione ambientale migliore per uscire dal carbone, come invece potrebbe essere l’idrogeno. E come, fra l’altro, chiede l’Europa. Secondo perché il turbogas garantirebbe solo una quarantina di posti di lavoro, a fronte di 450 circa impiegati attualmente in centrale. Con il solo eolico offshore, come ribadito più volte, se ne garantirebbe invece quasi mille. Infine, ed è un altro dei motivi, lungo 20 chilometri di costa Enel e Tirreno Power prevedono 3 centrali a turbogas. Torrevaldaliga sud, Torrevaldaliga nord, entrambe a Civitavecchia, e Montalto. Semplicemente troppe e di eccessivo impatto in un’area di rilevante e fondamentale valore storico, archeologico e ambientale”.......

22 dicembre 2018

WWF, Brindisi come modello di giusta transizione:BRINDISI ADESSO FUTURO:

Tratto da Agoramagazine 

Carbone: WWF, Brindisi come modello di giusta transizione

In occasione del convegno “Centrali a Confronto” del Comitato No al Carbone e WWF Brindisi, il WWF Italia pubblica l’aggiornamento del dossier “Il carbone: voltare davvero pagina in Italia, in Europa e nel mondo” e rilancia il laboratorio di idee e progettualità “Brindisi adesso futuro”

Oggi a Brindisi, dalle 17.00 il convegno “Centrali a confronto, i casi di Brindisi, Porto Tolle, Vado Ligure”, organizzato dal comitato No al Carbone e dal WWF Brindisi, dove saranno messe a confronto le situazioni delle centrali divenute simbolo dell’uscita dal carbone. 
In concomitanza con questo incontro, il WWF Italia vuole illustrare le sue proposte verso la transizione giusta aprendo il laboratorio di idee e progettualità “Brindisi adesso futuro”e pubblica l’aggiornamento del dossier “Il carbone: voltare davvero pagina in Italia, in Europa e nel mondo”.

Il WWF conduce da anni una campagna per la chiusura delle centrali a carbone, il più inquinante tra i combustibili fossili. Nel corso di questa iniziativa, intitolata “NO al carbone, SI’ al futuro”, sono state realizzate diverse azioni mirate alla decarbonizzazione dei siti in cui si trovano impianti a carbone e lo sviluppo di alternative economiche e occupazionali -vedi qui lo studio commissionato a Enea sulla Liguria, dove sorgono tre centrali a carbone, due delle quali chiuse- oggi con un focus strategico sulla situazione di Brindisi sud, che potrebbe diventare un modello nazionale (e anche internazionale) di giusta transizione. L’obiettivo è quello di mirare a un rapido processo di decarbonizzazione del settore energetico, arrivando alla chiusura di tutte le centrali a carbone in Italia entro il 2025 o anche prima. Per fare questo l’associazione si è mossa in modo articolato su tutti i piani: da quello legale a quello politico, dalla predisposizione di rapporti che forniscono strumenti concreti per facilitare il phase-out del carbone, alla realizzazione di eventi che mirano a coinvolgere i cittadini e i portatori di interesse, per fare emergere come una transizione giusta dal carbone alla green economy possa essere auspicabile non solo per l’ambiente, per la salute e per l’economia, ma anche per i lavoratori.  Lo scorso anno la SEN (Strategia Energetica Nazionale) ha dichiarato l’obiettivo politico di chiudere le centrali a carbone entro il 2025 e il WWF si augura che con il Piano Energia Clima che il Governo deve presentare in bozza entro la fine dell’anno tale decisione venga rafforzata da provvedimenti concreti e una timeline.
Il dossier “Il carbone: voltare davvero pagina in Italia, in Europa e nel mondo” inquadra la necessità di procedere con la massima celerità alla decarbonizzazione del sistema energetico, per contrastare i danni più gravi causati dai cambiamenti climatici e allo stesso tempo limitare i danni sanitari derivanti dai processi di combustione del carbone e evidenzia come il ragionare di transizione energetica verso un modello green sia auspicabile sia per ridurre i suddetti impatti, sia per innescare un nuovo modello occupazionale più equo e sostenibile. 
A livello europeo è stimato che solo in termini di impatto sanitario (quindi senza considerare i danni climatici) la combustione del carbone provochi costi che possono arrivare a 62 miliari di euro all'anno. Se poi a livello mondiale si dovesse attribuire un costo sociale all'impatto climatico provocato dalle emissioni di carbonio, è stato scientificamente stimato che ogni tonnellata di CO2 emessa dovrebbe mediamente costare oltre 400 dollari. E se si considera che un MWh da carbone emette oltre 800 kg di CO2 si fa presto a capire come questa fonte energetica sia assolutamente insostenibile anche sul piano economico, a patto che si vogliano finalmente considerare le esternalità ambientali.

Il convegno di oggi a Brindisi si pone come occasione per mostrare come, partendo dagli aspetti di contenzioso legale (resi necessari per contrastare impianti dannosi, gestioni a volte discutibili e processi autorizzativi spesso poco rispettosi dell’ambiente e della salute delle persone), si debba poi arrivare ad affrontare il tema della transizione e lo si debba fare per tempo, in modo da creare prospettive di lavoro sostenibili per i cittadini. Con questo obiettivo nasce il laboratorio di progettualità e idee del WWF Italia “Brindisi adesso futuro”, un'iniziativa che vuole accompagnare la chiusura della centrale a carbone Federico II di Cerano e allo stesso tempo rilanciare in modo sostenibile l’intera area industriale.....
Da oggi, fino al 18 febbraio 2019, si potrà partecipare al laboratorio “Brindisi adesso futuro” compilando il questionario sulla pagina wwf.it/laboratoriobrindisi.

10 giugno 2017

Transizione energetica: Dal carbone al solare, tutti i vantaggi di unatransizione pulita

Tratto da Qualenergia 

Dal carbone al solare, tutti i vantaggi di una transizione pulita

Uno studio Usa prova a stimare i benefici economici e sanitari dell’ipotetica sostituzione di tutte le centrali a carbone americane con 755 GW di fotovoltaico. Quanto costerebbe? Quante vite umane si potrebbero salvare? Spunti e riflessioni in tema di esternalità negative, carbon pricing e infrastrutture obsolete.
Quante vite umane potremmo salvare, sostituendo tutte le centrali a carbone degli Stati Uniti con impianti fotovoltaici? Quanto costerebbe e su quali vantaggi sociali ed economici potremmo contare?
Sembrano quesiti destinati a rimanere senza risposte plausibili. Eppure c’è un gruppo di ricercatori della Michigan Technological Universityche ha provato a stimare i benefici di questa transizione energetica accelerata coal-to-solar, in uno studio intitolato "Potential Lives Saved by Replacing Coal with Solar Photovoltaic Electricity Production in the U.S." (allegato in basso).
In sintesi, senza addentrarci nei complessi calcoli eseguiti dall’università USA, il team guidato dal prof. Joshua Pearce ritiene che si potrebbero evitare quasi 52.000 morti premature ogni anno, dovute all’utilizzo di carbone con relativo incremento delle emissioni inquinanti, rimpiazzando l’intera capacità di generazione della fonte fossile “sporca” con il solare FV.
Parliamo di circa 755 GW cumulativi di potenza fotovoltaica necessaria per eliminare il carbone, con un investimento complessivo di quasi 1.500 miliardi di dollari. L’investimento iniziale per ogni vita umana, quindi, è nell’ordine di 1,1 milioni di $, ma lo studio intende dimostrare che è un’operazione profittevole.
In altre parole, i benefici sociali, economici e ambientali permettono di assegnare a ogni individuo “salvato” un valore di alcuni milioni di $, secondo le circostanze e i parametri di riferimento. Ad esempio: tasso di mortalità indicato in kWh/anno di produzione del carbone, inquinamento atmosferico, costo dell’energia elettrica generata dai moduli solari in 25 anni di durata media utile e così via.
A prescindere dalle ipotesi formulate nello studio, che possono essere criticate sotto vari aspetti - partendo dall’obiettivo stesso di cancellare completamente il carbonedal mix energetico statunitense con il solo fotovoltaico, mentre sarebbe più utile pensare a un portafoglio più esteso di rinnovabili - le conclusioni dei ricercatori americani meritano attenzione per diversi motivi.
Il primo è che bisogna incorporare le esternalità negative nei prezzi elettrici: sono quegli extra-costi, molto difficili da quantificare con precisione, che normalmente sono scaricati sulla collettività anziché “pesare” su chi gestisce gli impianti di produzione o parti della filiera (articolo di QualEnergia.it sulla proposta di una carbon tax globale).
Costi sanitari, soprattutto, dovuti alle morti premature e all’insorgere di determinate malattie cardiovascolari e respiratorie provocate dall’inquinamento atmosferico, oltre ai costi ecologici per contrastare gli effetti più rovinosi dei cambiamenti climatici, attraverso bonifiche ambientali, ripristino di ecosistemi danneggiati, eccetera.
La seconda considerazione rilanciata da questo studio è che le rinnovabili sono in grado di competere con le fonti tradizionali di generazione elettrica.
Di recente, Lazard ha pubblicato delle tabelle con i valori LCOE (Levelized Cost of Energy) medi delle diverse tecnologie negli Stati Uniti (vedi QualEnergia.it), mostrando che i migliori progetti eolici e solari riescono già a produrre elettricità in piena concorrenza - senza sussidi - con gas, nucleare e carbone.
Parliamo di valori prettamente economici: tassi d’interesse, fattori di capacità, spese fisse-variabili per l’operatività e manutenzione degli impianti, prezzi dei combustibili (quando pertinenti) e così via, per definire il costo “tutto compreso” delle fonti nel lorociclo di vita, ma tralasciando le esternalità negative.
Il documento dell’università americana, oltre a farci riflettere sui benefici aggiuntivi delle rinnovabili rispetto ai combustibili fossili, si lega infine al tema degli stranded asset, le infrastrutture energetiche obsolete, inefficienti e sempre meno remunerative, di cui gli impianti a carbone sono un perfetto esempio.
Fa quasi sorridere - anche se purtroppo Donald Trump sta prendendo la sua politica nazional-fossile molto sul serio - che nei giorni scorsi, proprio mentre la Casa Bianca stava preparando il suo annuncio di uscire dagli accordi di Parigi, tre grandi centrali a carbone sono state chiuse in New Jersey e Massachusetts, messe definitivamente fuori mercato dai prezzi bassi del gas naturale.
Il rischio per le utility, quindi, è conservare investimenti in beni e servizi destinati a essere scavalcati dalle nuove tecnologie delle rinnovabili e dell’accumulo energetico (articolo di QualEnergia.it sulle sperimentazioni in California).

20 maggio 2017

La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è un processo inevitabile e ormai irreversibile.

INTERESSANTISSIMO LIBRO:

Tratto da Qualenergia 

Transizione energetica, una sfida non solo tecnica, ma culturale e morale

Siamo in un momento cruciale della storia dell’astronave Terra: l’era dell’uomo, l’Antropocene, finora caratterizzata dall’uso crescente dei combustibili fossili, deve fare i conti con la necessità di rinunciare gradualmente a questa fonte di energia per non compromettere la stabilità della biosfera e lo sviluppo della civiltà.

Così inizia la prefazione della terza edizione, appena uscita, del libro di Nicola Armaroli (dirigente di ricerca del CNR) e Vincenzo Balzani (professore emerito dell’Università di Bologna e Accademico dei Lincei) dal titolo “Energia per l’astronave Terra”, Zanichelli Editore, 
QualEnergia.it intervistò nel febbraio del 2016 il professor Balzani sulle deboli politiche energetiche e industriali italiane e la scarsa attenzione della stampa alle tematiche ambientali.
In questa edizione il sottotitolo è L’era delle rinnovabili” e dalla prima edizione, che risale al 2008, cioè in meno di un decennio, spiegano gli autori, “sono cambiate più cose di quanto allora potessimo immaginare o sperare”.
In quegli anni iniziava a diffondersi la consapevolezza del fatto che ci troviamo su un’astronave con risorse limitate. I cambiamenti climatici e i danni alla salute causati dall’uso dei combustibili fossili erano già evidenti - si legge nel libro - ma una potente lobby sostenuta da grandi compagnie petrolifere finanziava scienziati e centri di ricerca per gettare dubbi sulla realtà del riscaldamento globale e disorientare l’opinione pubblica.
All’epoca le fonti alternative proposte per sostituire i combustibili fossili erano il nucleare e le energie rinnovabili. ...
Si ricorda come nel 2008 i pannelli fotovoltaici installati nel mondo (15 GW) producevano meno dell’1% dell’energia elettrica prodotta dai 439 reattori nucleari e parevano poco plausibili come alternativa. Negli Usa si tentava di rilanciare il nucleare con generosi contributi statali e il famoso deposito per rifiuti altamente radioattivi di Yucca Mountain sarebbe dovuto entrare in funzione a breve. In Italia il governo lanciava un programma per il ritorno al nucleare.
Nel 2011, quando è uscita la seconda edizione di questo libro, il quadro era già sostanzialmente cambiato. L’incidente di Fukushima aveva affossato le prospettive di rinascita del nucleare; i possibili finanziatori si erano definitivamente ritirati e l’accettabilità sociale di questa tecnologia era crollata ovunque. Gli italiani, tramite un referendum popolare, si erano pronunciati in massa contro il ritorno al nucleare proposto dal governo.
Nel frattempo il fotovoltaico installato nel mondo era più che quadruplicato, salendo da 15 a 68 GW.
Nel 2009 la conferenza ONU sul clima a Copenaghen aveva preso atto dello scarso impatto del protocollo di Kyoto, redatto nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, per contenere le emissioni che possono modificare il clima; pur confermando la necessità di evitare il riscaldamento del pianeta, la conferenza non giunse ad accordi sostanziali.
La transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili faticava a farsi strada, ma qualche segnale cominciava a manifestarsi: la Germania lanciava un piano nazionale di transizione energetica di vasta portata mentre gli Stati Uniti, sotto la guida del presidente Obama, si impegnavano finalmente a sviluppare le energie rinnovabili.
Nel frattempo il degrado ambientale del pianeta si è aggravato a causa del modello di sviluppo dominante, l’«economia lineare» che si basa sull’energia dei combustibili fossili, sull’uso indiscriminato delle risorse naturali e sull’accumulo di rifiuti nella biosfera.
Questo un quadro di storia recente, ma poi negli ultimi anni – affermano gli autori - il vento sembra essere cambiato. Evidenziano due eventi che possono dare questo segnale e che avrebbero dovuto dare un forte impatto sulla pubblica opinione e sul mondo della politica e dell’economia.
Nel giugno 2015 l’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco sulla cura della «casa comune» ha denunciato lo stato di diffuso degrado ambientale e sociale e ha esortato a trovare un consenso mondiale per mettere rapidamente in atto azioni concrete.
Nel dicembre dello stesso anno, alla conferenza Cop21 di Parigi, l’auspicato consenso è stato raggiunto: le delegazioni di 196 Paesi hanno riconosciuto che il cambiamento climatico rappresenta un pericolo urgente e potenzialmente irreversibile per tutta l’umanità. Si è convenuto che è assolutamente necessario agire per mantenere l’aumento della temperatura media globale entro 2 °C rispetto al livello pre-industriale.
La progressiva ma rapida transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili potrà essere favorita dall’accordo di Parigi con i suoi tanti deboli? Ogni nazione si è posta obiettivi che saranno difficili da verificare e forse non basteranno per fermare il surriscaldamento del pianeta.
Rimane però il fatto che parte del mondo economico e politico inizia ad ascoltare i richiami della scienza e dell’etica per salvare la biosfera. In questo contesto, vasti movimenti di opinione internazionali chiedono la riconversione degli investimenti dall’estrazione dei combustibili fossili allo sviluppo delle energie rinnovabili.
Che le cose cominciano a cambiare a dirlo sono i numeri e alcuni fatti indicati nel libro.
Da qualche anno il contributo relativo dei combustibili fossili alla domanda energetica mondiale ha iniziato a diminuire. In tutto il mondo le tecnologie rinnovabili dominano largamente i mercati elettrici in termini di nuova potenza installata.
La Cina, martoriata da problemi di inquinamento atmosferico e timorosa di rivolte sociali, ha approvato una moratoria sulla costruzione di nuove centrali a carbone in molte province. Il Giappone deve far fronte a spese colossali per la gestione della crisi di Fukushima (a distanza di 6 anni, i reattori danneggiati restano inesplorabili), mentre continua a tenere spento il suo enorme parco centrali, in attesa di certezze tecniche e sostegni politici forse svaniti per sempre.
Mentre in alcune nazioni l’auto elettrica sta diventando un serio concorrente alle auto tradizionali, i Paesi produttori di petrolio, terrorizzati all’idea che il trasporto su strada si trasformi radicalmente, sono impegnati in una guerra di tutti contro tutti sulle quote di produzione e sui prezzi.
Il risultato paradossale è che il petrolio viene venduto sottocosto, per mantenerlo concorrenziale, portando molti Paesi produttori e aziende energetiche sull’orlo della bancarotta.
Nel 2016 la potenza da eolico e fotovoltaico ha sfiorato 800 GW, coprendo il 5% della domanda elettrica globale. In Europa le rinnovabili coprono il 17% dei consumi energetici totali; 11 Stati della UE hanno già raggiunto l’obiettivo del 20% previsto per il 2020.
Preme agli autori sottolineare come in appena 20 anni eolico e fotovoltaico, che erano quasi inesistenti, oggi sono in fortissima crescita: si tratta del più veloce e dirompente cambiamento energetico della storia.
Gli investimenti nelle energie rinnovabili oggi continuano ad aumentare e anche i Paesi meno sviluppati intravedono finalmente la possibilità di accrescere la propria disponibilità energetica.
La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è un processo inevitabile e ormai irreversibile, che nemmeno un presidente degli Stati Uniti ostile potrà fermare e che faciliterà un graduale passaggio dall’economia lineare all’«economia circolare», basata sul riciclo, che potrà fermare il degrado del pianeta.
Questa terza edizione di Energia per l’astronave Terra vuole raccontare la complessità della transizione e gli ostacoli che restano da superare, ribadendo con forza che la scienza e la tecnologia non bastano per vincere la sfida.
Nelle loro conclusioni Armaroli e Balzani spiegano infatti che al di là di una certezza, che cioè possiamo contare sull’energia solare, che è abbondante, inesauribile e ben distribuita su tutta la Terra, non possiamo evitare di confrontarci con tre verità scomode: (a) dobbiamo vivere tutti assieme su questa astronave Terra; (b) dobbiamo custodirla, sapendo che le risorse sono limitate e che l’accumulo dei rifiuti è dannoso; (c) dobbiamo distribuire le risorse in modo più equo fra tutti i passeggeri, se vogliamo vivere in pace.
Dobbiamo accettare la progressiva e inevitabile rinuncia a alle fonti fossili e con una simile prospettiva molte cose devono cambiare subito nella politica, nell’economia e nella scienza.
L’innovazione è, e rimarrà sempre, motore di crescita e di sviluppo umano. Ma oggi sappiamo che crescita e sviluppo devono essere governati non più dal consumismo, ma dalla sostenibilità ecologica e sociale......
L’abbandono del consumismo e lo sviluppo di un’economia circolare dipende anche da ciascuno di noi. Come suggerisce papa Francesco «la coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini». Un cambiamento nei nostri stili di vita può esercitare una forte pressione su coloro che esercitano il potere politico ed economico e che ci spingono all’usa-e-getta.
Ma il punto chiave dell’analisi di Armaroli e Balzani è che si devono ridurre le disuguaglianze – dovute anche a un’iniqua distribuzione delle risorse energetiche – per aumentare la qualità della vita dell’intera società ci dev’essere un impegno della politica e dell’economia a tutti i livelli: regionale, nazionale, europeo, globale.
Al termine del libro si lancia un messaggio: “Non dobbiamo dimenticare però che ciascuno di noi, nel campo in cui opera, con le competenze di cui dispone, nella situazione in cui si trova, può dare il proprio contributo per costruire una società più giusta e inclusiva, facendo leva sulle preziose energie spirituali che caratterizzano l’uomo: collaborazione, solidarietà, amicizia, creatività”.
Il lungo e faticoso cammino della transizione energetica non è dunque soltanto un’affascinante prova sul piano scientifico e tecnologico, ma – concludono gli autori - è soprattutto una sfida culturale e morale verso la sobrietà e la responsabilità individuale, nella quale ormai tutti siamo coinvolti.

04 gennaio 2016

Stopfontifossili:L’evanescente mano che dà il metano

Tratto da Stopfontifossili.wordpress.com

Risultati immagini per Stop fonti fossili

L’evanescente mano che dà il metano

Back to basics: “Un gas non ha un volume proprio ma tende ad occupare tutto lo spazio a disposizione, e assume la forma del contenitore che lo contiene, riempiendolo”. Può suonare banale, ma di tanto in tanto le nozioni scientifiche basilari imparate a scuola tornano utili. Teniamo dunque bene a mente questa fondamentale caratteristica delle sostanze gassose, che differenzia questo stato della materia da quello liquido in cui invece la sostanza possiede un volume proprio. Non è una differenza da poco: se il contenitore non c’è o perde l’ermeticità, un gas si disperde in atmosfera senza alcuna possibilità di poterlo confinare in qualche modo.
E’ ciò che sta accadendo da più di due mesi a Porter Ranch, vicino Los Angeles, dove una enorme fuoriuscita di metano da un pozzo usato a scopo di stoccaggio in un impianto gestito dalla società californiana SoCalGas ha sconvolto la vita della comunità residente nei paraggi, richiedendo l’evacuazione di più di 1800 famiglie con molte altre in lista d’attesa. 
Si tratta di una perdita immane, pari a 1200 tonnellate di metano al giorno, con un potenziale climalterante (il metano è un gas serra molto più potente della CO2) pari al 25% delle emissioni dell’intera California. Ma quello che è più grave è che non c’è una soluzione immediata in vista, e nonostante l’incessante lavoro dei migliori esperti in circolazione, per contenere la fuoriuscita di metano potrebbero essere necessari più di tre mesi.....
Ma qui nasce un’altra, ben più importante domanda: quali sono le applicazioni del metano che non possono oggi essere rimpiazzate dalle fonti rinnovabili? Perché se transizione deve essere, ha poco senso passare al gas laddove sono già disponibili delle alternative mature fossil free. La crescita impetuosa delle energie rinnovabili nell’ultimo decennio ha riguardato, come sappiamo, in primo luogo la produzione di elettricità. 
Nonostante gli assurdi freni regolatori opposti dagli ultimi governi, l’Italia copre ormai il 40% del suo fabbisogno elettrico con le rinnovabili, e la crescente economicità dei moduli fotovoltaici, il cui costo è diminuito di 7 volte negli ultimi dieci anni, sta rapidamente ridisegnando il mercato dell’energia rendendo obsoleti i piani energetici nazionali elaborati solo pochi anni fa......

23 ottobre 2015

Kevin Anderson:Troppo ottimistiche le previsioni sui cambiamenti climatici

Tratto da Focus

Troppo ottimistiche le previsioni sui cambiamenti climatici

Un climatologo lancia gravi accuse ai ricercatori, che a suo dire nascondono la realtà: i cambiamenti climatici saranno molto più gravi di quanto viene detto.

Kevin Anderson, climatologo al Tyndall Centre for Climate Change Research, in un articolo afferma che le proiezioni sui cambiamenti climatici avanzati in questi anni dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) sono... "wildly overoptimistic", espressione che nel contesto del discorso di Anderson potrebbe suonare come "molto, molto, molto ottimistiche".

Egli sostiene che gli sforzi che si stanno facendo per limitare la crescita della temperatura terrestre al di sotto dei 2 °C rispetto agli anni Novanta sono insignificanti rispetto a quanto si dovrebbe fare. «Sono necessari - afferma il ricercatore - tagli drastici nell'uso di energia e di beni materiali, e bisogna modificare radilcalmente gli stili di vita, almeno fino a quando avremo un completo passaggio dai combustibili fossili ad altre forme di energia.»


AUTO-CENSURA. Nel suo studio, Anderson sostiene che molti ricercatori nascondono i risultati del loro lavoro, affinché risultino più appetibili ai politici, perché parlare apertamente della necessità di un ripensamento radicale della nostra società in chiave di riduzione dei consumi (e in ultima analisi, di riduzione del benessere) non è molto popolare. Affermazioni che suonano come un campanello d'allarme per Hoesung Lee, da pochi giorni presidente dell'Ipcc, in vista dei negoziati sul clima che si terranno a Parigi a fine novembre 2015.

TAGLIARE LE EMISSIONI DEL 70%. Se si vuole contenere l'aumento della temperatura globale entro i 2 °C, dichiara Anderson, «è necessario un taglio nelle emissioni di anidride carbonica dal 40 al 70% entro il 2050». Secondo il ricercatore l'obiettivo è raggiungibile, e probabilmente senza troppi scossoni nell'economia mondiale, ma è necessaria una transizione rivoluzionaria nella società e nell'uso dei combustibili fossili.

Kevin Anderson sostiene che è necessario abbandonare i combustibili fossili al più presto

ANCORA TROPPE EMISSIONI... Secondo l'ultimo rapporto dell'Ipcc per rimanere sotto una crescita di 2 °C è necessario che da qui al 2100 non si immettano nell'atmosfera più di 1.000 gigatonnellate (1.000 miliardi di tonnellate) di anidride carbonica. Tuttavia nel solo periodo 2011-2014 abbiamo liberato in atmosfera 140 gigatonnellate di CO2, e basta poco per capire che a questo ritmo avremo di gran lunga superata la soglia critica ben prima del 2100.

«Se vogliamo davvero raggiungere quei risultati, entro il 2050 dobbiamo sostituire completamente i combustibili fossili. Oppure trovare efficaci tecnologie capaci di sottrarre quantità industriali di CO2 dall'atmosfera», conclude Anderson.

05 ottobre 2015

Per la conservatrice IEA: "al 2020 dalle rinnovabili due terzi della nuova potenza"

Tratto da Qualenergia
Venerdì scorso, davanti ai G20, la International Energy Agency (IEA) ha presentato le sue ultime previsioni sulle rinnovabili, riviste per l'ennesima volta al rialzo. Per l'agenzia internazionale è sempre più chiaro che solare, eolico e le altre saranno sempre più diffuse, pesando per due terzi della nuova potenza netta nel mondo da qui al 2020.
E se questa è la previsione IEA, è probabile che la transizione sarà ancora più rapida: come ha messo in evidenza un recente studio, infatti, l'Agenzia in questi ultimi anni ha sistematicamente sottostimato il potenziale delle fonti pulite e sovrastimato quello dell'energia convenzionale. Ad esempio per il fotovoltaico a gennaio 2015 eravamo già ad una potenza tripla rispetto a quanto previsto dalla IEA solo 5 anni fa.
Il nuovo Medium Term Market Report 2015
Partiamo dalle ultime previsioni dell'Agenzia: il nuovo Medium Term Market Report 2015 (executive summary e slide in basso) prevede che nei prossimi 5 anni si installino ben 700 GW di nuova potenza da rinnovabili, cioè oltre due terzi delle nuove installazioni al netto dei decomissioning (vedi grafico sotto). A fare la parte del leone saranno le nuove rinnovabili non-idro, come fotovoltaico ed eolico, che contribuiranno per quasi la metà della nuova potenza netta mondiale. Il contributo delle fonti pulite alla domanda mondiale, si prevede, che passerà dal 22% del 2013al 26% nel 2020.
Il report conferma trend già in atto e da tempo previsti: la crescita delle rinnovabili avverrà soprattutto nei paesi emergenti, che contribuiranno ai due terzi delle nuove installazioni da fonti pulite (vedi grafico sotto). La Cina da sola peserà per circa il 40% dell'incremento mondiale di potenza da rinnovabili e assorbirà un terzo degli investimenti.
Prezzi in calo ed effetto petrolio trascurabile
Altro trend che le previsioni confermano è quello del calo dei prezzi, che porterà le rinnovabili ad essere sempre più competitive e gli investimenti a crescere meno rapidamente della nuova potenza installata. Il basso prezzo del petrolio, ricorda l'Agenzia, non sarà un freno alle rinnovabili, tranne che per i biocarburanti. Il rischio più grande per la crescita delle FER è nell'incertezza delle politiche di sostegno.
Le fonti pulite però - ha spiegato il direttore esecutivo della IEA Fatih Birol davanti ai G20 – sono anche alla base degli “impegni senza precedenti” presentati in vista della COP 21 di Parigi e tra lotta la global warming e sviluppo delle rinnovabili potrebbe innescarsi “un circolo virtuoso” che si tradurrebbe in una crescita delle energie pulite del 25% superiore al previsto.
Rinnovabili sistemeticamente sottostimate
Insomma, un outlook positivo. Tanto più che viene da un'istituzione notoriamente conservatrice e legata ad una visione del sistema energetico mondiale basata sulle fossili. Quanto i vari report IEA siano influenzati da questo approccio lo mostra uno studio pubblicato nei giorni scorsi da Energy Watch Group e Lappeenranta University of Technology nel quale si accusa addirittura l'Agenzia di aver tutelato lo status quo dell'energia con le sue previsioni sbagliate.

Dal 1994 al 2014, si riporta, la IEA ha sistematicamente sottostimato il potenzialedi solare ed eolico e sopravvalutato la tenuta delle fonti convenzionali. A esempio, come anticipato, stando alle previsioni IEA del 2010 oggi dovremmo avere un terzo della potenza da FV che si è in realtà installata: i circa 180 GW raggiunti nel 2015, secondo il World Energy Outlook 2010 della IEA, non si sarebbero toccati che nel 2024 (vedi grafico sotto).
Per quel che riguarda l'eolico, la previsione per il 2010 fatta nel 2002 si è rivelata sbagliata, ovviamente per difetto, del 260% e quella del 2004 del 104%. La potenza eolica che la IEA nel 2002 stimava per il 2030 in realtà si è raggiunta con 20 anni di anticipo, nel 2010.
“Altri analisti indipendenti sono stati più accurati nel prevedere lo sviluppo delle rinnovabili - spiegano gli autori dello studio – Solo le previsioni dell'industria dell'energia convenzionale, come quelle di BP, Shell ed Exxon Mobil, erano così basse come quelle della IEA”.
Errori “scientificamente incomprensibili”
Nello stesso tempo, si rileva, la IEA ha sovrastimato il contributo del carbone e (soprattutto dal 2000 al 2006) delle centrali ad olio combustibile. Anche la previsione IEA sul nucleare – 10 nuovi GW nel prossimo decennio – appare “altamente sovrastimata”, tenendo conto dei pochi progetti partiti e dei problemi di sforamento dei costi e dei tempi che stanno incontrando.
Per gli autori si tratta di errori “scientificamente incomprensibili” che hanno gravi conseguenze: “La IEA ha frenato per anni la transizione energetica. Le previsioni errate hanno portato alti investimenti nelle fossili e nel nucleare, ostacolato lo sviluppo delle rinnovabili e minato la lotta al global warming”, denuncia il presidente di Energy Watch Group, Hans-Josef Fell.
“I report della serie World Economic Oulook sono soggetti all'approvazione dei governi, che spesso hanno grandi partecipazioni nell'industria dell'energia convenzionale – avverte lo studio – per questo Energy Watch Group invita la comunità scientifica e la società civile ad esaminare con maggiore attenzione le dipendenze politiche e gli interessi all'interno della IEA”.