Tratto da Il Fatto Quotidiano del 23 Maggio

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Tratto da Il Fatto Quotidiano del 23 Maggio
Tratto da Lifegate
Secondo Carbon Tracker investire sul gas porterebbe il nostro paese a non raggiungere gli obiettivi climatici e perdere 11 miliardi di euro nei prossimi anni.
L’Italia a tutto gas? Non conviene. Non solo si tratta di un combustibile fossile, quindi ad alto impatto sul clima, ma si tratterebbe di una fonte energetica fuori mercato, che comporterebbe perdite economiche alla collettività. A dirlo è un recente rapporto di Carbon Tracker, un gruppo di specialisti finanziari che illustra la realtà del rischio climatico sugli attuali mercati di capitali, che ha realizzato lo studio Il rischio di andare a tutto gas – Perché l’Italia dovrebbe investire nel settore dell’energia pulita, in collaborazione con il Rocky mountain institute (Rmi), organizzazione non profit indipendente che da oltre trent’anni lavora per un futuro a basso impiego di carbone e a zero emissioni.
I punti salienti del rapporto sono piuttosto chiari: i piani di costruzione di nuove centrali a gas in Italia per una capacità complessiva di 14 GW potrebbero mettere a rischio gli obiettivi climatici del paese, comportare perdite fino a 11 miliardi di euroin investimenti. “Abbiamo comparato i progetti proposti ad un portafoglio di rinnovabili mostrando che esistono già soluzioni più vantaggiose che permettono di non considerare il gas come una fonte energetica di transizione”, spiega a LifeGate Catharina Hillenbrand Von Der Neyen, responsabile power and utilities presso Carbon Tracker. “Se si considera il gas come tale, si rischia di perdere miliardi di euro in stranded assets. Perché questi combustibili non sono più competitivi”.
Nei prossimi dieci anni infatti le utility prevedono di costruire nuove centrali a gasper rispondere al cosiddetto phase out dal carbone (lo spegnimento delle centrali termiche a carbone), con 5,8 GW di potenza che sarebbero già garantiti da contratti di approvvigionamento aggiudicati nel mercato della capacità (capacity market) e che dovrebbero entrare in servizio entro il 2023. Lo studio però indica che nei bilanci degli operatori elettrici potrebbero rimanere miliardi di euro in attivi non recuperabili (appunto gli “stranded asset”), con conseguente svalutazione del capitale sociale.
“Noi non abbiamo fatto altro che valutare la stessa produzione di elettricità, nelle stesse ore e con la stessa domanda e di paragonarla con le soluzioni oggi disponibili, dimostrando che le rinnovabili sono semplicemente più economiche”, continua Hillenbrand Von Der Neyen.
Il fatto che il gas sia considerato un combustibile di transizione per ridurre l’impronta di carbonio del settore energetico è comunque confermato anche dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie). “Ha senso investire in impianti che sappiamo già saranno fuori mercato tra venti o trent’anni? Io non lo farei”, commenta l’esponente di Carbon Tracker.
Il rapporto fornisce anche soluzioni. Il mix ottimale – il portafoglio di rinnovabili – infatti si comporrebbe per un 31 per cento da centrali fotovoltaiche – per generare energia sufficiente per la maggior parte della giornata. Di un 17 per cento di parchi eolici su terraferma, in grado di garantire energia elettrica durante le ore notturne. Di un 16 per cento di batterie di accumulo elettrico – essenziali per rispondere alla domanda delle ore di punta. Di un 27 per cento di riduzione della domanda e di un 9 per cento di efficienza energetica, ovvero ristrutturando i vecchi edifici.
Tratto da TRC Civitavecchia
“La regione Lazio deve prendere posizione in merito alla transizione energetica. E a questo punto è fondamentale che lo faccia”. A chiederlo sono Stefania Pomante della Cgil e Giancarlo Turchetti della Uil, entrambi segretari generali confederali per Viterbo, Civitavecchia e, per quanto riguarda Pomante, Roma nord.
“Il 7 aprile – spiegano i due sindacalisti – è previsto un nuovo incontro con il sindaco. Per l’occasione, Cgil e Uil presenteranno una bozza di documento sulla transizione energetica e lo sviluppo dell’area da condividere con tutti gli attori del territorio”.
Ieri pomeriggio la riunione a distanza del tavolo convocato dal sindaco Ernesto Tedesco sulla situazione di Civitavecchia. Al tavolo, assieme a Tedesco, a Cgil e Uil, anche gli assessori regionali alle infrastrutture, Alessandri, al lavoro, Di Berardino, e allo sviluppo economico, Orneli, il vicesindaco Magliani e l’assessore Barbieri.
“Cgil e Uil – proseguono Pomante e Turchetti -, assieme ad altre realtà del territorio, hanno da tempo proposto una transizione energetica che tiene innanzitutto conto del piano energetico europeo del 2020 (New generazion EU) che di fatto, come più volte chiesto dall’Ue all’Italia, rende vecchio e inadeguato al nuovo contesto il piano nazionale. Investendo, infine, il piano dell’Ue, sulle uniche energie rinnovabili che rispettano il territorio e assicurano inoltre, e non da ultimo, ottimi livelli occupazionali”.
“Per questo – proseguono Pomante e Turchetti – il progetto di Cgil e Uil, condiviso da tantissime altre realtà, punta a fare della centrale di Torrevaldaliga nord un centro sperimentale per l’idrogeno associato a progetti legati a fotovoltaico ed eolico offshore. Quindi, siamo fermamente contrari al turbogas. Primo, perché non è la soluzione ambientale migliore per uscire dal carbone, come invece potrebbe essere l’idrogeno. E come, fra l’altro, chiede l’Europa. Secondo perché il turbogas garantirebbe solo una quarantina di posti di lavoro, a fronte di 450 circa impiegati attualmente in centrale. Con il solo eolico offshore, come ribadito più volte, se ne garantirebbe invece quasi mille. Infine, ed è un altro dei motivi, lungo 20 chilometri di costa Enel e Tirreno Power prevedono 3 centrali a turbogas. Torrevaldaliga sud, Torrevaldaliga nord, entrambe a Civitavecchia, e Montalto. Semplicemente troppe e di eccessivo impatto in un’area di rilevante e fondamentale valore storico, archeologico e ambientale”.......
In occasione del convegno “Centrali a Confronto” del Comitato No al Carbone e WWF Brindisi, il WWF Italia pubblica l’aggiornamento del dossier “Il carbone: voltare davvero pagina in Italia, in Europa e nel mondo” e rilancia il laboratorio di idee e progettualità “Brindisi adesso futuro”
Oggi a Brindisi, dalle 17.00 il convegno “Centrali a confronto, i casi di Brindisi, Porto Tolle, Vado Ligure”, organizzato dal comitato No al Carbone e dal WWF Brindisi, dove saranno messe a confronto le situazioni delle centrali divenute simbolo dell’uscita dal carbone.
In concomitanza con questo incontro, il WWF Italia vuole illustrare le sue proposte verso la transizione giusta aprendo il laboratorio di idee e progettualità “Brindisi adesso futuro”e pubblica l’aggiornamento del dossier “Il carbone: voltare davvero pagina in Italia, in Europa e nel mondo”.
Il WWF conduce da anni una campagna per la chiusura delle centrali a carbone, il più inquinante tra i combustibili fossili. Nel corso di questa iniziativa, intitolata “NO al carbone, SI’ al futuro”, sono state realizzate diverse azioni mirate alla decarbonizzazione dei siti in cui si trovano impianti a carbone e lo sviluppo di alternative economiche e occupazionali -vedi qui lo studio commissionato a Enea sulla Liguria, dove sorgono tre centrali a carbone, due delle quali chiuse- oggi con un focus strategico sulla situazione di Brindisi sud, che potrebbe diventare un modello nazionale (e anche internazionale) di giusta transizione. L’obiettivo è quello di mirare a un rapido processo di decarbonizzazione del settore energetico, arrivando alla chiusura di tutte le centrali a carbone in Italia entro il 2025 o anche prima. Per fare questo l’associazione si è mossa in modo articolato su tutti i piani: da quello legale a quello politico, dalla predisposizione di rapporti che forniscono strumenti concreti per facilitare il phase-out del carbone, alla realizzazione di eventi che mirano a coinvolgere i cittadini e i portatori di interesse, per fare emergere come una transizione giusta dal carbone alla green economy possa essere auspicabile non solo per l’ambiente, per la salute e per l’economia, ma anche per i lavoratori. Lo scorso anno la SEN (Strategia Energetica Nazionale) ha dichiarato l’obiettivo politico di chiudere le centrali a carbone entro il 2025 e il WWF si augura che con il Piano Energia Clima che il Governo deve presentare in bozza entro la fine dell’anno tale decisione venga rafforzata da provvedimenti concreti e una timeline.
Il dossier “Il carbone: voltare davvero pagina in Italia, in Europa e nel mondo” inquadra la necessità di procedere con la massima celerità alla decarbonizzazione del sistema energetico, per contrastare i danni più gravi causati dai cambiamenti climatici e allo stesso tempo limitare i danni sanitari derivanti dai processi di combustione del carbone e evidenzia come il ragionare di transizione energetica verso un modello green sia auspicabile sia per ridurre i suddetti impatti, sia per innescare un nuovo modello occupazionale più equo e sostenibile.
A livello europeo è stimato che solo in termini di impatto sanitario (quindi senza considerare i danni climatici) la combustione del carbone provochi costi che possono arrivare a 62 miliari di euro all'anno. Se poi a livello mondiale si dovesse attribuire un costo sociale all'impatto climatico provocato dalle emissioni di carbonio, è stato scientificamente stimato che ogni tonnellata di CO2 emessa dovrebbe mediamente costare oltre 400 dollari. E se si considera che un MWh da carbone emette oltre 800 kg di CO2 si fa presto a capire come questa fonte energetica sia assolutamente insostenibile anche sul piano economico, a patto che si vogliano finalmente considerare le esternalità ambientali.
Il convegno di oggi a Brindisi si pone come occasione per mostrare come, partendo dagli aspetti di contenzioso legale (resi necessari per contrastare impianti dannosi, gestioni a volte discutibili e processi autorizzativi spesso poco rispettosi dell’ambiente e della salute delle persone), si debba poi arrivare ad affrontare il tema della transizione e lo si debba fare per tempo, in modo da creare prospettive di lavoro sostenibili per i cittadini. Con questo obiettivo nasce il laboratorio di progettualità e idee del WWF Italia “Brindisi adesso futuro”, un'iniziativa che vuole accompagnare la chiusura della centrale a carbone Federico II di Cerano e allo stesso tempo rilanciare in modo sostenibile l’intera area industriale.....
Da oggi, fino al 18 febbraio 2019, si potrà partecipare al laboratorio “Brindisi adesso futuro” compilando il questionario sulla pagina wwf.it/laboratoriobrindisi.
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