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11 gennaio 2018

Il fracking e il gas non sono una soluzione climatica, sono gran parte del problema

Tratto da Greenreport

Risolto il mistero dell’aumento delle emissioni di metano: la colpa è in gran parte di gas e petrolio 

Romm: il fracking e il gas non sono una soluzione climatica, sono gran parte del problema
Il recente studio “Reduced biomass burning emissions reconcile conflicting estimates of the post-2006 atmospheric methane budget”  di Nasa, National Center for Atmospheric Research Usa, Sron – Netherlands Institute for Space Research e università di Utrecht, pubblicato su Nature Communications, ha messo insieme i pezzi del puzzle del recente aumento del metano atmosferico, un potente gas serra, e risolto quelle che sembravano contraddizioni inconciliabili nelle varie tesi per spiegare questo l’aumento.
La Nasa spiega che «Dal 2006 le emissioni di metano sono aumentate drasticamente. Diversi team ppi di ricerca hanno prodotto stime valide per due fonti note di aumento: le emissioni dell’industria petrolifera e del gas e la produzione microbica negli ambienti tropicali umidi come paludi e risaie. Ma quando queste stime sono state aggiunte alle stime di altre fonti, la somma è stata considerevolmente maggiore rispetto all’aumento osservato. In effetti, ogni nuova stima era abbastanza grande da spiegare da sola l’intero aumento>.
John Worden del Jet Propulsion Laboratory della Nasa (California Institute for Technology) e i suoi colleghi si sono concentrati sugli incendi che stanno subendo un cambiamento a livello globale. Secondo un nuovo studio che ha utilizzato le  osservazioni satellitari del Moderate Resolution Imaging Spectrometer della Nasa. tra i primi anni 2000 e il periodo 2007 – l 2014, l’area bruciata ogni anno è diminuita di circa il 12% e, fanno notare i ricercatori statunitensi e olandesi, «L’ipotesi logica sarebbe che le emissioni di metano provenienti dagli incendi siano diminuite di circa la stessa percentuale», ma, utilizzando le misurazioni satellitari di metano e monossido di carbonio, il team di Worden ha riscontrato che «il reale calo delle emissioni di metano era quasi il doppio di quanto suggerirebbe tale ipotesi».
Sudhanshu Pandey e Thomas Röckmann della Sron  spiegano a loro volta che «Dopo che i nostri colleghi americani hanno rilevato una tendenza alla combustione delle biomasse, siamo stati in grado di determinare l’effetto che aveva sulla quantità di metano nell’atmosfera. In un modello computerizzato, abbiamo calcolato vari scenari modificando i contributi apportati dalle diverse fonti di metano. Abbiamo quindi selezionato gli scenari in cui la composizione isotopica corrisponde alle osservazioni effettive»
Quando gli scienziati hanno sottratto la grande diminuzione delle emissioni degli incendi dalla somma di tutte le emissioni, il bilancio del metano si è rivelato corretto, lasciando spazio agli aumenti provenienti sia dai combustibili fossili che dalle zone umide.  Alla Nasa sottolineano che «La maggior parte delle molecole di metano nell’atmosfera non ha caratteristiche identificative che rivelano la loro origine. Rintracciare le loro fonti è un lavoro investigativo che coinvolge più linee di evidenze: misurazioni di altri gas, analisi chimiche, firme isotopiche, osservazioni sull’uso del suolo e altro». Worden aggiunge: «Una cosa divertente di questo studio è stata la combinazione di tutte queste diverse prove per mettere insieme questo puzzle».
Un indizio sono gli isotopi di carbonio nelle molecole di metano. I ricercatori dicono che «Delle tre fonti di metano esaminate nel nuovo studio, le emissioni degli incendi contengono la maggiore percentuale di isotopi di carbonio pesante, le emissioni microbiche sono le più piccole e le emissioni di combustibili fossili sono nel mezzo. Un altro indizio è l’etano, che (come il metano) è un componente del gas naturale. Un aumento di etano atmosferico indica l’aumento delle fonti dei combustibili fossili. Gli incendi emettono monossido di carbonio e metano, e le misurazioni di tale gas sono un indizio finale».
Il team di Worden ha utilizzato i dati sul monossido di carbonio e sul metano rilevati da Troposphere, un misuratore degli inquinanti di cui è dotato il satellite Terra della Nasa e il Tropospheric Emission Spectrometer  dell’Aura, sempre della Nasa, per quantificare le emissioni del metano degli incendi e «I risultati mostrano che queste emissioni sono diminuite molto più rapidamente del previsto».
Mettendo insieme le prove isotopiche provenienti dalle misurazioni della superficie terrestre con le nuove emissioni calcolate per gli incendi boschivi, il team ha dimostrato che «Circa 17 teragrammi all’anno [dell’aumento delle emissioni di metano] sono dovuti ai combustibili fossili, altri 12 provengono da zone umide o risaie, mentre gli incendi diminuiscono di circa 4 teragrammi all’anno». il totale porta a 25 teragrammi all’anno ((27,5 milioni di tonnellate), il peso di circa 5 milioni di elefanti: esattamente l’aumento osservato.
Su ThinkProgress Joe Romm tira le conclusioni: «La Nasa  ha scoperto che la maggior parte dell’enorme aumento delle emissioni globali di metano nell’ultimo decennio effetti proviene dall’industria dei combustibili fossili e che questa crescita è “sostanzialmente più ampia” di quanto si pensasse in precedenza. E questo significa che il gas naturale non è una soluzione climatica»...... Continua a leggere qui

08 gennaio 2016

Dal carbone al metano,Agostino Di Ciaula (Isde): non è soluzione magica


agostino di ciaulaTratto da Inchiostro Verde



TARANTO – Da giorni pubblichiamo dichiarazioni del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano in merito alla decarbonizzazione della Puglia. L’ipotesi avanzata è ormai nota: sfruttare un eventuale approdo del gasdotto Tap a Brindisi (e non a Melendugno come è previsto attualmente) per favorire la riconversione della centrale a carbone di Cerano e del siderurgico di Taranto.....

Oggi, torniamo sull’argomento pubblicando una lettera rivolta al governatore dal  dottorAgostino Di Ciaula, Coordinatore del Comitato scientifico Isde (Medici per l’ambiente). Nella premessa, Di Ciaula dà atto ad Emiliano di avere un approccio “inedito rispetto ai suoi predecessori”, ma evidenzia anche il suo limite: «Per risolvere questo problema, lei guarda alla semplice sostituzione con un altro combustibile fossile, il metano, come se questa fosse una soluzione magica e, soprattutto, come se fosse l’unica possibilità». Spiega il medico Isde:


«Anche se molto meno del carbone, persino la combustione di metano inquina, genera gas serra e conseguenze sanitarie misurabili. Prima di pensare a semplici sostituzioni, sarebbe opportuno considerare alcune possibili sottrazioni, seguendo le linee guida dell’analisi preliminare e della crescita sostenibile. Sarebbe opportuno interrogarsi su quanta energia davvero serva ai pugliesi».

Di Ciaula fonisce anche dei dati: «La Puglia produce ormai (fonte Terna), con una crescita costante che dura da anni, il 91% in più dell’energia di cui ha bisogno. Consumiamo circa 19.000 GWh/anno di energia e la produzione regionale da fonti rinnovabili ammonta, in questo momento, a circa 8.000 GWh/anno. Seppure il governo regionale non volesse o non potesse (ragionamento per assurdo) puntare sul miglioramento dell’efficienza energetica o aumentare la produzione da fonti rinnovabili, dovrebbe considerare che le centrali termoelettriche tradizionali in questo momento operative sul territorio regionale producono circa 30.000 GWh/anno di energia, che significa circa 19.000 GWh di energia inutile per i pugliesi (ma utilissima per i produttori), utilizzando fonti fossili inquinanti (carbone e metano) con conseguenze ambientali e sanitarie tranquillamente evitabili, insieme alle speculazioni di mercato». 

In altri termini, conclude il medico Isdesto parlando di revisione sostenibile del Piano Energetico Regionale. La scommessa che lei davvero dovrebbe vincere, Presidente, è quella di concludere, finalmente, l’era delle toppe e dell’emergenza e di inaugurare un futuro costruito sull’analisi oggettiva dei problemi, sulla prevenzione primaria, sulla partecipazione e sul bene comune”


Caro Presidente Michele Emiliano
Lei giustamente si pone il problema della decarbonizzazione della Puglia. Questo, oltre ad essere inedito rispetto ai suoi predecessori, è giusto per chi governa la Regione che ha il primato nazionale di emissioni di gas serra e di inquinanti da emissioni industriali, una delle maggiori centrali a carbone d’Europa e criticità sanitarie da inquinamento industriale ben documentate su riviste scientifiche internazionali. 


Per risolvere questo problema, però, Lei guarda alla semplice sostituzione con un altro combustibile fossile, il metano, come se questa fosse una soluzione magica e, soprattutto, come se fosse l’unica possibilità..... 


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04 gennaio 2016

Stopfontifossili:L’evanescente mano che dà il metano

Tratto da Stopfontifossili.wordpress.com

Risultati immagini per Stop fonti fossili

L’evanescente mano che dà il metano

Back to basics: “Un gas non ha un volume proprio ma tende ad occupare tutto lo spazio a disposizione, e assume la forma del contenitore che lo contiene, riempiendolo”. Può suonare banale, ma di tanto in tanto le nozioni scientifiche basilari imparate a scuola tornano utili. Teniamo dunque bene a mente questa fondamentale caratteristica delle sostanze gassose, che differenzia questo stato della materia da quello liquido in cui invece la sostanza possiede un volume proprio. Non è una differenza da poco: se il contenitore non c’è o perde l’ermeticità, un gas si disperde in atmosfera senza alcuna possibilità di poterlo confinare in qualche modo.
E’ ciò che sta accadendo da più di due mesi a Porter Ranch, vicino Los Angeles, dove una enorme fuoriuscita di metano da un pozzo usato a scopo di stoccaggio in un impianto gestito dalla società californiana SoCalGas ha sconvolto la vita della comunità residente nei paraggi, richiedendo l’evacuazione di più di 1800 famiglie con molte altre in lista d’attesa. 
Si tratta di una perdita immane, pari a 1200 tonnellate di metano al giorno, con un potenziale climalterante (il metano è un gas serra molto più potente della CO2) pari al 25% delle emissioni dell’intera California. Ma quello che è più grave è che non c’è una soluzione immediata in vista, e nonostante l’incessante lavoro dei migliori esperti in circolazione, per contenere la fuoriuscita di metano potrebbero essere necessari più di tre mesi.....
Ma qui nasce un’altra, ben più importante domanda: quali sono le applicazioni del metano che non possono oggi essere rimpiazzate dalle fonti rinnovabili? Perché se transizione deve essere, ha poco senso passare al gas laddove sono già disponibili delle alternative mature fossil free. La crescita impetuosa delle energie rinnovabili nell’ultimo decennio ha riguardato, come sappiamo, in primo luogo la produzione di elettricità. 
Nonostante gli assurdi freni regolatori opposti dagli ultimi governi, l’Italia copre ormai il 40% del suo fabbisogno elettrico con le rinnovabili, e la crescente economicità dei moduli fotovoltaici, il cui costo è diminuito di 7 volte negli ultimi dieci anni, sta rapidamente ridisegnando il mercato dell’energia rendendo obsoleti i piani energetici nazionali elaborati solo pochi anni fa......

17 dicembre 2015

Il 2015 anno più caldo mai registrato, con il 99,999% di probabilità: la temperatura media globale sarà di 1° C in più rispetto ai livelli pre-industriali

Tratto da Greenreport

Il 2015 anno più caldo mai registrato, con il 99,999% di probabilità

Per la prima volta la temperatura media globale sarà di 1° C in più rispetto ai livelli pre-industriali
[16 dicembre 2015]
NASA novembre 0
La Nasa ha da poco pubblicato i suoi ultimi dati sulla  temperatura mensile globale e non è certamente una sorpresa che il novembre appena passato sia stato il più caldo mai registrato nel nostro pianeta. Anche i dati della Japan Meteorological Agency confermano il record di caldo a novembre che segna così il secondo mese consecutivo in cui la temperatura media globale è stata più di un grado centigrado al di sopra del periodo 1951-1980, utilizzato come base di confronto dalla NASA utilizza.
Se questi dati dimostrano che  è in atto un potente El Niño (ne parliamo in un’altra pagina di greenreport.it)  che sta riscaldando a livelli mai visti il Pacifico tropicale, anche l’Artico non scherza: a novembre nella regione artica e in alcune aree della Russia le temperature sono arrivate fino a 10,4° C sopra il normale. Il  permafrost siberiano ribolle e questo particolarmente preoccupante, dato che contiene il doppio di carbonio dell’atmosfera e che il suo scongelamento, rilascia CO2 e metano (CH4), che è un gas serra 84 più volte più della CO2. Il climate chief  della NASA, Gavin Schmidt, ha detto che «Non è anormale che gli avvii del mese siano così in alti in un determinato luogo, ma bene ricordare che l’Artico è una delle regioni in più veloce riscaldamento del mondo».
Con il nuovo record di novembre, la probabilità che il 2015 sia l’anno più caldo mai registrato sono ora superiori al 99,999 per cento. In termini statistici significa che questo record ha la stessa probabilità di verificarsi di quella del sorgere del sole domattina, scherzano alla NASA. Oppure come dice ThinkProgress, ha la stessa  probabilità che il nuovo film di Star Wars faccia un mucchio di soldi, che  Donald Trump offenda qualcuno alla Convention repubblicana di Las Vegas,  o che a un certo punto della nostra vita arrivino la morte o le tasse.
Ormai era chiaro da mesi che il 2015 avrebbe battuto il record dell’anno più caldo, che era già stato battuto dal 2014. La domanda che si facevano i climatologi semmai era: di quanto sarà caldo alla fine il 2015?
«Ora, con i due mesi anomali più caldi mai registrati, risposta è “di un sacco” – dicono gli scienziati americani –  Quest’anno segnerà la prima volta in cui la temperatura media globale annua sarà di 1° C in più rispetto ai livelli pre-industriali». E se il fortissimo El Niño ha avuto una certa influenza sul caldo planetario, secondo un rapporto di Climate Central . «Il driver principale è stato l’accumulo di gas serra nell’atmosfera terrestre», la quasi totalità del riscaldamento in atto – circa il 95% – è dovuto alle attività antropiche, El Niño ed altri fattori naturali aggiungono solo il restante 5%.
Le temperature record del 2015 hanno riscaldato l’oceano, provocando estese morie di coralli, ma ha anche costretto i leader politici mondiali a confrontarsi davvero con i drammi del cambiamento climatico alla COP21 Unfccc di Parigi, portandoli ad approvare un accordo probabilmente insufficiente ma che, per la prima volta, prende davvero atto dell’assoluta necessità di evitare che i pericolosi cambiamenti climatici si trasformino in un disastro ambientale, sociale ed economico globale.
Alla Nasa ricordano che «Però, c ‘è un sacco di lavoro da fare.  I dati del biossido di carbonio sono a livelli record e probabilmente non scenderanno sotto la soglia simbolica delle 400 parti per milione durante la durata della nostra vita. ......

15 aprile 2013

Droghe fossili:la guerra del clima



Tratto da Blog.rinnovabili.it

Droghe fossili 

Nel mondo quasi tutti i paesi proibiscono o tassano pesantemente sostanze che reputano dannose per la salute fisica o mentale dei propri cittadini. Per esempio in Europa alcool e tabacco sono fortemente tassati, la cannabis è variamente scoraggiata o proibita, mentre cocaina ed eroina portano dritti in galera. 
Al tempo stesso il mondo, così attivo nella protezione della salute dei singoli da queste sostanze, è stranamente passivo nella protezione collettiva dai danni, già pesanti per molti e potenzialmente letali per tutti, prodotti da una triade di altre sostanze che potremmo collettivamente definire le “droghe fossili”, ovvero, in ordine di pericolosità, metano, petrolio e, soprattutto, carbone.
 

Accecati dal dogma della crescita economica e dal luccicare delle merci prodotte consumando quantità smodate di queste droghe fossili, governanti e cittadini non possono o non vogliono vedere la realtà.
Vedono gli effetti deleteri del consumo individuale di droghe sui singoli..........ma per quanto riguarda gli effetti sul clima (e quindi sulla temperatura e sulle precipitazioni atmosferiche) della triade fossile di cui sopra, per quanto riguarda le emissioni di trenta miliardi di tonnellate l’anno di anidride carbonica, una massa di gas
che intossica il pianeta e continua a crescere ogni anno, lì il silenzio è pressoché totale, la coscienza è assente, il mondo dorme.
  È ora di svegliarsi e aprire gli occhi, il sistema economico e dei consumi che ci circonda è del tutto insostenibile e ci conduce rapidamente alla rovina, aumenti termici di quattro gradi come quelli
prevedibili per fine secolo se nessuno fa niente significano la catastrofe per i nostri figli e nipoti. Ma anche noi non stiamo certo bene, costretti come siamo già ora a stare tappati al chiuso d’estate perché fuori non si resiste mentre dentro ronzano continuamente i condizionatori, costretti a rinunciare ai raccolti bruciati dalla siccità, costretti a contare i morti e i danni delle alluvioni e degli uragani sempre più frequenti e intensi.

Tassare e proibire non sono parole simpatiche ma se accettiamo che siano usate per le droghe, a maggior ragione dovremmo chiederne a gran voce l’applicazione al gigantesco sistema che spaccia le “droghe fossili”. 

Calcolare quanto carbonio è stato emesso per produrre un bene o un servizio e tassarlo proporzionalmente, destinare questi denari allo sviluppo di sistemi sostenibili di produzione e gestione dell’energia, e al contenimento dei danni già fatti, decidere una volta per tutte che non si devono più aprire nuove miniere di carbone, e che i cosiddetti sistemi non convenzionali di produzione del gas (fracking)
e del petrolio (scisti bituminosi) sono assolutamente da impedire, ecco alcune contromisure da
prendere subito prima di perdere, tutti indistintamente, la guerra del clima.