Tratto da "La Repubblica"
"L'Ilva avvelena le tavole italiane"Riva indagato: disastro doloso.
Quattro periti sono stati incaricati di verificare i danni a persone e ambiente delle diossine.I pm vogliono sapere se sia necessario chiudere lo stabilimento
Questo qualcuno sarebbe Emilio Riva, il padrone delle acciaierie Ilva, il primo azionista di Alitalia, che insieme a suo figlio Nicola, il direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso e il responsabile di uno dei reparti dello stabilimento siderurgico, Angelo Cavallo è accusato dalla procura di Taranto di disastro doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, getto e sversamento pericoloso di cose, più una serie di altri reati sugli infortuni del lavoro. A muovere la nuova accusa è il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, che sull'Ilva indaga ormai da vent'anni.
Per la prima volta però nella lunga storia di battaglia ambientale, dopo un'udienza del 27 ottobre, l'8 novembre scorso un giudice, il gip Patrizia Todisco, ha deciso di capire se realmente tutti i problemi di Taranto arrivino dalle ciminiere dell'Ilva, dai quei minareti industriali che dominano e ammorbano, a credere alle colonne di fumo e alla puzza, la città.
I tecnici dovranno verificare se "dallo stabilimento Ilva si diffondano gas, vapori, sostanze aeriformi e solide (polveri), contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori e per la popolazione del vicino centro abitato di Taranto".
In particolare dovranno essere cercate le diossine, il benzoapirene, sostanze fortemente cancerogene per le quali Taranto ha l'indice di emissione più in alto di Europa.
Il giudice però va oltre. Chiede infatti per la prima volta "se i valori di emissione di tali sostanze eventualmente ritenute nocive per la salute di persone e animali, nonché dannose per cose e terreni, determino situazioni di danno o di pericolo inaccettabili".
In sostanza, il tribunale vuole sapere se l'Ilva sia la causa di tutto.

Numerose interrogazioni parlamentari mettono in luce la gravità dell’inquinamento a Taranto
Dieci anni. In 10 anni il problema “diossina” sarebbe stato risolto all’interno dei paesi dell’Unione Europea, se solo fosse stata applicata la strategia avviata nel 2001 e illustrata in una Comunicazione della Commissione alle istituzioni comunitarie.
Gli anni sono passati. La popolazione che vive a Taranto e nel vicino comune di Statte non è stata neppure informata dell’emissione nell’aria di quantità imponenti di diossine, più consistenti di quelle disperse dalla nuvola che il 10 luglio del 1976 si sprigionò dall’ICMESA di Seveso, in Lombardia (in un incidente causato da un aumento incontrollato di temperatura nel reattore dello stabilimento chimico).
Non è stata informata e neanche protetta.
RITARDI GRAVISSIMI
Nella sconfinata area industriale di Taranto ci sono 6 importanti impianti (l’acciaieria ILVA, Edison, Enipower, ENI, Sanac, AMIU e Cementir). Si pensava che le istituzioni vigilassero sull’incolumità e sul benessere di quella comunità.
Molte istituzioni hanno invece mancato di svolgere il loro importantissimo ruolo (un tempo molto rispettato in questa parte del Meridione).
Una miscela di sostanze tossiche e di polveri, di ritardi e di inefficienze - terreno di coltura di abusi e di reati - ha offeso per anni la natura e la gente di questo territorio, insieme ai tanti che in questi anni si sono spostati nella città e nei paesi più vicini da altre regioni, grazie all’antica presenza di una base navale, di una scuola sottoufficiali e di uno dei tre grandi arsenali militari della Marina Italiana. E’ indubitabile il ritardo con il quale le istituzioni si sono mosse, dopo le associazioni e soltanto dopo alcune inchieste giornalistiche. Ma si può dire che oggi il ritardo sia stato recuperato?
La popolazione di quei territori può contare su un’informazione corretta e ritenere di essere (finalmente) protetta?
Non è escluso che qualcuno possa trovare argomenti formali per giustificare inerzie persino oggi, oppure argomenti che giusticano scelte dilatorie tutto sommato non vietate dalla legge.
Non è escluso, però, che molti all'interno delle istituzioni siano inconsapevoli di quanto sta continuando ad accadere.
Tutti dovrebbero leggere l'interessantissima COMUNICAZIONE del 17 gennaio 2001 della Commissione Europea, che descrive i danni procurati dalla diossina:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2001:0593:FIN:IT:PDF
Ma i motivi per reagire e cambiare sono anche altri.
Nel 1998 l'Accordo internazionale chiamato "Protocollo di Aahrus" - qui citato - proponeva un approccio globale per ridurre la produzione di alcune sostanze e la tutela della salute, e uno dei passaggi principali della sua strategia riguarda anche oggi la sensibilizzazione del pubblico e la circolazione di informazioni.
Quell'Atto infatti riconosce i diritti degli individui e dei gruppi in funzione di autodifesa, ma intende soprattutto innescare un processo virtuoso a tutti i livelli istituzionali e civili, un processo di autodifesa, di conoscenza e di sviluppo a vantaggio dell'intera collettività.
LE INTERROGAZIONI DEGLI ULTIMI 3 ANNI E LE INCHIESTE GIORNALISTICHE
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Tratto da Agoramagazine
Il Ministero dell’Ambiente condona gli inquinatori
domenica 14 novembre 2010 di Erasmo Venosi
Il Protocollo d’Intesa, predisposto dal Ministero dell’Ambiente per la sottoscrizione di Accordi Transattivi, tra soggetti inquinatori su cui dovrebbe pendere l’onere della bonifica , dovrebbe riguardare come prima applicazione, il sito di interesse nazionale di Priolo.
Una sorta di condono ambientale non dichiarato.
Riportiamo solo il finale consigliandovi la lettura del dettagliato e molto incisivo articolo integrale LEGGI
Appare evidente che nel nostro Paese, la politica considera l’ambiente un costo da scaricare sulle pubbliche finanze e sul benessere ambientale che significa benessere sia fisico che psichico.
I reiterati e apparentemente veementi richiami alla sostenibilità, all’ambiente, alla economia verde, sono vacue declamazioni che si scontrano con un potere legislativo che approva norme, la cui ambivalenza, tortuosità e scarsa comprensibilità , determinano le condizioni atte all’assolvimento degli inquinatori.
Retrospettivamente e malinconicamente , si può tranquillamente affermare che 30 anni di politica a tutela dell’ambiente , sul piano reale non hanno prodotto assolutamente nulla. I costi sanitari, ambientali, sociali e finanziari sono di dimensioni colossali ma si continua diabolicamente come se nulla fosse successo.
Differenziati su base territoriale e di “colore “ politico del Governo regionale inoltre, gli interventi e l’assenza di volontà e di risorse finanziarie: a Priolo si prevedono due milioni di euro per le valutazioni epidemiologiche e afasia totale per un analogo studio nella inquinata Taranto!
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