Inquinamento: Italia emette 10-20 volte in più di quanto dichiara
Una pesante denuncia arriva dalla Svizzera nei confronti del nostro Paese. Secondo i calcoli dell’Empa, i laboratori federali di ricerca in scienza dei materiali e tecnologia, l’Italia sarebbe uno dei Paesi più inquinanti dal punto di vista dei gas serra. In particolare la denuncia si basa sugli idrocarburi fluorurati, dei gas talmente inquinanti da essere vietati dall’Europa, che l’Italia emette dalle 10 alle 20 volte in più di quanto dichiara.
A causa della loro responsabilità in quanto ad effetto serra, secondo gli accordi di Kyoto, questi gas dovevano essere prima vietati nella vendita e poi, dal 2015 in poi, dovevano sparire definitivamente. Per disciplinare la materia, nel protocollo di Kyoto era stato inserito anche il limite alle emissioni per ciascun Paese, ed ufficialmente l’Italia lo stava rispettando. Ma un controllo con uno strumento avanzatissimo effettuato dal centro di ricerca svizzero ha scoperto che le autorità italiane stanno mentendo. Purtroppo non siamo nemmeno gli unici ad inquinare più di quanto ammettiamo.
Infatti alcuni Paesi europei hanno il brutto vizio di inquinare più del dovuto, circa il doppio, e lo stesso dicasi per la Cina ed altre nazioni, ma nessuno arriva al livello italiano, e cioè inquinare 10-20 volte più del dovuto. Il gas principale responsabile di questo fenomeno è il trifluorometano (HFC-23), che in Europa occidentale è stato gradualmente ridotto. In Italia esiste una sola industria che ancora lo utilizza, vicino Milano, e secondo i calcoli dei ricercatori, questa da sola è in grado di inquinare quanto una città di 75 mila abitanti.
Ciò che gli svizzeri contestano è che, in sede di accordo, non è stato fondato nessun organo di controllo. Era difficile infatti valutare, Stato per Stato, quante emissioni ci fossero per ogni singolo gas serra, e per questo ci si è affidati alle dichiarazioni autonome di ogni nazione. Ora però che esistono questi prodigi della tecnica, tutto può cambiare, ed è ciò che gli scienziati credono, visto che non ci si può affidare all’autocertificazione di uno Stato che sa di violare il trattato. Il riferimento particolare era alla Cina e agli altri Paesi in via di sviluppo, ma ora tra questi potrebbe rientrare anche l’Italia.
Fonte: Empa]Tratto da Noalcarbone Brindisi
COMUNICATO STAMPA DEI NOALCARBONE
Dimissioni del Sindaco Mennitti: il "saluto" dei No al Carbone
........A noi invece sembra doveroso che si faccia un bilancio politico di questo periodo della vita di Brindisi durato sette anni. Paradossalmente,non sarà facile racchiudere in poche righe sette anni di nulla.
L'opposizione strenua al rigassificatore (unico bagliore in sette anni di buio) è un dito troppo sottile dietro il quale mal si celano mancanze e lacune gravi e comportamenti imprudenti se non omissivi.
Quel dito sottile non impedisce di vedere che ha vietato con una ordinanza la coltivazione nei terreni di Cerano (il 28 Giugno 2007) ma anche divieti di caccia e pesca come per l’area “micorosa” dei veleni del Pertolchimico senza preoccuparsi di analizzare cause e responsabilità di quell'inquinamento.
Quel dito sottile non impedisce di vedere l'indifferenza rispetto alla necessità di finanziare una indagine epidemiologica volta ad accertare i danni sanitari collegati all'inquinamento. Nemmeno di fronte a nuovi studi scientifici che raccontano delle malformazioni neonatali a Brindisi che risulterebbero al di sopra della media europea.
Quel dito sottile non impedisce di vedere che non si è pensato alla dotazione, del “Piano dei Rischi di Incidente Rilevante” previsto per legge e, per una città come Brindisi, vitale.
Quel dito sottile non impedisce di vedere la sconcertante malagestione della vicenda convenzione con Enel. Dal parto di una bozza di convenzione ridicola quanto offensiva per la città, per la quale si profilava un futuro fatto non solo di carbone ma anche di spazzatura da bruciare, a svariati consigli comunali monotematici andati deserti e quindi mai svolti. Il miglior favore che si poteva fare a Enel era quello di non fare niente, senza rendersi conto che il potere contrattuale del Comune (ma anche degli altri enti,provincia e regione) ,oggi che l'Enel ha intascato la certificazione AIA , è davvero ridotto se non nullo.
Quel dito sottile non impedisce di vedere che questa amministrazione ha concesso una transazione con l’ENEL attraverso la Delibera di Giunta con cui si è rinunciato ad un risarcimento danni di 5 milioni di euro richiesti, da tutti, per i danni ambientali nell’inchiesta giudiziaria “Coke”, accontentandosi, autonomamente, di poco più di 1 milione di euro per gli alberi del nuovo Parco Magrone, dedicato a Tonino Di Giulio, un combattente del Carbone. E pare che i soldi non siano stati nemmeno spessi tutti.
Quel dito sottile non impedisce di vedere la miopia di questa amministrazione nella gestione del ciclo dei rifiuti. Evidentemente per il sindaco Mennitti e la sua giunta la presenza a Brindisi di due centrali a carbone ed una a gas, un impianto petrolchimico tra i più grandi d’Europa, l’imminente avvio di una centrale a biomasse connessa allo zuccherificio SFIR, l' autorizzazione per un’altra centrale a biomasse da parte dell’azienda Brundisium, non sono motivi sufficienti per invertire la rotta, ma anzi si può ancora aggiungere qualcosa bruciando i rifiuti nella centrale di Cerano, trincerandosi dietro lo spettro di una crisi dei rifiuti che non può essere raccontato come un accadimento inatteso in sette lunghi anni.....
Quel dito sottile non impedisce di vedere che la città ha dovuto attendere l'intervento della Procura per chiarire la questione delle torce del petrolchimico che per questa amministrazione, non rappresentavano un rischio per la salute dei cittadini e per l'ambiente.
Quel dito sottile non impedisce di vedere che nelle linee programmatiche del nuovo Piano Urbanistico Generale, all’apparenza più uno strumento elettorale anticipato, ci si spinge anche a parlare di “molo Carbonifero a Cerano” (e quindi chiusura della Centrale Edipower anche se, alla faccia della coerenza,incredibilmente “rimandata a settembre” per la certificazione AIA), a scapito della bellezza paesaggistica e condannando, definitivamente, tutta la popolazione (compresa quella dei comuni limitrofi) ad altri decenni di Carbone da respirare.
Quel dito è lo stesso che Lei, sindaco Mennitti, sollecitato su questi argomenti, puntò contro di noi gridando rabbioso: “candidatevi voi a sindaco”! Ma, quando punti il dito per condannare qualcuno, tre dita rimangono puntate verso di te.
Sindaco Mennitti, la Brindisi che vi apprestate a lasciare Lei e la sua Amministrazione è una “città malata e sette anni di silenzio non hanno rappresentato la cura”.
COMUNICATO STAMPA INTEGRALE NO AL CARBONE - BRINDISI disponibile QUI
Tratto da Greencity.it
Legambiente aderisce alla manifestazione internazionale contro le nuove centrali a carbone.
CON GLI AMICI DEL CANTONE DEI GRIGIONI
Barillà: "No al carbone a Saline Joniche e in tutta Europa, sì a un piano di sviluppo industriale moderno e pulito basato sulle fonti rinnovabili e efficienza energetica".
Legambiente ha reso noto di aderire alla manifestazione di sabato 27 agosto a Coira nel Cantone dei Grigioni in Svizzera, per protestare contro l'intenzione della multinazionale dell'energia Repower, di costruire a Brunsbüttel (Germania del nord) e a Saline Joniche due centrali a carbone per un importo di 4.5 Miliardi di Euro, con una potenza di 3120 Megawatt."Parteciperemo numerosi, con rappresentanti provenienti da tante parti d'Italia affinché sia chiaro che il nostro No al carbone riguarda Saline Joniche ma anche tutto il resto del Paese e dell'Europa – ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani -. Il carbone è il combustibile fossile a maggior emissione specifica di anidride carbonica. La centrale garantirà quindi solo importanti profitti alle aziende e nessun beneficio alla popolazione, già pesantemente danneggiata da politiche dissennate di gestione del territorio".
Il raggiungimento degli obiettivi sul clima unisce tutta l'Europa in una battaglia virtuosa determinante per il futuro, quindi, l'ipotesi di nuove centrali a carbone suona francamente incomprensibile.
"Il carbone peggiorerà la dipendenza energetica del nostro Paese dall'estero visto che importiamo più del 99% del carbone che utilizziamo – ha aggiunto Nuccio Barillà del direttivo nazionale dell'associazione –; non abbasserà la bolletta energetica del Paese, mentre dei potenziali risparmi nell'acquisto del combustibile beneficeranno soprattutto i bilanci delle aziende energetiche, e obbligherà l'Italia al pagamento di multe pesanti per il mancato rispetto del protocollo Kioto e del 20-20-20. Una situazione assurda soprattutto in un territorio dove oltre il 57% della popolazione ha recentemente dimostrato, attraverso l'esito del referendum sul nucleare, di volere un futuro pulito e rinnovabile".
La Calabria, come il resto d'Italia e d'Europa, ha bisogno di una nuova politica industriale basata esclusivamente sull'investimento deciso in innovazione tecnologica e fonti energetiche alternative e non su opere di grande impatto sull'ambiente e fallimentari sul piano economico e occupazionale. Nessuna centrale a fonti fossili inquinanti come il carbone, quindi, deve essere realizzata per permettere all'Italia di contribuire a costruire il modello energetico elettrico europeo al 2050 senza fonti fossili.
"Per questo, sabato 27 saremo in tanti alla manifestazione organizzata dalle associazioni svizzere contro il carbone a Coira – ha concluso Barillà -, per sostenere le ragioni dell'ambiente e della salute dei cittadini calabresi, liguri, veneti, italiani ed europei".
Leggi su greenstyle
Carbone pulito: greenwashing o reale opportunità di sviluppo?
.....Eppure, la disponibilità sempre minore di giacimenti petroliferi e il costo crescente dell’oro nero hanno finito col riportare in auge il “vecchio” carbone, nelle emergenti economie dell’est come nella sviluppata Europa. Anche in Italia sono al centro del dibattito pubblico alcuni progetti di riconversione a carbone di vecchie centrali, primo fra tutti il contestatissimo stabilimento Enel di Porto Tolle, nel Polesine.
Al centro delle proteste dei “No Coke” resta la convinzione che, per quanto ridotto grazie all’uso di moderne tecnologie, l’impatto ambientale del carbone rimanga troppo alto per essere tollerato. Un’accusa che i sostenitori del “clean coal” rispediscono al mittente, sostenendo che nelle moderne centrali alimentate a carbone si riescono a abbattere le emissioni di CO2 di quasi il 20% e che anche la produzione di anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri è sensibilmente ridotta.
. Il carbone, tuttavia, resta il responsabile di oltre il 40% delle emissioni di gas serra del Pianeta, e anche in una centrale dotata delle tecnologie più efficienti, la produzione di CO2 non scende al di sotto di 770 grammi per kwh di energia prodotto (Fonte: Legambiente).
Un impatto nettamente superiore, a parità di elettricità generata, a quello del gas naturale e addirittura dell’olio combustibile di vecchia generazione, anche perché l’anidride carbonica “intrappolata” dai sistemi anti-inquinamento va poi stoccata al sicuro per secoli, attraverso i cosiddetti sistemi CCS (Carbon Capture and Storage) che ancora sono ben lontani dal garantire la massima affidabilità.
Le perplessità nei confronti di quello che fu il “motore” della Rivoluzione Industriale, dunque, restano. Anche perché, sottolinea ancora Legambiente, almeno per quanto riguarda l’Italia, il ritorno massiccio al carbone non libererebbe il Paese dalla dipendenza dall’estero, dal momento che già oggi viene importato più del 99% del coke utilizzato nelle centrali elettriche italiane.
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Tratto da Savona News
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