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04 agosto 2011

PORTO TOLLE:Energia pulita per la democrazia.



Riceviamo dagli amici di Porto Tolle

Energia pulita per la democrazia.

Il referendum del 12 e 13 giugno 2011 hanno spazzato via i dubbi di quale fosse la volontà degli italiani relativamente alla reintroduzione del nucleare in Italia.
La democrazia energetica si è espressa in pieno e ha ricacciato nei loro antri i mostri dell'atomo assassino che troppe volte ha colpito in varie parti del pianeta attraverso la complicità delle lobbies del profitto e dei loro fiancheggiatori politici.
Ora è il tempo di dare un senso all'espressione di voto dei milioni di italiani, è il tempo di scelte chiare che questo refendum impone.
In Italia non abbiamo bisogno di nuove grandi centrali elettriche, ma di decisioni lungimiranti che portino il più possibile verso l'autosufficienza energetica.

Chi prima voleva imporci il nucleare ora dispiana l'arsenale mediatico in favore dei combustibili fossili spergiurando su costi abbassati da mix delle fonti energetiche (fossili), garantendo su nuove e mirabolanti tecnologie che risolveranno ogni problema rispetto agli inquinanti o ai climalteranti emessi nella combustione delle stesse.


Gli italiani non devono compiere l'errore di lasciar fare la politica energetica al terribile ambo industria-governi, ma devono indicare e, se necessità, imporre, una visione nuova, fatta di risparmio, efficienza e uso sempre più massiccio delle fonti rinnovabili vere, non del combustibile da rifiuti, per capirci.

Va fatta una pianificazione rigorosa che indichi l'esistente, gli obiettivi futuri e le strade e i mezzi più adeguati per raggiungerli.
Abbiamo miniere di sole, pozzi di vento, giacimenti di fiumi e mari e tanto altro ancora per produrre energia pulita.
Importiamo ogni goccia di petrolio, ogni alito di gas, ogni singolo pezzo di carbone che bruciamo per produrre energia sporca e inquinante.
Paghiamo pesanti tributi in permessi di emissione e onerose sanzioni per il mancato rispetto degli accordi europei del 20-20-20 e l'aggravio sarà ancor più oneroso in futuro se non sapremo cambiare rotta.
Il 9 luglio 2011 a Roma si sono riuniti i comitati di tutto il territorio nazionale che hanno promosso e sostenuto la campagna referendaria contro il nucleare e, in assemblea, si è deciso di dar vita ad un FORUM ENERGIA nazionale per la promozione delle rinnovabili e la riduzione progressiva dei combustibili fossili.

Ora il nucleare si chiama carbone "pulito" e gli avanposti della battaglia contro questa minaccia sono Savona, Brindisi, Rossano Calabro, Gualdo Cattaneo, Porto Tolle e Molti altri ancora.
Per questo il primo atto politico del nuovo forum sarà a Porto Tolle, nel Parco del Delta del Po, ecosistema fragile e ricco di biodiversità, contro la riconversione a carbone della centrale Enel a olio colmbustibile voluta con tanta arroganza da imporre modifiche legislative, dedicare appositi decreti legge o introdurre surretiziamente articol appositi nella legge finanziaria del 2012, imporre ricatti lavoro-salute.

Il primo atto deciso sarà contro questo ecomostro che emetterebbe 10 milioni e mezzo di tonnellate di CO2 (la città di Milano ne produce 2,4 milioni per fare le proporzioni) e migliaia di tonnellate
di ossidi di zolfo e azoto, polveri sottili e ultrasottili che andranno a pregiudicare l'ambiente, la salute e le potenzialità economiche vocazionali nei territori circostanti che fanno parte di un'area del mondo, la Pianura Padana, che è già tra le sei più pesantemente inquinate.

Il 22 ottobre 2011 si terrà la prima manifestazione nazionale
per le fonti rinnovabili e contro i combustibili e sarà contro questo simbolo di estrema devastazione.

Siamo certi che la partecipazione di chiunque abbia a cuore le sorti di questo Paese e del pianeta intero sarà massima.



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NUVOLE TUMULTUOSE ORMAI GIUNGONO MINACCIOSE SULL'ORRIZZONTE ECONOMICO
URGE UNA DRASTICA CORREZIONE DI ROTTA .ORMAI NON PIU' PROROGABILE .
LA POLITICA GIA' DA TEMPO NON ASCOLTA PIU' IL CITTADINO.
AL MOMENTO NECESSITANO POLTICHE SERIE CHE CI PORTINO FUORI DAL GUADO.
L'INVESTIMENTO NELLE NUOVE ENERGIE POTREBBE AIUTARCI A TROVARE LA FINE DI QUESTO BUIO TUNNEL.....ENERGETICO ED ECONOMICO.


LEGGETE i due molto interessanti articoli su" Il Cambiamento" e MEDITATE.....

Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale

L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione.

È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

di Andrea Degl'Innocenti - 13 Luglio 2011

Una rivoluzione silenziosa è quella che ha portato gli islandesi a ribellarsi ai meccanismi della finanza globale e a redigere un'altra costituzione

Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. .. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari:di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.


Vi consigliamo di leggerlo molto attentamente

ne riportiamo il finale

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.

Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale.

Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?

Riportiamo anche uno stralcio dal successivo articolo sempre tratto da "IlCambiamento"

Dall'Islanda all'Italia, la strada dei diritti per uscire dalla crisi

Cosa può insegnarci la faccenda islandese? In realtà molte cose..... In primis che la via d'uscita dalla crisi che viene imposta dall'alto non è inevitabile. Da sempre le crisi economiche, necessarie al sistema di sviluppo capitalista – e ancor più a quello consumista – per potersi autoalimentare, hanno avuto come conseguenza una maggiore concentrazione delle ricchezze e del potere nelle mani di pochi, e la perdita dei diritti e dei beni da parte delle popolazioni.

Oggi, forse per la prima volta nella storia, i cittadini hanno modo di essere informati e consapevoli di quello che gli sta accadendo attorno.
Possono consapevolmente non accettare quello che gli viene imposto dall'alto, decidere di ribellarsi e di non lasciarsi portar via ciò che appartiene loro.
La crisi si può trasformare in un enorme incubatore di democrazia.

Siamo ad un bivio, all'inizio di un percorso. L'Islanda ci insegna che il popolo sovrano è in grado di decidere quale strada imboccare. La strada europea, quella degli aiuti da parte di Bce e Fmi e della svendita a privati dell'intero settore pubblico, della rinuncia ai beni comuni e ai diritti; oppure la strada islandese, della riappropriazione dei diritti e del potere decisionale, della democrazia diretta e partecipata che detta l'agenda a quella rappresentativa.

Certo le differenze con lo stato nordico restano molte, ma nella vicenda islandese non dobbiamo pretendere di trovare una soluzione, piuttosto l'indicazione di un percorso. .....

Certo, sarà difficile iniziare un percorso di democrazia partecipata come quello islandese: loro sono 320mila, noi 60 milioni.

Ma ci sono segnali confortanti - primo fra tutti quello degli ultimi referendum - che dicono che sulle questioni importanti non è poi così difficile fare fronte comune. L'Islanda ha aperto uno spiraglio, sta a noi creare un varco, e quindi un sentiero realmente percorribile.

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