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03 maggio 2012

Dirty Money: come ....le grandi banche finanziano il carbone

 Tratto da Greenreport

Dirty Money: come (e quanto) le grandi banche finanziano il carbone

[ 2 maggio 2012 ]
«Dalla culla alla tomba, il carbone è un affare rischioso. Ogni fase del ciclo di vita del carbone: estrazione, trasporto e combustione presenta sempre più rischi per la salute, ambientali, per la reputazione,legislativi e finanziari. La Combustione del carbone per produrre elettricità è la più grande fonte di inquinamento di carbonio negli Stati Uniti, e gli Usa sono il secondo più grande produttore di carbone del mondo. La produzione di energia da carbone è responsabile degli inquinanti nocivi per la salute cardiovascolare e respiratoria e minaccia il sano sviluppo dei bambini. Per proteggere il nostro clima e la salute pubblica, il Paese deve diminuire la sua dipendenza dal carbone, mentre cresce  la domanda di una clean energy economy.
L'estrazione, la combustione e lo stoccaggio del carbone apportano tutti rischi significativi per la salute pubblica e il clima. Nessuna banca o utility energetica deve investire anche un solo dollaro in più nel carbone. Il carbone, non presenta solo gravi rischi sociali e ambientali, ma pone anche un rischio finanziario per coloro che ci investono. Le fluttuazioni nei mercati nazionali del carbone segnano un incertezza per il futuro ruolo del carbone come fonte di energia a basso costo o affidabile. Inoltre, c'è un'incertezza normativa senza precedenti in materia di miniere di carbone e produzione di energia dal carbone e le sfide per significativi contenziosi per i terminal proposti per l'esportazione di carbone».
E' quanto si legge nell'introduzione al terzo rapporto "Dirty Money: US Banks At the Bottom of the Class Read more" nel quale Rainforest action network (Ran), Sierra Club e BankTrack spiegano come negli ultimi anni diversi investitori abbiano fatto «La scommessa sbagliata sul carbone e perso grosse somme di denaro nel processo».
Il rapporto passa in rassegna le principali banche che hanno investito nel settore del carbone, compreso il mountaintop removal mining (Mrm - lo "spianamento delle montagne) e le coal-fired power plant (Cfpp - centrali termoelettriche a carbone). Negli ultimi tre anni un numero crescente di banche statunitensi ed europee stanno interessandosi degli aspetti ambientali, sociali, dei rischi regolamentari e per la loro reputazione derivanti dal fare affari con l'industria del carbone.
«Per far fronte a questi rischi - spiega "Dirty Money" - le banche hanno sviluppato un assortimento dei processi di "diligence processes" rafforzati riguardo a tali operazioni e in alcuni casi hanno stabilito dei limiti per quanto riguarda la quantità di esposizione che sono disposte ad accettare».
Il rapporto mette in luce come le banche più grandi e prestigiose sono complici dell'inquinamento dell'aria e della distruzione dell'ambiente e delle risorse naturali. ......Nel frattempo, non solo la combustione del carbone è responsabile di un terzo delle emissioni di CO2 degli Usa, il principale contributo alla distruzione del clima, ma ci fa anche ammalare. L'inquinamento da carbone è responsabile di 13.000 decessi prematuri ogni anno, di più di 100 miliardi di dollari in costi sanitari annui e di oltre 200.000 attacchi di asma ogni anno. L'inquinamento da carbone delle centrali termoelettriche provoca smog che può causare dolori toracici, tosse e difficoltà respiratorie e può far peggiorare o addirittura rendere mortali condizioni come bronchite, enfisema e asma. Oggi, due famiglie americane su cinque vivono in luoghi con aria non sicura».
Il "Coal Finance Report Card 2012" contenuto nella pubblicazione indaga sul'esposizione delle banche con alcune delle aziende più controverse delle miniere di carbone e con le utilty energetiche Usa del carbone più rischiose. Il Report Card si fonda su due aspetti specifici dell'industria del carbone che, in seguito alla pressione dell'opinione pubblica ed all'aumento dei contenziosi, sono stati messi sotto maggiori controllo e regolamentazione negli ultimi anni.

Le banche prese in esame sono le 6 maggiori degli Usa al 31 marzo 2011, JP Morgan, Chase, Bank of America, Citi, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley, così come due banche con una storia significativa di esposizione con l'industria del carbone, Pnc e Ge Capital.
«Le banche possiedono un numero sorprendente di centrali termoelettriche a carbone - spiegano Ran, Sierra Club e BankTrack - .........
Amanda Starbuck, direttrice del Rainforest Action Network's Energy and Finance Program sottolinea che «.... Queste banche sono il bancomat di una industria sporca che fa male alla salute e male al business Il carbone è l'investimento subprime finale per il clima. Non possiamo risolvere il cambiamento climatico se le banche continuano a sostenere questo settore rischioso e obsoleto. Quando si tratta di proteggere la nostra aria e l'acqua potabile, la salute delle nostre comunità, e il nostro clima non possiamo farlo guardando alla curva dei ricavi».
Quello di Bank of America è un vero e proprio caso di enorme greenwashing: è una delle più grandi banche del mondo......
Mentre nei suoi corporate social responsibility reports la banca Usa sostiene di assumersi seriamente tutte le sue responsabilità per gli impatti degli investimenti in materia ambientale e climatica, è l'investitore leader nel carbone sporco e inquinante: negli ultimi due anni ha investito 4,3 miliardi di dollari in favore dell'industria carboniera, più di qualsiasi altra banca.....
Mary Anne Hitt, direttrice della Beyond Coal Campaign di Sierra Club conclude: «Queste banche stanno finanziando l'industria del carbone che sta minacciando la nostra salute, le nostre montagne, e il futuro del nostro pianeta. Proteggere la salute e la sicurezza delle nostre famiglie è responsabilità di tutti, compresi quelli che finanziano le distruttive e pericolose estrazione e combustione del carbone. 
Ci auguriamo che questa Report Card contribuisca ad attirare l'attenzione ed i controlli su coloro che stanno finanziando alcuni dei più grandi inquinatori nel nostro Paese».

Leggi l'artcolo integrale su Greenreport

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