Tratto da Comedonchisciotte
SE FOSSI LAUREATO IN ECONOMIA E NON IN LETTERE......
di MAURIZIO PALLANTE
ilfattoquotidiano.it
Dopo avere letto il post “La decrescita totalitaria” *, di Stefano
Feltri, ho immaginato di essere un “economista”, ed ho fatto un paio di
considerazioni. Ad esempio, se fossi laureato in economia e non in
lettere, mi domanderei: chi ha governato l’economia e la finanza nei
decenni passati, chi la sta governando, chi ha la responsabilità della crisi
che sta sconvolgendo i paesi industrializzati, chi è incapace di
trovare le misure di politica economica adeguate per uscirne: i laureati
in economia o i laureati in lettere?
Se fossi laureato
in economia e non in lettere, mi domanderei se è veramente
desiderabile, ammesso che sia possibile, uscire dalla crisi con la
ripresa della crescita di un prodotto interno lordo in cui incidono in
misura significativa gli sprechi di cibo (il 3 per cento del pil), gli sprechi di energia
(il 70 per cento dei consumi), gli incidenti automobilistici, il
consumo di medicine, le spese di riparazione e di ripristino dei danni
ambientali causati da processi produttivi finalizzati alla crescita del
prodotto interno lordo, la cura delle malattie causate dalla crescita
delle emissioni e delle produzioni inquinanti, la produzione di armi e
le guerre.
Se fossi laureato in economia e non in lettere, non eviterei comunque di ripassare la differenza tra la congiunzione “e” e il verbo “è”, perché un conto è dire “meno e meglio” e un altro è dire “meno è
meglio”........
Se fossi laureato in
economia e non in lettere terrei in una certa considerazione
l’insegnamento di un economista tra i più importanti del Novecento, John Kenneth Galbraith, che nel 1968 ha suggerito a Robert Kennedy di rivelare l’inganno dell’equazione tra crescita del Pil e crescita del benessere, perché il Pil cresce anche quando cresce la produzione di merci che peggiorano la nostra vita,
come le armi, il tabacco, la riparazione delle automobili incidentate,
mentre non può misurare il benessere generato da attività che non
generano una compravendita, come le relazioni umane, l’autoproduzione di
beni, l’economia del dono e della reciprocità.
Se fossi laureato
in economia e non in lettere mi domanderei: se basta il banale buon
senso per decidere di produrre cose utili invece di cose inutili o
dannose, di utilizzare processi non inquinanti anziché processi
inquinanti, di ridurre gli sprechi invece di incentivare un consumo dissipativo delle risorse,
come mai i laureati in economia che governano l’economia e la finanza
non indirizzano su questa strada gli investimenti per superare la crisi?
I laureati in economia sono privi del banale buon senso?
Se fossi
laureato in economia e non in lettere mi domanderei se la scelta di
aumentare la produttività per far crescere il Pil e rendere le aziende
più competitive sul mercato mondiale non comporti una riduzione dell’incidenza del lavoro umano
per unità di prodotto e quindi una riduzione dell’occupazione e della
domanda a fronte di un aumento dell’offerta; se cioè non aggravi la
crisi invece di attenuarla (per non parlare della sofferenza umana di
chi non ha occupazione, ma gli esseri umani per chi è laureato in
economia sono semplici fattori della produzione, quello che conta è la
crescita).
Se fossi laureato in economia e non in lettere, non
avrei comunque nessuna ritrosia a leggere ciò che scrivono quelli che la
pensano diversamente da me, perché il vero fondamento di una deriva totalitaria è proprio l’intolleranza, soprattutto quando assume l’aspetto di un tabù inviolabile da difendere con tutti i mezzi.
Maurizio Pallante
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
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06 marzo 2013
SE FOSSI LAUREATO IN ECONOMIA E NON IN LETTERE.......
Pubblicato da
"Uniti Per La Salute " Associazione ONLUS- piazza della Chiesa 6, 17047 Valleggia
alle
13:03:00

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