CENTRALE A CARBONE VADO
LIGURE: NO A INTERVENTI LEGISLATIVI PER LEGALIZZARE L’INQUINAMENTO
L’era
del carbone e dei grandi impianti termoelettrici nelle città è finita
Greenpeace, Legambiente e WWF si oppongono decisamente a
provvedimenti legislativi tesi a far riaprire la centrale a carbone di Vado
Ligure. Nel caso fosse confermato quanto fonti sindacali indirettamente
attribuiscono al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, si tratterebbe di un'ingerenza gravissima, visto che su
quell'impianto pende un'indagine della magistratura perché si ritiene che la
centrale abbia provocato 442 morti tra il 2000 e il 2007.
La materia del
contendere è la proposta di interventi da parte dell’azienda per ottenere la
riapertura della centrale, dopo le recenti
indagini della Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Savona, sugli impatti sanitari ed ambientali
e il conseguente decreto di sequestro dei
due gruppi a carbone da parte del Giudice per le Indagini Preliminari presso il
Tribunale di Savona in data 11 marzo 2014. Greenpeace, Legambiente e WWF
ritengono che il nuovo assetto impiantistico proposto non preveda affatto
l’adeguamento delle emissioni dell’impianto a quelle associate alle migliori
tecnologie disponibili (cd.
BAT) previste dal documento europeo sui grandi impianti di combustione (cd.
Bref) per gruppi alimentati a carbone. Peraltro, l’ubicazione dell’impianto a
ridosso delle aree residenziali di Vado
Ligure e Quiliano, imporrebbe l’applicazione di valori di
emissione degli inquinanti più rigorosi di quelli associati alle migliori
tecnologie disponibili.
La comunità scientifica afferma
che certi impianti dovrebbero essere assolutamente allontanati dalle zone densamente
abitate, anche se realizzati avvalendosi degli standard tecnici più elevati per
contenere -per quanto possibile- comunque poco, nel caso del carbone- le
emissioni nocive.
Due giorni fa anche l’Amministratore Delegato di Enel,
nel corso di un’audizione alla commissione industria del Senato, ha affermato
che le centrali a carbone Enel di Genova, Bari e Livorno «non sono più
pensabili come siti produttivi, perché si trovano dentro agglomerati urbani,
quindi non c’è possibilità di riconversione a nessuna tecnologia». Un
ragionamento, quello fatto dal numero uno di Enel, che Greenpeace, Legambiente
e WWF ritengono debba essere applicato al caso dell’impianto di Vado Ligure di
proprietà Tirreno Power che si colloca nel pieno centro abitato e i cui impatti
sulla salute sono tristemente noti e confermati da analisi epidemiologiche.
Le associazioni ambientaliste comprendono l’esigenza dei
lavoratori di Vado Ligure di mantenere il posto di lavoro, ma questo non può
avvenire facendo riaprire una centrale vecchia e inquinante che usa il
combustibile più dannoso per salute, clima e ambiente: una centrale che è
comunque destinata a chiudere anche per gli impegni europei e internazionali di
limitare le emissioni di CO2.
Proprio nei momenti di crisi si dovrebbe avere il
coraggio di proporre e perseguire un nuovo modello energetico, che offre
prospettive anche occupazionali ben più ampie e durature e non, invece,
sfruttare(e far sfruttare) la paura e la disperazione sociale per fare
accettare al cittadino anche le ipotesi più retrograde.
Il sindacato non può
allentare la visione che pure proclama a livello internazionale e nazionale
quando si tratta di darvi applicazione concreta sul territorio: Il sindacato è spesso
capace di proposte ben più innovative, e in questo caso dovrebbe difendere il
lavoro - come è sua vocazione fare - invece di un modello ottocentesco di
occupazione che sin d'ora appare comunque un vicolo cieco.
Occorre, invece, tutti
insieme ripensare il futuro di questi siti produttivi puntando sull’innovazione
energetica che può garantire risvolti occupazionali più duraturi nel tempo.
Roma,
7 novembre 2014
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